BERNARDO, Francesco
Figlio di Dandolo Bernardo delle Navi e di Elisabetta Canal, nacque, quasi certamente a Venezia, verso l'anno 1470. L'attività tradizionale di questo ramo dei Bernardo era quella armatoriale, sorretta dal possesso diretto di alcune navi. Nel 1494 il B. sposò Caterina Morosini ed entrò nella vita politica, lasciando al fratello Filippo la cura immediata degli affari. Fu senatore e membro del Collegio dei Dieci savi. Nel maggio del 1509 fece parte della commissione incaricata delle operazioni del censimento e gli fu affidata, unitamente ad altri, la rilevazione dei dati statistici della parrocchia di S. Barnaba. Nel settembre del 1518 venne eletto membro della "zonta" del Consiglio dei pregadi e nel novembre dell'anno seguente entrò nella speciale magistratura dei Cinque savi sopra la Mercanzia, carica che conservò sino al 1520. In tale occasione dimostrò insieme con i colleghi notevole energia nella repressione del contrabbando, intervenendo tempestivamente quando il diritto della Repubblica a controllare le correnti del traffico veniva misconosciuto o ignorato. Nell'ottobre del 1521 fu nominato console a Damasco, dove rimase sino al 1524. Tornato in patria, fu nello stesso anno colpito da grave rovescio finanziario in conseguenza del naufragio di una nave che possedeva in società col fratello: egli poté solamente in parte riaversi dal dissesto, riuscendo a ottenere la concessione di alcuni beni demaniali.
Culminava in questo episodio un lungo periodo di difficoltà finanziarie del B., il quale era stato più volte debitore insolvente, tanto da essere ammonito pubblicamente in Senato, nel 1511 e nel 1512, a soddisfare prontamente i creditori pena l'esclusione dalle adunanze. Tuttavia egli era contemporaneamente anche creditore, e pertanto non si trattava di disonestà personale, quanto delle conseguenze della crisi dei noli che aveva colpito il ceto armatoriale veneziano nei primi anni del Cinquecento in seguito alla concorrenza portoghese. La momentanea contrazione del volume dei traffici marittimi aveva bloccato la liquidità monetaria e congelato il sistema dei pagamenti. Per superare la congiuntura il B. aveva ottenuto dallo Stato l'esclusiva una tantum per il trasporto di un gruppo di pellegrini. La cosa destò meraviglia: "Cossa di gran importantia - scrive il Sanuto il 18 marzo 1518 - che in una terra libera sia deputà una nave a tal efecto, maxime pagando li pelegrini il suo nolo dil suo; cossa non più fata in questo Stado" (XXV, p. 304). Alla meraviglia si aggiunsero le proteste, e attorno al B. si formò un'atmosfera di sospetto che si aggravò notevolmente quando, al suo rientro da Damasco, fu posto sotto inchiesta per aver trattenuto una tangente troppo alta sulle operazioni commerciali svolte per suo tramite e costretto alla restituzione delle cifre ritenute eccedenti.
Nel dicembre del 1525 il B. fu uno dei tre provveditori sopra le Acque, dimostrando anche in tale carica, unitamente ai colleghi, tempestività nell'intervenire a salvaguardia dell'integrità dell'area lagunare minacciata allora in alcune zone da fenomeni di interramento. L'anno dopo veniva eletto membro del Consiglio dei tre Savi di Terraferma, carica che lasciò nel settembre del 1527 per assumere quella di provveditore sopra l'Armar. Due anni dopo venne eletto bailo a Costantinopoli, in sostituzione di Pietro Zen, ma la partenza venne procrastinata sino all'aprile del 1530, poiché a Venezia si volle attendere di conoscere le reazioni dei Turchi alla recente pace conclusa a Bologna con Carlo V. Quando si fu certi che la notizia della pace non aveva prodotto alcun mutamento, il B. partì insieme con Tommaso Mocenigo, oratore straordinario, giungendo a Costantinopoli ai primi di giugno.
I rapporti tra Venezia e i Turchi erano in quel periodo improntati a una certa distensione e cordialità. Ciò era dovuto non solo a ragioni di equilibrio, in quanto Venezia pensava che i Turchi avrebbero potuto costituire un ottimo contrappeso alla massiccia presenza asburgica stabilitasi in Italia in conseguenza degli accordi di Bologna, ma anche e soprattutto a ragioni commerciali. Infatti data la pericolosa concorrenza esercitata dai Portoghesi nel commercio internazionale delle spezie, un'intesa tra Costantinopoli e Venezia rappresentava, sia pure provvisoriamente, l'unica possibilità di garantire l'efficienza delle correnti di traffico con l'Oriente.
Il B. rimase a Costantinopoli sin quasi alla fine del 1531, seguendo attentamente la situazione, ma il suo operato non andò esente da censure, soprattutto da parte di quelli che per motivi strettamente politici non approvavano un accordo con i Turchi. Rimpatriato nel dicembre del 1531, il B. nell'aprile dell'anno seguente fu inviato a Cipro, come comandante della piazza di Famagosta. Il suo soggiorno nell'isola fu caratterizzato da momenti molto difficili: nell'estate del 1533 scoppiò nel Medio Oriente una pestilenza che si estese anche a Cipro, dove la situazione si presentava particolarmente grave per il contemporaneo manifestarsi di una grave carestia. In tali frangenti il B. si comportò in modo coraggioso ed energico, prodigandosi per lenire le sofferenze della popolazione duramente provata.
Morì nel luglio del 1545.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, II, p. 19;A. Morosini, Historiae Venetae, in Degli istorici delle cose venez., V, Venezia 1719, p. 367; E. Albèri, Le relaz. degli ambasciatori veneti al Senato, s. 3, III, Firenze 1855, p. 120; M. Sanuto, Diarii,VIII, XI, XIII, XIX, XXII, XXIV-XXVI, XXVIII, XXIX, XXXI-XXXIII, XXXV, XXXVII, XXXIX, XLI-L, LII-LVIII, Venezia 1882-1903, ad Indices.