BOSSI (Bosio, Bossio, Bosso), Francesco
Nacque a Milano da Egidio, giureconsulto e patrizio milanese, e da Angela de' Pieni all'inizio del sec. XVI.
I suoi studi furono di carattere giuridico; cooptato nel collegio dei giureconsulti di Milano, pubblicò nel 1562 i Tractatus varii del padre, dedicandoli al Granvelle. In veste di senatore pronunziò una pubblica "orazione" il 29 ottobre del 1554, in occasione della solenne presa di possesso dello Stato di Milano da parte del figlio di Carlo V, Filippo. Nel 1560, mentre ricopriva l'ufficio di vicario di provvisione, fu inviato a Roma in delegazione con Scipione Simonetta, Carlo Visconti e Francesco Della Torre a porgere le congratulazioni al neoeletto pontefice Pio IV. Trattenutosi presso il papa, che lo nominò avvocato concistoriale e referendario delle due Segnature, ebbe occasione di adoperarsi nel corso del 1563 contro la minacciata introduzione della Inquisizione di Spagna nello Stato di Milano. Dalle lettere inviate a Milano in questa occasione si ha notizia dei suoi rapporti con Carlo Borromeo, che cominciarono a farsi particolarmente saldi nella comune attività per ostacolare i progetti di Filippo II a proposito della Inquisizione. Durante il soggiorno romano fu particolarmente legato alla figura del mistico senese Bonsignore Cacciaguerra e si mantenne in corrispondenza con i barnabiti milanesi; al p. Marta scriveva il 22 apr. 1564 dichiarandogli il proprio "grandissimo desiderio d'andar avanti nella via del Signore, ed emendar in qualche parte il tempo perduto, e gli errori commessi per il passato" (O. Premoli, pp. 542 s.). Vicelegato di Perugia, passò poi, insieme con il Borromeo, al governo di Bologna dove fu vicelegato e governatore apostolico fino alla fine del 1566. La sua attività bolognese sì ricorda per l'edizione di nuovi statuti in materia criminale e delle Novissimae constitutiones civiles, come pure per la collaborazione col vescovo Gabriele Paleotti; questi infatti ebbe pieno appoggio dal B. nella sua richiesta che venisse introdotta una "lectura theologiae" all'università.
A questa data, del resto, il B. era pienamente conquistato ai programmi religiosi del Paleotti e del Borromeo; scrivendo a quest'ultimo alcune osservazioni a proposito dei decreti sull'usura del primo concilio provinciale milanese, lo invitava a mandar presto a Bologna "tutti li decreti" del concilio provinciale, perché tanto lui quanto il Paleotti li attendevano "con grandissimo desiderio, per metterne molti in pratica in questa città" (lettera del 26 maggio 1566: A. Sala, I, p. 29).
Nel 1567 lo troviamo a Roma quale vicario di Carlo Borromeo per la basilica di S. Maria Maggiore. All'influsso del Borromeo si deve probabilmente anche la decisione di entrare nella carriera ecclesiastica; ricevuto l'ordine del suddiaconato nel luglio 1568, il 2 agosto fu creato vescovo di Gravina. Da questa data ha inizio la sua attività episcopale, nel corso della quale si qualificò come una delle figure più attive nella messa in opera dei decreti tridentini di riforma, in costante collegamento col modello offerto dal Borromeo. Recatosi a Gravina, il 4 ag. 1569 vi pubblicava, nel sinodo diocesano, gli statuti sinodali ispirati ai decreti del concilio di Trento. L'attività pastorale del B. nei sei anni trascorsi a Gravina si esplicò tramite le visite diocesane e una intensa opera di restaurazione morale e disciplinare, che lo portò spesso a conflitti di carattere giurisdizionale con i funzionari del governo spagnolo di Napoli.
Il 5 maggio 1574 il B. veniva trasferito alla diocesi di Perugia; qui, nel sinodo del 10 giugno 1575, rinnovò gli statuti diocesani postridentini del vescovo Fulvio Corneo. Si manteneva intanto vivo e costante il rapporto con Carlo Borromeo, testimoniato dal loro epistolario. A partire dal 1575 il B. fu chiamato a collaborare al programma di visite apostoliche di cui il Borromeo si era fatto promotore; nel 1576 visitò le diocesi di Grosseto, Siena, Massa, Pienza e Montalcino, nel 1580 Borgo San Donnino, nel 1582 Brugnato e Genova, nel 1583 Lodi.
Di questa sua attività restano gli atti delle visite (conservati nell'Archivio della Congregazione del concilio) e l'edizione di decreti di riforma relativi ai vari problemi che si affacciavano nel corso della visita; la raccolta più organica e più spesso ristampata di cui si disponga a questo proposito è quella edita per la visita apostolica di Genova, in cui i vari decreti sono ordinati secondo i problemi cui si riferiscono: nell'ordine, quelli relativi alla salvaguardia e difesa dell'ortodossia, quelli relativi al culto, ai sacramenti, ai costumi del clero, alle chiese, agli ospedali e confraternite, alle monache; infine, una istruzione molto dettagliata ai parroci su come si debbano tenere i libri parrocchiali. Nella dedica al clero genovese il canonico Felice Novello Amerino di Novara, suo segretario, ricorda l'intensa attività di prediche, lettere pastorali e avvertimenti con i quali il B. aveva preparato e mandato a effetto la sua visita. Su questo punto le testimonianze sono concordi: subito dopo la sua morte, per esempio, Carlo Borromeo tenne una predica in cui riferì le voci che si erano diffuse secondo le quali la causa vera del decesso era da ricercare nella ininterrotta operosità pastorale del Bossi.
Il 21 ott. 1579 il B. era stato trasferito alla diocesi di Novara dietro richiesta del Borromeo, che poteva così annoverare l'antico collaboratore e amico tra i suoi suffraganei. Anche a Novara l'attività del B. fu notevole: effettuò diverse visite pastorali, pubblicò gli statuti diocesani, riorganizzò il seminario e ne fondò un secondo nell'isola di San Giulio d'Orta. L'importanza che egli dava al problema della formazione del clero risulta anche da una sua lettera al Borromeo, nella quale lo prega con grande insistenza di mandargli un certo suo protetto (che era, molto probabilmente, Giovanni Botero) cui si proponeva di dare la prebenda teologale della cattedrale di Novara (lettera del 22 febbr. 1582: in Lettere del glorioso arcivescovo di Milano...). Un segno dell'apprezzamento che si aveva del B., data l'importanza degli incarichi affidatigli e la coscienziosità con la quale vi aveva adempiuto, lo si ebbe quando, trattandosi di nominare il primo nunzio per la nunziatura stabile di Colonia, il suo nome venne suggerito al Borromeo dal Malaspina. Alla morte, che lo colse a Novara il 18 sett. 1584, fu presente il Borromeo, che ne scrisse in termini di grande stima e amicizia al nipote del B., Egidio, il 20 settembre.
Fonti eBibl.: Ibandi del B. quale governatore di Bologna sono raccolti nella Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio di Bologna, sez. Storiacivile e politica, caps. P 2; delle sue lettere a Carlo Borromeo, nella quasi totalità ancora inedite e conservate nell'epistolario del Borromeo, alcune sono state pubbl. in Lettere del glorioso arcivescovo di Milano..., 2 ediz., Lugano 1762, pp. 68-72, e in A. Sala, Docum. circa la vita e le gestadi san Carlo Borromeo, I, Milano 1857, p. 29; III, ibid. 1861, pp. 555, 569, 588, 715; IV, ibid. 1862, p. 108; cfr. inoltre: Aegidii Bossii Tractatus varii,qui omnem fere criminalem materiamexcellenti doctrina complectuntur..., Venetiis 1562; Recentiores Turroni Bononiae Constitutiones, Bononiae 1566; Novissimae constitutiones civiles, Bononiae 1566; Constitutioni sinodali della chiesa di Gravina fatte e pubblicate nella sinodo diocesanadell'Ilustriss. e reverendiss. Francesco Bossi... nel1569 a di 4 di Agosto, Roma s.d.; Decreta generalia ad exequendae visitationis Genuensis usum..., Mediolani 1584; C. Bascapè, Vita e opere di Carloarcivescovo di Milano cardinale di S. Prassede, Milano 1965, ad nomen;F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, col. 1171; IV, ibid. 1719, coll. 725 s.; VII, ibid. 1721, col. 122; P. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, Mediolani 1745, I, coll. CCXII s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 1851; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, Venezia 1846, IV, p. 423; XIV, ibid. 1858, p. 519; XXI, ibid. 1870, p. 369; M. Rosi, La Riforma religiosa in Liguria e l'eretico umbro Bartolomeo Bartoccio, Genova 1894 (estr. da Atti dellaSocietà ligure di storia patria, XXIV [1894], 2), pp. 19-23 e 29-40; E. Verga, IlMunicipio di Milano e l'Inquisizione di Spagna, 1563, in Arch.stor. lomb., s. 3, XXIV (1897), pp. 86-127; O. Premoli, Storia dei barnabiti nel Cinquecento, Roma 1913, pp. 191, 193, 479, 536, 542 s.; L. von Pastor, Storia dei Papi, IX, Roma 1929, pp. 58 s., 669, 915; P. Gauchat, Hierarchiacatholica..., IV, Monasterii 1935, pp. 205, 261, 272; B. Katterbach, Referendarii utriusque Signaturae, Città del Vaticano 1931, pp. 125, 142; L. Jadin, in Dict. d'Hist. et de Géogr. Eccl., IX, Paris 1937, col. 1336; Silvino da Nadro, Sinodi diocesani italiani, Città del Vaticano 1960, ad nomen;F. Chabod, L'epoca di Carlo V, in Storia di Milano, IX, Milano 1961, p. 167; C. Marcora, La Chiesa milanese nel decennio 1550-1560, in Memorie storiche della diocesi di Milano, VII (1960), pp. 348-349; Nunziature di Napoli, a cura di P. Villani, in Fonti per la storia d'Italia, Roma 1962, pp. 125, 239; R. De Maio, Bonsignore Cacciaguerra. Un mistico senese nella Napoli del Cinquecento, Milano-Napoli 1965, pp. 5, 41; P. Prodi, Il cardinale Gabriele Paleotti (1522-1597), II, Roma 1967, pp. 225, 330, 342.