FERRARI (Ferrario), Francesco Bernardino
Nacque il 17 (e fu battezzato il 18) giugno 1744 a Milano, da Dionigi Maria, ingegnere ed architetto collegiato in questa città, e da Maria Castiglione. Fu fratello del barnabita Bartolomeo, successore alla cattedra universitaria di matematica del p. Francesco De Regi, di cui fu anch'egli allievo (Milano, Bibl. Ambrosiana, Raccolta Ferrari, ms. S. 138 sup., Indice). Il 9 dic. 1760 iniziò l'apprendistato di sei anni consecutivi, obbligatorio per tutti gli aspiranti professionisti che volessero entrare a far parte del Collegio degli ingegneri ed architetti di Milano, sotto la guida del padre. Nel 1766 (17 dicembre) ricevette la nomina ufficiale ad agrimensore, architetto e ingegnere da parte del Collegio (Maderna, 1970).
Personalità complessa dal punto di vista sia della definizione professionale sia di quella culturale, ingegnere civile e idraulico, architetto accademico clementino, accademico delle scienze di Bologna e di Siena (Discorso sopra il bello dell'architettura di F. B. Ferrari del Collegio degli ingegneri di Milano, dell'Accademia Clementina e di quella delle scienze di Bologna e di Siena, Milano 1782), ma soprattutto storico dell'architettura e dell'ingegneria, il F. non sempre ha goduto della stima dei critici (Beltrami, Rocco, Baroni e Mezzanotte), che in lui hanno voluto vedere più il tecnico compilatore che il teorico d'architettura, o l'uomo di cultura anche letterario-umanistica, come testimoniano invece i codici antichi da lui posseduti, quali ad esempio le opere di Cicerone ed un trattato di Avicenna, pervenuti all'Ambrosiana (Milano, Bibl. Ambrosiana, Inventario Ceruti, T 27/40/41/56/72/80/91/95/97/98/118 sup.) in legato, nel 1830, insieme con parte della Raccolta Ferrari.
La fonte principale che ha consentito l'analisi e la rivalutazione della figura del F. è la Raccolta Ferrari (Milano, Bibl. Ambrosiana; Gatti Perer, Fonti per l'architettura..., 1964-1965), realizzata dall'artista lungo ben dieci anni dal 1810 al 1819.
Si tratta di un'opera monumentale, contenente disegni, e documenti ad essi relativi, di architetti e di ingegneri attivi nel Ducato di Milano dal XVI al XIX secolo, compresi ovviamente quelli riguardanti il F. e suo padre, suddivisi in diciannove tomi e in un numero tutt'oggi imprecisato di volumi, sicuramente superiore a cinquanta, corredati di indici. Il materiale antico fu trasmesso al F. dal padre (Gatti Perer, Fonti per l'architettura..., 1964, p. 174), ilquale a sua volta lo aveva ricevuto tramite il Collegio degli ingegneri ed architetti di Milano. Il padre aveva già iniziato un parziale riordino dei materiale a lui giunto, ma il sistematico lavoro di riorganizzazione dell'insieme di tutti i supporti documentari, con note di commento e sistemi incrociati di rimandi tra i manoscritti ed i disegni, nello stesso tomo e tra tomi diversi, si deve al F., anche per la parte acquisita tramite eredità. Oggi la Raccolta, che costituisce una delle fonti maggiori e più importanti, non solo per la storia dell'architettura lombarda, ma anche per una migliore comprensione delle evoluzioni urbanistiche della città di Milano, è quasi tutta conservata nella Biblioteca Ambrosiana, lì giunta per canali diversi e non in modo diretto come previsto dal lascito testamentario del Ferrari (ibidem, pp. 175 s.).
Nel tomo XVIII vi sono anche rilievi, di sua mano, che riprendono monumenti che all'epoca si sapeva destinati alla distruzione (rilievo datato 1755 della chiesa e monastero di S. Lucia a Porta Vercellina; cfr. Gatti Perer, Fonti per l'architettura..., 1964, p. 220, dis. L; rilievo datato 1777 della pianta della Torre dell'imperatore con caseggiato annesso, ibid., dis. LI); negli indici generali sono citati chiese e palazzi non più esistenti al momento della compilazione degli stessi, a testimonianza di un interesse profondo, di natura storico-documentaria, per l'architettura lombarda e soprattutto milanese dei secoli precedenti, motivato dalla convinzione che il passato fosse la lezione indispensabile per la realizzazione del presente.
Gli interessi che lo animarono, anche a livello teorico, non furono circoscritti all'esclusivo campo tecnico, peraltro di ottimo livello, come ci dimostra il computo fatto per la determinazione degli sforzi agenti nella cupola di S. Lorenzo, calcoli "de più facili". Nei suoi scritti è evidente la posizione critica neoclassica in cui la ricerca del bello si accompagna al calcolo rigoroso delle strutture e domina l'importanza dell'esperienza, che permette il controllo assoluto su tutte le problematiche di cantiere: dai materiali da utilizzarsi anche in rapporto alla committenza al controllo degli operai, all'analisi dei terreni su cui edificare (Dispareri in materia d'architettura e prospettiva di Martino Bassi... intorno all'insigne tempio di S. Lorenzo Maggiore di Milano, dati in luce con alcune sue Annotazioni da Francesco Bernardino Ferrari..., Milano 1771). Al 1772 deve essere riferita la dissertazione latina De fornicum constructione (Siena 1781).
Nel 1782 il F. stese il già citato Discorso sopra il bello dell'architettura, in cui dimostra di conoscere le posizioni di pensiero a lui coeve, sia straniere sia italiane, ed appare influenzato dalle teorie razionaliste di C. Lodoli ed E. Pini, soprattutto là dove si anticipa la moderna concezione di funzionalismo architettonico.
Di carattere strettamente tecnico è invece l'opuscolo Serie di varie esperienze fatte sulle resistenze dei legni (Milano 1798). Del 1804 è il Trattato delle fabbriche delle chiese, impostato sull'insegnamento del cardinale Carlo Borromeo e sul suo scritto Instructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae libri duo, con una appendice sulla costruzione delle cupole, tema quest'ultimo che, insieme con la definizione formale e costruttiva di archi e volte, appassionava il F., ma anche quasi tutti gli architetti, gli ingegneri e i matematici del XVIII secolo in Italia, in Francia, in Germania e in Inghilterra. In questo scritto, oltre ad evidenziare l'importanza del testo dei Borromeo per l'architettura religiosa lombarda, dal primo Seicento a tutto il Settecento, il F. riporta nuovamente il discorso sulla necessità di porre estrema attenzione alla funzionalità dell'edificio religioso progettato.
Vi sono poi, a testimonianza di una ricca vena teorica, soprattutto in campo scientifico, gli scritti di carattere idraulico, espressione di una specializzazione che, nel Settecento, accomunava ingegneri e architetti operanti nei territori del Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, e che era motivata dall'importanza delle canalizzazioni sia nell'agricoltura sia nei trasporti, essendo svolti questi ultimi quasi esclusivamente sulle vie d'acqua (cfr. Gatti Perer, F. B. F. architetto..., 1965, p. 139 n. 29).
È verosimile che la competenza in materia d'acque del F. fosse anche di natura tecnologica, e cioè che egli fosse progettista di macchine. Infatti nella dicitura che compare sul frontespizio dei volumi della Raccolta è definito tmachinatoris"; nel Settecento del resto la meccanica delle macchine era appannaggio degli ingegneri idraulici, essendo la maggior parte d'esse mosse da energia idrica. Indubbiamente padre e figlio erano noti ai loro contemporanei più per la loro abilità e capacità teorico-pratica nel campo idraulico (Dizionario corografico..., s. d., p. 311), ampiamente riconosciuta anche dal Bruschetti (1834, p. 323), che non per le loro possibilità espressive in campo architettonico.
L'ambito di applicazione professionale del F. fu infatti più tecnico che non artistico-architettonico. Relativamente poche sono le opere di architettura in senso stretto; nella maggior parte dei casi si tratta di stime, "sentimenti", collaudi e controlli di contratti fatti con maestranze di cantiere.
Dalla documentazione in nostro possesso i primi elaborati, che ci dimostrano un'attività professionale del F. in qualità di architetto, riguardano la facciata della chiesa di S. Giorgio al Palazzo, portano una data precoce, cioè quella del 1770 (Gatti Perer, Fonti per l'architettura..., 1964, p. 218). Evidentemente la carriera professionale del F. iniziò proprio con interventi di natura architettonica.
La facciata, realizzata in granito rosa, di gusto neoclassico, fu sovrapposta alla precedente romanica. Dei ventitré disegni che ci rimangono il primo accompagna "Capitoli e Contratto", il secondo riporta la facciata e il terzo dà lo spaccato di quanto è stato poi effettivamente realizzato. I lavori terminarono nel 1776. Tutti i grafici, anche quelli riguardanti porte e finestre, esprimono caratteri stilistici fortemente neoclassici e confermano in pieno la profonda coerenza con il pensiero teorico del Ferrari. Il disegno XXIII, datato 20 marzo 1793, rappresenta due progetti per una nuova sacrestia, sempre relativa alla chiesa di S. Giorgio al Palazzo, dove evidentemente il F. continuò negli anni a interessarsi a migliorie e cambiamenti, sempre nel rispetto però delle preesistenze. L'edificio mantiene infatti intatte, ancor oggi, le parti romaniche precedenti. Un tale atteggiamento rientra perfettamente in quel desiderio di conservazione e di dialogo vivo e senza contrasti del passato con il presente che è alla base anche della poetica della Raccolta come di tutti gli scritti del F. a carattere storico.
Tra il 1774 ed il 1776 si susseguirono interventi contenuti a livello progettuale: un disegno per il tabernacolo dell'altare delle monache del Terz'Ordine di S. Domenico, vicino a S. Eustorgio (ibid., tomo XVIII, dis. XXVI); due disegni per una porta e un poggiolo per casa Galluzzi (dis. XXVII s.); infine un disegno con una pianta a croce greca, cui si aggiunge sull'asse longitudinale un ampio presbiterio, dove trova posto l'altare maggiore, per la chiesa di Vimodrone (dis. XXIX).
Il 21 nov. 1776 il F. firmò il disegno e il piano per il nuovo ponte di Ganda da farsi sull'Adda (dis. X) in sostituzione del vecchio, rovinato da una piena nel 1772. Evidentemente, come risulta dai documenti allegati, era stato interessato anche il padre Dionigi Maria. Il collaudo e la stima sono del 2 ott. 1778 (ibidem, p. 219).
Nell'opera che segue cronologicamente (1782) fu nuovamente coinvolto in un lavoro del padre, il che ci lascia supporre una logica collaborazione tra i due: si tratta di interventi parziali nella chiesa di S. Gaudenzio in Fagnano, progettata e realizzata da Dionigi Maria.
La sua attività, come documenta la Raccolta (cfr. Gatti Perer, Fonti per l'architettura..., 1964, pp. 218-220), proseguì senza sosta fino al 1813, anno a cui si devono riferire i due disegni, non datati, recanti uno una scala per il giardino e l'altro un imbarcadero, ambedue per la "casa del signor Grianta", ovvero per la villa del conte Giuseppe Brentano Grianta, in Tremezzina sul lago di Como (ibid., dis. XXIV s.).
Lo "sbarco" (imbarcadero), realizzato con alcune varianti, è tutt'oggi visibile nella villa ora Sola Cabiati, a Bolvedro. Di stile puramente neoclassico nel gioco delle scale che si intrecciano, accoglie l'ospite che giunge dal lago con l'armonia di linee curve che ben si raccorda con il retrostante edificio barocco della villa (cfr. Grigioni, 1980).
Da questo momento non abbiamo ulteriori documentazioni di attività professionali svolte. Evidentemente gli ultimi anni furono dedicati alla stesura di scritti teorici e soprattutto, dal 1810 al 1819, alla composizione della Raccolta.
Morì a Milano il 12 ag. 1821; nell'atto di morte risulta vedovo di Franca De Vecchi (Milano, Arch. stor. civ., Fondo famiglie, cartella 644).
Fonti e Bibl.: oltre ai docc. citati all'interno, si veda L. Bossi, Guida di Milano, Milano 1818, p. 139; G. Franchetti, Storia della descrizione del duomo di Milano, Milano 1821, p. 146; G. Bruschetti, Storia dei progetti e delle opere per l'irrigazione del Milanese, Lugano 1834, pp. 7, 323; Milano e il suo territorio, Milano 1884, p. 372; L. Beltrami, Per la storia della navigazione nel territorio milanese. Manoscritti e documenti donati all'Ambrosiana, Milano 1888; D. Sant'Ambrogio, Una breve corsa artistica fra le grangie o possessioniagricole della Certosa di Pavia: Andrea e Dominicho Pinsit, in Arch. stor. lomb., s. 3, VI (1896), pp. 359 ss.; F. Malaguzzi-Valeri, P. Pellegrini e le sue opere in Milano, ibid., XVI (1901), p. 320; C. Ponzoni, Le chiese di Milano, Milano 1930, p. 423;C. Baroni, L'architettura lombarda da Bramante a Richino, Milano 1940, p. 12;G. Rocco, La facciata di S. Maria presso S. Celso a Milano, in Palladio, IV (1940), p. 130; P. Mezzanotte-G. C. Bascapè, Milano nell'arte e nella storia, Milano 1948, pp. 73, 76, 302; P.Mezzanotte, L'età delle riforme (1706-1796), in Storia di Milano, XII, Milano 1959, p. 639; Id., L'architettura a Milano nel Settecento, ibid., pp. 678, 681; A. Colombo, La topografia di Milano medioevale, la ripartizione topografica dei sentieri urbani: la pianta della città di Milano del Richini (1603), in Arch. stor. lomb., s. 8, X (1960), pp. 311-316;M. L. Gatti Perer, Fonti per l'architettura milanese dal XVI al XVIII secolo: F. B. F. e la sua raccolta di documenti e disegni, in Arte lombarda, IX (1964), 1, pp. 173-222; 2, pp. 128-158; X (1965), 1, pp. 139-155;Ead., F. B. F. architetto e ingegnere idraulico, in Atti del Collegio degli ingegneri e degli architetti di Milano, maggio-giugno 1964, pp. 134-139;Ead., La Raccolta di doc. e di disegni sull'architettura lombarda di F. B. F., in IlGiornale dell'ingegnere, agosto 1964, p. 4;Ead., Un ritrovamento prezioso: l'antico Archivio di cancelleria del Collegio ingegneriedarchitetti di Milano, ibid., dicembre 1965, pp. 4 s.; L. Grassi, Provincie del barocco e del rococò. Proposta di un lessico bibliografico di architetti in Lombardia, Milano 1966, p. 179;G. Mezzanotte, Architettura neoclassica in Lombardia, Napoli 1966, p. 15;G. B. Maderna, Fonti per la storia dell'architettura dal XVI al XVIII secolo. Il Collegio degli agrimensori ingegneri e architetti. Le nomine degli architetti dal 1735 al 1800, in Arte lombarda, XV (1970), 2, pp. 70, 72;G. Grigioni, Lo "sbarco" a casa Grianta, ora Sola Cabiati, a Bolvedro in Tremezzina (1813). Un'opera minore dell'architetto milanese F. B. F. (1744-1821), ibid., n. 5, 1980, nn. 55-57, pp. 273 s.; Id., F. B. F. continuatore dell'indirizzo razionalista di E. Pini, ibid., pp. 344 s.; Le chiese di Milano, a cura di M. T. Fiorio, Milano 1985, p. 323;G. Grigioni, in Dizionario della Chiesa ambrosiana, II, Milano 1988, pp.1208 s.; Diz. corografico della Lombardia, a cura di A. Bianchi Giovini-M. Faci, s. l. s.d., sub voce Fagnano.