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BRAIDA, Francesco

di Anna Benvenuto Vialetto - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 13 (1971)
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BRAIDA, Francesco

Anna Benvenuto Vialetto

Nacque a Nizza il 7 sett. 1756 dal senatore Carlo Antonio, originario di Gravere di Susa. Fece i primi studi in Sardegna e, ottenuta la licenza il 31 maggio 1777, si laureò presso l'università di Torino in utroque iure il 29 apr. 1778. Nominato professore di leggi nell'università di Cagliari il 19 giugno 1779, per dissapori col viceré fu chiamato in Piemonte, ove gli venne affidato il posto di avvocato dei poveri unitamente alla carica di senatore il 20 ott. 1795.

Occupato il Piemonte dai Francesi, il B. fu uno dei quindici membri del governo provvisorio amministrativo nominato dal generale Joubert nel dicembre 1798, per cui, nel 1799, dopo l'arrivo degli Austro-Russi venne chiuso nel castello di Vigevano con numerosi altri, compromessi col regime francese. Dopo Marengo fece parte della commissione governativa, istituita in Torino dal generale Dupont su decreto del primo console il 23 giugno 1800, e venne incaricato di stendere il progetto da mandarsi alla Consulta per l'indennità ai patrioti perseguitati dagli Austro-Russi. Disciolta con decreto del 4 ott. 1800 la commissione governativa per le sue tendenze autonomistiche, soltanto il B. e il Galli furono scelti dal generale Jourdan a far parte della nuova commissione considerata più docile alla politica francese. Creata con decreto del 19 apr. 1801 una nuova organizzazione di governo, preludio alla definitiva annessione del territorio piemontese alla Francia, egli fu ancora tra i sei consiglieri che coadiuvarono il Jourdan, divenuto amministratore generale del Piemonte.

Amico di Carlo Botta, il quale a Parigi come rappresentante al Corpo legislativo del dipartimento della Dora avrebbe desiderato averlo con sé, fu partecipe con il Bossi, il Giulio, il Giraud e lo stesso Botta di quel "jury d'instruction publique" che nel 1802 venne attaccato dalla commissione di revisione dei conti dell'Ateneo di Torino formata da indipendentisti. Dalle accuse di irregolarità a essi mosse, il Botta, il B. e il Giraud si difesero nell'opera Vicissitudes de l'instruction publique en Piémont (Torino, anno XI).

Prefetto del dipartimento del Tanaro dal 28 giugno 1801, il B. venne nominato giudice del tribunale d'appello di Torino il 9 ott. 1801, presidente della Corte criminale dei dipartimenti di Marengo e Sesia sedente a Casale nel 1805. In questo periodo fece parte con numerosi notabili locali dell'Accademia di scienze ed arti di Alessandria e il suo nome compare inoltre in data 20 maggio 1807 in un elenco di fratelli della loggia massonica alessandrina di rito francese chiamata "Beneficenza". Passò quindi a Genova ove, insignito della decorazione di cavaliere della Legion d'onore, dal 1811 fu presidente della Camera d'appello di polizia correzionale e della Corte speciale straordinaria nella Corte imperiale della città. Nel 1814, mentre Napoleone era relegato all'Elba, il B., F. Bongioanni e D. A. Azuni ebbero da Genova contatti epistolari con lui, nell'ambito di una cospirazione per l'indipendenza italiana.

Con la Restaurazione fu perseguitato dal governo piemontese per i suoi sentimenti repubblicani e fu licenziato dall'impiego senza percepire neppure la liquidazione. Si dedicò allora alla libera professione, continuando ad appartenere a gruppi cospirativi (nell'agosto 1816 in un rapporto di polizia egli figura ancora come membro dei filadelfi). In seguito, nonostante i suoi precedenti politici, ricevette la nomina a membro del Consiglio dell'ammiragliato di Genova, ma la regina Maria Teresa gli impedì l'assunzione della carica. Nel novembre 1822 da Carlo Felice gli venne assegnata una pensione annua di 1.500 lire, motivata dalla reputazione di ottimo legale, ma soprattutto dai "commendevolissimi servigi resi durante l'esercizio di ben difficili ed importanti impieghi" durante il regno di Vittorio Emanuele e dai "nuovi titoli ch'egli si acquistò nel corso delle sgraziate vicende dell'anno 1821" (regio biglietto datato da Stupinigi il 15 nov. 1822). Il 22 genn. 1827 ottenne il titolo di senatore del Senato di Genova.

Morì in Genova nel novembre del 1839.

Fonti eBibl.: Arch. stor. d. Università di Torino, Facoltà di giurisprudenza, Iurisprudentiae prolytae ac doctores, vol.13, ff. 30, 86; Archivio di Stato di Genova, Prefettura francese, pacco 38 (Procés verbal d'installation de la Cour imperial de Gênes, 1º juillet 1811); Archivio di Stato di Torino, Sezioni riunite, Rubr. delle Regie Provvidenze, 1717-1801, B.; 1814-1831, B.; C. Dionisotti, Storia della magistr. piemontese, Torino 1881, I, p. 382, 394; II, 358, 436 ss.; G. Sforza, L'indennità ai giacobini piemontesi perseguitati e danneggiati (1800-1802), in Bibl. di storia ital. recente (1800-1850), Torino 1909, II, pp. 4 n. 1, 6, 34 s., 172, 180, 184; C. Patrucco, La massoneria in Alessandria durante il periodo napoleonico, in Riv. distoria,arte,archeol. per le prov. di Alessandria e Asti, XXX (1921), pp. 389-434; G. Vaccarino, La classe polit. piemont. dopo Marengo nelle note segrete di A. Hus, in Boll. stor.-bibl. subalp., LI (1953), pp. 17, 23 n. 1, 26; A. Bersano, L'abate F. Bonardi e i suoi tempi, Torino 1957, p. 44, 63, 74, 92, 285, 291, 312; F. Bongioanni, Mémoires d'un jacobin (1799), a cura di G. Vaccarino, Torino 1958, pp. XLVI s., LLII, LX; G. Vaccarino, Da Vittorio Amedeo III al Congresso di Vienna (1773-1815), in Storia del Piemonte, Torino 1960, pp. 262 s., 268; Id., L'inchiesta del 1799 sui giacobini in Piemonte, in Riv. stor. ital., LXXVII (1965), p. 61 n. 48.

Vedi anche
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