BIANCHI BUONAVITA, Francesco
Figlio del milanese Giovanni Bianchi; del secondo cognome, Buonavita, che ricorre nel Baldinucci e nelle carte dell'archivio del Comune di Certaldo, di cui il B. fu vicario negli ultimi mesi di vita, non si sa bene l'origine, salvo la notizia incontrollabile del De Boni che il padre avrebbe sposato a Firenze certa "Madonna Buonavita".
Dal Baldinucci sappiamo che il B. fu messo alla scuola del Cigoli e poi del Bilivert perché venisse avviato alla pittura e che fu mandato per particolare interessamento di Cosimo II a studiare per due anni a Roma, donde ritornò a Firenze nel 1617. Questa notizia insieme con la sua presenza, accanto ai più noti pittori fiorentini del tempo, nella galleria commemorativa di casa Buonarroti, per la quale dipinse verso il 1615, come risulta dai documenti,L'Ingegno, fa ritenere che egli sia nato non nel 1601come viene ripetuto sulle tracce dei vecchi storiografi anche in U. Thieme-F. Becker, ma nell'ultimo decennio del '500, probabilmente a Firenze.
Fin dalla prima giovinezza, per incarico del granduca e dei suoi familiari o di committenti forestieri, il B. si dedicò a copiare i quadri più celebri della collezione granducale, e le richieste erano tante da limitare fortemente il tempo disponibile per una attività piùpersonale, della quale infatti restano ben poche testimonianze. Ricercatissimi erano soprattutto i suoi lavori in pietre dure, oggi difficilmente identificabili: il Baldinucci ricorda Storie del Nuovo e del Vecchio Testamento in alberesi, diaspri, lapislazzuli, e afferma che il B. fu il primo a servirsi per le sue composizioni, dopo il 1620, delle pietre di Rimaggio, dalle cui particolari macchie ricavava piccoli paesaggi. Fra le pochissime opere di pittura che di lui ci rimangono,L'Ingegno di casa Buonarroti è opera giovanile e di scarso impegno, stilisticamente legata ai modi del Bilivert e forse compiuta ancora prima del soggiorno romano, del quale serba tracce per un accento più naturalistico il Martirio di s. Bartolomeo della chiesa di S. Giovanni a Livorno. Firmata e datata 1626 è una tela con i SS. Cosma e Damiano nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano di Pisa; in S. Giuseppe di Firenze restano, ma così oscurati da essere pressocché illeggibili, quattro ottagoni con Fatti di San Francesco di Paola, mentre il San Filippo che scaccia il diavolo, già in S. Stefano al Ponte a Firenze, e il Martirio di San Miniato, passato per varie chiese fiorentine, si trovano entrambi nei depositi degli Uffizi.
Il B. morì a Certaldo nel 1658.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. Laurenziana,Archivio di Casa Buonarroti, vol. CI; Certaldo,Archivio del Comune, n. 477; F. Baldinucci,Vocab. toscano dell'arte del disegno, Firenze 1681, p. 116; Id.,Notizie dei professori del disegno..., IV, Firenze 1728, pp. 74-76; K. Lankheit,Florentinische Barockplastik…, München 1962, p. 226 doc. 6; G. Richa,Notizie istoriche delle chiese fiorentine…, I, Firenze 1754, p. 186; II, ibid. 1755, p. 77; V, ibid. 1757, p. 233; L. Lanzi,Storia pittorica della Italia, Bassano 1795-96, I, p. 212; G. K. Nagler,Neues allgemeines Künstler-Lexicon, I, München 1835, p. 487; F. De Boni,Biografia degli artisti, Venezia 1840, p. 102; G. Piombanti,Guida storica ed artistica della città e dei contorni di Livorno, Livorno 1873, pp. 200, 315; A. Bellini-Pietri,Guida di Pisa, Pisa 1913, p. 267; W. e E. Paatz,Die Kirchen von Florenz, I, Frankfurt a. M. 1940, pp. 399, 451; II, ibid. 1941, pp. 363, 366 s.; IV, ibid. 1952, p. 328; V, ibid. 1953, p. 218; M. Gregori,Avant-propos sulla pittura fiorentina del Seicento, in Paragone, XIII(1962), n. 145, pp. 38 s.; U. Thieme-F. Becker,Künstler-Lexikon, III, p. 582.