FRANCESCO Bosniaco (Franciscus Bossinensis; Franjo Bosanac)
Nato verso la metà del sec. XV in Bosnia, ma probabilmente d'origine veneta, non si hanno notizie dei suoi primi anni di vita né della sua formazione musicale. La notizia riportata da più fonti secondo la quale sul finire del sec. XV avrebbe svolto la propria attività artistica in Bosnia non è convalidata da alcuna testimonianza diretta, né appare più sostenibile l'ipotesi che si possa identificare con Francesco d'Ana vissuto nello stesso periodo (Schmidl; cfr. "voce" in questo Dizionario). Dati biografici più precisi sono contenuti in edizioni delle sue opere; dalla dedica preposta al suo primo libro di canzoni per liuto, edito nel 1509, risulta che in tale periodo era attivo a Venezia come strumentista al servizio del veneziano Girolamo Barbarigo, protonotario apostolico e decano del capitolo di S. Marco dal 25 ag. 1501. Che abbia svolto tali mansioni almeno sino al 1511 è attestato dalla sua seconda opera, stampata in quello stesso anno e contenente le medesime informazioni biografiche.
La sua attività di compositore cominciò ufficialmente all'inizio del sec. XVI con il volume Tenori e contrabassi intabulati col sopran in canto figurato per cantar e sonar col lauto, libro primo, pubblicato a Venezia da O. Petrucci il 27 marzo 1509, comprendente 70 pezzi per voce e liuto e 26 ricercari per liuto solo. A esso faceva seguito un Libro secondo, edito dallo stesso Petrucci a Fossombrone il 10 maggio 1511, nel quale sono inclusi 56 pezzi per voce e liuto e 20 ricercari (ora conservato in copia unica nella Biblioteca nazionale Braidense di Milano). Si tratta delle uniche due raccolte pervenuteci, anche se la produzione di F. doveva comprenderne una terza, oggi perduta, della quale abbiamo testimonianza in un sonetto che accompagna la già citata dedica al Barbarigo.
Dopo il 1511 mancano ulteriori dati sulla sua vita e si presume che sia morto a Venezia nella prima metà del secolo XVI.
Dall'esame delle sue composizioni, ristampate da B. Disertori in F.: 20 recercari da sonar nel lauto (Milano 1954) e nel saggio Le frottole per canto e liuto intabulate da F. (ibid. 1964), F. può senz'altro essere annoverato, insieme con F. Spinacino, J. Dalza e V. Capirola, tra le figure più rappresentative nell'evoluzione dell'arte liutistica della prima metà del XVI secolo. In particolare il tentativo di dare nuova fisionomia alla tecnica strumentale rimane legato alla riduzione per voce e liuto delle "frottole", in conformità con la pratica allora corrente di cantare la parte superiore di un brano polifonico affidando allo strumento l'esecuzione delle altre voci, consuetudine tuttavia ancora inedita nella letteratura a stampa del tempo.
Una vasta selezione di pezzi (la maggior parte dei quali tratti dalle raccolte del Petrucci e appartenenti a nomi di prestigio come B. Tromboncino, M. Cara, M. Pesenti, P. Zanin, J. D'Ascanio, F. De Luprano, N. Pifaro, F. d'Ana) viene adattata intavolando le voci inferiori (tenor e bassus), affidando il testo da cantare (riportato in notazione mensurale) al superius e omettendo l'altus. Quest'ultimo tuttavia, come osserva il Chiesa, rimane ancora presente in quelle sezioni dove "l'estrema semplicità dei soli Tenor e Bassus" avrebbe potuto spezzare "l'equilibrio del sostegno liutistico".
Sebbene questo lavoro di trascrizione (chiaramente specificato nel titolo delle due raccolte) miri a semplificare la tessitura originale, F. non si discosta dal modello, privilegiando un andamento lineare allo sfoggio di abilità virtuosistiche.
Fa eccezione lo strambotto "Amando e desiando" del poeta B. Cariteo (cfr. New Grove), ove, discostandosi dal modello già edito nel nono libro di Petrucci, F. si abbandona a una scrittura più elaborata e florida (a tale proposito si confrontino entrambe le versioni contenute nel già citato volume del 1958 di B. Disertori).
Limitati a un modesto compito preludiante o concepiti quali interludi o coda, i ricercari si discostano, almeno nelle intenzioni, dal ruolo indipendente svolto nelle intavolature di F. Spinacino e J. Dalza. Il loro compito viene indicato chiaramente nelle tavole dei due libri, ove i titoli delle composizioni trascritte risultano preceduti da un sistema di simboli letterari in grado di garantire, pur con un certo margine di scelta da parte degli esecutori, la pronta corrispondenza con i relativi ricercari: è quanto sottolinea F. con la specifica definizione di "Recercari li quali servono a le frottole secondo l'ordine delle lettere sottoscripte".
Sempre a detta del Chiesa, tali composizioni meritano un'esecuzione autonoma, essendo costruite con un impegno superiore al compito loro assegnato. Ne è prova la capacità da parte dell'autore di esprimersi con compiutezza anche nei limiti di poche battute; esempi sporadici tuttavia, in quanto F. mostra di prediligere una forma di più ampie dimensioni, la cui struttura di tipo "toccatistico" presenta notevoli affinità con i modelli offerti dai contemporanei preludi per organo tedeschi. L'assenza di un tema determinato, il carattere improvvisativo, la semplice alternanza di accordi a "passaggi" ne fanno un genere privo di schemi prestabiliti, in cui divengono scarsi o del tutto assenti gli accenni di tipo imitativo.
Il mancato ricorso a un'elaborata struttura contrappuntistica si congiunge pertanto alla valorizzazione del canto solistico, in linea con le tendenze espressive della nascente sensibilità monodica. Significativo a riguardo l'efficace e variato uso delle fioriture che, contribuendo allo sviluppo della tecnica liutistica, già preannuncia l'affermazione della musica strumentale come forma artistica autonoma, non più soggetta ai rigidi vincoli dei modelli vocali.
Fonti e Bibl.: L. de La Laurencie, Les luthistes, Paris 1928, pp. 23 s.; F. Abbiati, Storia della musica, II, Milano 1946, p. 310; C. Sartori, A little known Petrucci publication: the Second Book of lute tablatures by F., in Musical Quarterly, XXXIV (1948), 2, pp. 234-245; Id., Bibliogr. della musica strumentale stampata in Italia fino al 1700, Firenze 1952, p. 337; B. Disertori, Contradiction tonale dans la transcription d'un "Strambotto" célèbre, in Le luth et sa musique, Paris 1958, pp. 37 s.; R. Murphy, Fantasie et recercare dans les premières tablatures de luth du XVIe siècle, ibid., pp. 127 s.; G. Abraham, Storia della musica, III, Ars Nova e Umanesimo 1300-1540, Milano 1969, pp. 491, 495 s.; R. Chiesa, Storia della letter. del liuto e della chitarra. Il Cinquecento, in Il Fronimo, II (1974), 6, pp. 17 ss.; 7, pp. 26-32; C. Gallico, L'età dell'Umanesimo e del Rinascimento, in Storia della musica, III, Torino 1982, pp. 28, 52, 54; M.F. Bukofzer, La musica barocca, Milano 1982, p. 36; M. Honneger, Dict. de la musique, I, Paris 1970, p. 132; The Catalogue of printed music in the British Library, London 1983, p. 83; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, IV, p. 51; C. Schmidl, Diz. universale dei musicisti, I, p. 561; Suppl., p. 320; Répertoire internat. des sources musicales. Recueils imprimés XVIe-XVIIe siècles, pp. 95 s.; Diz. musicale Larousse, I, Milano 1961, p. 237; Encicl. della musica Ricordi, II, p. 228; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, XV, coll. 983 ss.; The New Grove Dict. of music and musicians, III, p. 80; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, I, p. 633.