BENEDETTI, Francesco
Nacque a Cortona il 5 ottobre 1785. Il padre lo aveva avviato alla carriera ecclesiastica; ma il giovinetto finì col lasciare il seminario nel 1804, per gli studî legali a Pisa, e poi, nel 1809, per la pratica professionale a Firenze; ma a Pisa prima, poi a Firenze, più che attendere alle leggi attese sin da principio all'arte. A Firenze corresse la sua prima tragedia composta in seminario nel 1803, Telegono (che poi, rappresentata a Cortona e a Perugia e pubblicata a Pisa nel 1812, meritò d'esser lodata dal Monti), e compose due altre tragedie, Deianira (1811) e Mitridate, che poi fu rappresentata a Firenze nel 1815 e pubblicata postuma come la maggior parte delle altre sue tragedie. Subito invece fu pubblicata (Pisa 1811) la canzone Per la nascita del Re di Roma, che fruttò all'autore una medaglia dell'Accademia napoleonica di Lucca. Temperamento ingenuo e impulsivo, egli prestò facilmente fede alle promesse dei potenti, come dimostrano le odi da lui composte nel turbinoso biennio 1814-15. Egli si rivolge al Murat e ai congressisti di Vienna, a lord Bentinck e a Ferdinando III di Toscana, e, più tardi, a Francesco I d'Austria. Sempre assillato dal bisogno, continua tuttavia animosamente a lavorare alle sue tragedie, Druso (1813); La congiura di Milano (1815); Gismonda (fine del 1815); Tamerlano (1816); Pelopea (1817), tutte rappresentate con vario successo. Invece le altre tragedie: Timocare (1817), Riccardo III (1819), Gli Eleusini (1819), Telefo (1820), Cola de Rienzo (1820-21) non furono mai rappresentate. Il B. altemò, in queste tragedie, l'imitazione alfierana con quella del Maffei e del Metastasio; non in questo soltanto simile al Niccolini: Gismonda, Pelopea, Timocare sono appunto un tentativo di svincolarsi, facendo luogo all'espressione poetica di sentimenti gentili e delicati, dalla tirannia letteraria dell'Alfieri; e in Cola de Rienzo l'osservanza delle regole è trascurata, sebbene non così radicalmente come nel Manzoni. Del resto, questo classicista che non esitava a qualificare "indecenze" i drammi shakespeariani, e che non risparmiò mai sarcasmi e invettive contro i novatori, è, nell'opera e nella vita, malato di generoso romanticismo. Come le tragedie, così la plutarchesca serie delle Vite degli illustri cittadini italiani paragonate cogli antichi... e coi moderni (1818), di cui scrisse quelle di Niccolò Capponi e di Cola di Rienzo; così pure le Rime, che finalmente nel 1818 riuscì a raccogliere e a pubblicare a Milano, non gli diedero la gloria e l'agiatezza che sperava. I moti del '20 e del '21 segnano l'ultima più forte illusione di questo perpetuo sognatore. I principi lo avevan deluso: non lo deluderà il popolo che s'è destato. Ma quando nell'ottobre del '20 il suo Zanobi Zucchini ed altri amici, imputati di carboneria, sono condannati; quando si accorge d'essere egli stesso sospettato; quando i moti son fiaccati, egli si sente perduto. Vaga allora, in tristezza e in orgasmo, senza più alcuna speranza né per sé né per la patria, attraverso la Toscana, finché, a Pistoia, improvvisamente, il 10 maggio 1821, si uccide.
Bibl.: Cfr. le Opere di F. B. public. per cura di F. S. Orlandini, Firenze 1858, voll. 2 (notevole l'introduzione dell'O.). Altre cose inedite furono pubblicate da S. Marioni in appendice al voluminoso suo F. B., Arezzo 1897, che resta il più compiuto, sebbene alquanto superficiale studio sul poeta. Scarsa importanza hanno M. Baldini, L'opera lirica di F. B., Cortona 1905 e E. Parisi, Un poeta tragico del sec. XIX, F. B. da Cortona, Piacenza 1921.