BOARETTI, Francesco
Nacque nel villaggio di Masi, sulla riva dell'Adige, di fronte al castello di Badia il 16 ag. 1748. Destinato fin dalla fanciullezza alla carriera ecclesiastica, compì i primi studi nel seminario della Badia; quindi all'età di quindici anni entrò nel seminario di Padova, ove si dedicò con ricca versatilità agli studi letterari, scientifici e filosofici, conseguendo frequenti lodi e premi. Il 10 ag. 1769 si laureò in filosofia, sostenendo brillantemente una tesi de moribus, che pubblicò a Padova nel 1783, ampliata e riveduta, con il titolo Assertiones tres,in quibus disseritur de intimo sensu et motu brutorum animantium; de primis principiis naturalis iustitiae et honestatis,quae numquam pro varia coeli solique efficientia mutantur; de planetarum motu newtonianis legibus demonstrato.
Compiuto il corso di studi, fu ordinato sacerdote dal vescovo di Padova, monsignor Priuli, e destinato all'insegnamento della filosofia nello stesso seminario, in un ambiente in cui ricca era la cultura e serio l'impegno cui venivano sottoposti i giovani che si avviavano al sacerdozio, con una notevole apertura alle idee nuove. Il B., invece, rigidamente conservatore, preferì dedicarsi, piuttosto che alla discussione delle idee, a studi eruditi, lasciandosi attirare dal vasto interesse che, alla fine del sec. XVIII, investe la produzione poetica attribuita ad Omero. Tradusse, infatti, dapprima l'Inno di Omero a Cerere, Padova 1784, trovato da Federico Mattei in una biblioteca di Mosca e attribuito al poeta greco, che il B. congetturava fosse stato composto per essere cantato nell'annuale solennità dei misteri di Cerere Eleusina. Quindi, tradusse l'Iliade in vernacolo veneto con il titolo Omero in Lombardia, Padova 1784 (questa prima edizione comprende i soli primi dodici libri, mentre l'intera traduzione vide la luce in due volumi a Venezia nel 1788).
Taluno vuole oggi vedervi un intento parodistico o, quanto meno, la volontà di pungere la magniloquenza del Cesarotti (Natali), il B., invece, volle soltanto rendere accessibile e più scorrevole la lettura del poema alle persone meno colte, adottando l'ottava rima e sopprimendo le ripetizioni, le genealogie, e parecchie leggende accidentali, che interrompono l'azione principale: ciò, d'altra parte, rispondeva al gusto generale dell'epoca, tanto è vero che lo stesso Cesarotti non mancò di elogiare la traduzione del B., trovandola eseguita "con somma vaghezza e felicità".
Nel 1785 il B. lasciò Padova, essendo stato chiamato dal governo della Repubblica ad insegnare eloquenza sacra nelle pubbliche scuole per i chierici, aperte allora in Venezia: in tale occasione egli recitò anche l'orazione inaugurale. Dopo alcuni anni d'insegnamento dovette , però, rinunciare all'incarico per le sue precarie condizioni di salute. Messo a riposo con stipendio, poté dedicarsi ai suoi studi preferiti: vide la luce allora il Volgarizzamento del Libro dei Salmi secondo la lettera e lo spirito dei medesimi, Venezia 1788, una traduzione molto sobria e letterale che, indubbiamente, aveva intenti polemici nei confronti della versione della Bibbia fatta in ariette metastasiane dal calabrese Saverio Mattei, contro cui, alcuni anni prima, si era già scagliato il veneto Francesco Antonio Fantuzzi. Tenendo sempre presente questa rigida separazione di sacro e profano, il B. indulse, invece, alle strofette metastasiane nel tradurre sei tragedie greche: l'Ippolito e l'Elettra di Euripide, pubblicate a Venezia nel 1789; l'Ecuba, l'Ifigenia in Aulide, la Medea di Euripide e le Trachinie di Sofocle, apparse, sempre a Venezia, l'anno dopo.
Entrato, per mezzo dell'abate Schioppalalba, in corrispondenza con il cardinale Garampi, che si preoccupava di raccogliere intorno a Roma tutti i difensori delle prerogative papali, il B. fece ristampare nel 1790 uno scritto di Pio VI sulle controversie fra la S. Sede e gli arcivescovi elettori tedeschi, concernenti le nunziature, contro i principi febroniani, e continuò la traduzione dei testi sacri, traendone valide testimonianze per la battaglia che si stava combattendo contro le dottrine giansenistiche e le idee rivoluzionarie.
Nella Dottrina de' Padri Greci relativa alle circostanze della Chiesa nel sec. XVIII tratta dai testi originali, Venezia 1791, in due volumi, dedicata al cardinal Garampi, si fa un raffronto fra l'attuale situazione della Chiesa e quella dei tempi di Nerone e Diocleziano, si dà credito alla fantastica "congiura" ordita dagli increduli e dai giansenisti per scristianizzare il mondo e riedificare il tempio di Gerusalemme e si insiste sull'affermazione che la Chiesa è il più valido aiuto dei troni, in quanto predica la sottomissione ad ogni legittima autorità. Nell'appendice, Dissertazione sopra la teologia della Chiesa cattolica, il B. sostiene l'incapacità della ragione a penetrare i misteri della fede, poiché questa è dimostrata in se stessa; si scaglia perciò contro la filosofia scolastica che, nata dalla curiosità di intendere ciò che non poteva essere inteso, ha prodotto le varie scuole teologiche e quindi gli scismi interni.
L'anno dopo vedevano la luce altre due traduzioni bibliche: l'Ecclesiaste di Salomone, Venezia 1792, e il Libro della Sapienza, Venezia 1792, cui si univa una Dissertazione sull'origine della sovranità,i diritti del principato e i doveri dei sudditi relativa alle presenti circostanze, diretta a confutare la nota opera De' diritti dell'uomo dello Spedalieri, sostenendo l'origine immediatamente divina della sovranità e perciò la sua inalienabilità da parte dei cittadini. L'opera ebbe anche una certa fortuna, tanto da essere usata da Mauro Cappellari, poi Gregorio XVI, quale testo dimostrativo contro l'origine contrattualistica del potere (Il trionfo della S. Sede Venezia 1832, pp. 10 e 59). Quindi il B. pubblicò Pensieri sulla trisezione dell'angolo, Venezia 1793, che gli procurarono delle aspre critiche da parte di alcuni matematici, contro cui cercò di difendersi con un componimento satirico in versi: Ottave rime,o sia cinque progetti di Piroforo Zanzara intitolati a quei geometri,che non accordano agli algebristi essere dimostrata l'impossibilità della trisezione dell'angolo per mezzo del cerchia e della retta, Venezia 1793. Nel 1795 il B. fu colpito da apoplessia e ciò gli rese impossibile ogni altra attività. Chiusero la sua produzione pubblicistica alcune stanze: Libertà,eguaglianza,democrazia e virtù, Venezia 1797, da lui composte per ringraziare il governo rivoluzionario veneto, che nella sua effimera vita, gli aveva confermata la pensione.
Morì nella parrocchia di S. Vitale, a Venezia, il 15 maggio 1799.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Nunz. Venezia, 245, f. 199; 146, ff. 233-234; Ibid., Fondo Garampi, 276, ff. 39-48; 300, ff. 23-25; G. A. Moschini, Della letter. veneziana..., Venezia 1806, IV, p. 114 s.; G. B. Ferrari, Vitae virorum illustr. Seminarii Patavini, Padova 1815, pp. 413-428; G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, I, Padova 1832, pp. 115-118; E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri, V, Venezia 1840, pp. 268-270; C. von Wurzbach, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Oesterreich, II, Wien 1857, pp. 1 s.; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia, App., Venezia 1857, pp. 28-29; S. Rumor, Gli scrittori vicentini dei secc. decimottavo e decimonono, I, Venezia 1905, p. 179; H. Hurter, Nomenclator literarius…, V, Oeniponte 1912, col. 370; M.-Th. Disdier, in Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., IX, Paris 1935, col. 264; M. Berengo, La società veneta alla fine del Settecento, Firenze 1956, pp. 233, 234-246, 333; S. Rota Ghibaudi, La fortuna di Rousseau in Italia (1750-1815), Torino 1961, pp. 184, 337; G. Natali, Il Settecento, Milano 1964, pp. 320, 464, 465, 517, 556, 572; Encicl. ital., VII, p. 210; Encicl. catt., II, col. 1726.