BONSIGNORI, Francesco
Pittore, nacque a Verona circa il 1455, morì a Caldiero (Verona) nel 1519. Figlio, se crediamo al Vasari, di un buon dilettante, e fratello di tre pittori, appare quale un rinnovatore della pittura veronese, sonnecchiante nell'opera stanca e monotona dei seguaci del Benaglio, già nella Madonna in trono di S. Paolo di Campo Marzio in Verona, vivace e luminosa, specialmente nei rossi e nei bruni, che diventano quasi metallici e che formeranno la caratteristica della pittura veronese della fine del Quattrocento, dai Morone a Liberale. Vi si scorge un chiaro influsso mantegnesco specialmente nella figura della Maddalena; mentre più tardi, nella Madonna del museo di Castelvecchio in Verono (1483), è evidente l'influsso di Alvise Vivarini nella composizione e nella forma - incisiva e tagliente - e quello belliniano. Anche più forti reminiscenze vivarinesche appaiono nella pala Dal Boro, pure del museo di Castelvecchio (1484), dove la personalità dell'artista si rivela in particolar modo nel ritratto della vecchia committente, d'un realismo quasi eccessivo. Questo contatto con l'arte del Vivarini irrobustì il temperamento del B. e lo portò a quello che è forse il suo capolavoro: il ritratto d'uomo della Galleria nazionale di Londra (1487) ove l'individuazione è profondamente realistica, ma anche nobilissima, e la forma è definita come nell'opera di un fiammingo. Nel 1487 il B. fu chiamato, secondo il Vasari, da Francesco II Gonzaga a Mantova: di là egli dovette mandare a Verona la pala dei Banda per S. Bernardino (molto restaurata), dove gli elementi vivarineschi e mantegneschi sono ancora evidenti, ma più accostati che fusi, mentre la Madonna ha l'espressione tradizionale della scuola veronese.
Per Francesco II il B. lavorò a Mantova, a Gonzaga, a Marmirolo. A questo periodo, in mancanza delle opere perdute, si assegnano i due Santi francescani sorreggenti il monogramma di Cristo della Galleria di Brera, e il Cristo porta-croce e la Beata Osanna degli Andreani dell'Accademia virgiliana di Mantova: dipinti rigorosi di disegno e nobili di espressione, ma monotoni di colore e imitati servilmente dal Mantegna. Ben diverso appare però il B. nell'ultima opera sua, la pala di San Biagio ordinatagli nel 1514 dalla compagnia di S. Nazaro e Celso in Verona e mandata in patria nel 1519. In questa pala la composizione e le figure stesse, snelle ed eleganti, hanno riscontri nell'arte del Quattrocento; ma il colore luminoso che supera il disegno e l'intonazione dorata dell'insieme segnano un momento caratteristico della scuola veronese del principio del Cinquecento. Dei fratelli pittori, Fra Gerolamo (nato a Verona circa il 1440, morto a Mantova circa il 1519) seguì il Mantegna, come dimostra una sua Madonna in affresco conservata nella sagrestia di S. Barnaba a Mantova, e fu autore anche di una grande copia della Cena di Leonardo eseguita per il refettorio di S. Benedetto Po ed ora in proprietà privata.
Bibl.: P. Kristeller, Andrea Mantegna, Berlino-Lipsia 1902; E. Tea, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, IV, Lipsia 1910 (con la bibl. prec.); A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, iv, Milano 1915, pp. 477 segg.; B. Berenson, Venetian Painting in America, New York 1916, pp. 170-173; A. L. Mayer, F. B. als Bildnismaler, in Pantheon, IV (1929), pp. 345-49.