BENEDETTI, Francesco
Nacque a Cortona il 5 ott. 1785 da Pasquale e da Rosa Tamburi, commercianti in mercerie, che, caduti in miseria, lo affidarono a un parente parroco di Foiano (Arezzo), don F. Giglioni, che per tre anni lo istruì in varie discipline. Nel novembre 1797 il B. entrò nel seminario Vagnotti di Cortona, dove rimase fino all'agosto del 1804. Non sentendosi portato alla vita religiosa, ottenne dal Comune di Cortona un posto di studio teorico nel collegio Ferdinandeo di Pisa, dove seguì i corsi di legge, conseguendo la laurea nel 1809: qui si legò di viva amicizia con i suoi professori, G. Carmignani e G. Rosini. Manifestava intanto le sue aspirazioni nazionali nell'Epistola di un abitante di Necrocosmopoli, in cui fingeva un colloquio tra l'Alfieri e il Machiavelli sulle condizioni d'Italia; e iniziava la sua attività letteraria con alcune poesie e una tragedia, il Telegono, composta sulle orme dell'Alfieri, pubblicata a Pisa nel 1812 e favorevolmente commentata dal Monti. Ascritto all'Accademia di Emulazione, vi ottenne per tre anni consecutivi il primo premio per componimenti poetici. Dopo avere ottenuto la laurea in legge, passò a Firenze per esercitare la professione di avvocato, vivendo con un sussidio di sessanta scudi annui, conferitogli dal Comune di Cortona; a Firenze, salvo brevi soggiorni a Cortona, risiedè poi costantemente. In questo periodo scrisse le tragedie Mitridate e Deianira, quest'ultima alla maniera del Metastasio. Nel 1811 fu ferito in un duello fatto per rivalità d'amore per una popolana cortonese, Carolina Bonaiutì, che nelle sue poesie egli chiamò Glicera. Finito il sussidio del Comune di Cortona, anziché continuare a esercitare la professione di avvocato, propose la propria candidatura per un posto di insegnamento di letteratura, successivamente a Firenze, Pisa, Perugia, Pavia e fino a Varsavia; non essendo mai riuscito a ottenerIo, si guadagnò la vita con l'insegnamento privato e con i pochi proventi della sua attività letteraria. La vita grama, la malferma salute e l'estremo bisogno di un lavoro, che gli permettesse di aiutare la misera famiglia, spinsero il B. ad inneggiare al ritorno del granduca Ferdinando III in Toscana e all'imperatore Francesco I, ma ben più calda fu la sua ispirazione nel comporre l'ode Per la nascita del Re di Roma (1811), premiata dalla Accademia napoleonica di Lucca, l'Ode IV (1814) al Murat, che aveva innaìzato la bandiera unitaria, e soprattutto quando espresse i suoi sentimenti patriottici nelle odi all'Italia (1814-1815), in quelle per la concessione della costituzione spagnola del 1820 e nelle altre in cui scrisse mosso da sentimenti di amicizia o di dolore. Il B. fu iscritto alla carboneria sin dal 1808, come dimostrano alcune sue lettere, di cui una da Cortona all'arrùco Francesco Martini. Per i suoi trascorsi politici, nel 1814 si vide negare il permesso di pubblicazione di un giornale letterario, che poté poi pubblicare a Firenze nel 1816 con il titolo di Giornale di letteratura e belle arti. In questo giornale egli condusse un'aspra polemica classicistica e antiromantica.
Nel fascicolo del settembre 1816 del Giornale il B. pubblicò un suo scritto, La Romanticomania, Dialogo fra Madonna, Messer lo Giornalista e il Cavaliere, che può servire d'antidoto alla lettera inserita nel n. 6 della "Biblioteca Italiana", p. 417, e al libro di Monsieur de Breme intitolato "Discorso", nel quale, attaccando lo scritto dei di Breme Intorno all'ingiustizia di alcuni giudizi letterari italiani (Milano 1816), si sforzava di volgere in scherno i principi del Romanticismo. Il suo articolo suscitò le reazioni del Borsieri, nelle Avventure letterarie di un giorno o consigli di un galantuomo a vari scrittori (Milano 1816), e dello stesso di Breme, che gli rispose nel suo Grand Commentaire sur un petit article par un vivant remarquable sans le savoir (Genève-Paris 1817). Tuttavia il B., le cui tragedie erano generalmente ispirate a modelli classici, ad Alfieri e a Metastasío, in alcune tragedie degli ultimi anni mostrò di aver sentito l'influenza di taluni autori stranieri, fra cui Shakespeare, e di cercare una nuova forma intermedia tra le espressioni classiche e quelle romantiche: ma neppure in esse giunse a risultati di autentica poesia. Delle sue tragedie furono rappresentate il Telegono, il Mitridate (scritta e rappresentata nel 1809), il Druso (scritta nel 1813, rappresentata nel 1815), La congiura di Milano (composta nel 1815, messa in scena nel 1819), Gismonda (scritta nel 1815, derivata dalla novella del Boccaccio), Tamerlano (composta nel 1816, messa in scena nel 1817), in cui era visibile l'influenza di Voitaire, Pelopea (scritta nel 1817, messa in scena nel 1819). Altre, Timocare (scritta nel 1817), Riccardo III (scritta nel 1819), Gli Eleusini (scritta nel 1819), Telefo (scritta nel 1820), Cola di Rienzo (scritta nel 1820-21), che è un esempio di teatro più libero dagli schemi classici, non furono mai rappresentate; ma anche quelle rappresentate non gli fruttarono molti guadagni. Il B. scrisse anche un Discorso intorno al teatro italiano (Firenze 1816), in cui faceva un'esplicita professione di fedeltà ai principi del classicismo; un'Orazione per l'anniversario della nascita di T. Tasso (Firenze 1817); una Lettera in risposta al conte Galeani, Vapione intorno alle tragedie di Vittorio Alfieri (Firenze 1818); una Vita di Niccolò Capponi (Firenze 1819). Il B. partecipò anche, nel 1816, alla fondazione in Firenze di un "Gabinetto letterario e di belle arti all'insegna di Pallade", che si prefiggeva il compito di pubblicare le opere di alcuni autori classici, ma che aveva pure lo scopo di riunire insieme alcuni patrioti liberali.
Coinvolto nel processo istruito a Firenze alla fine dell'aprile 1821 contro i carbonari, saputo che il suo nome era stato fatto dagli accusati (e infatti fu anche emesso un mandato di arresto contro di lui), perseguitato anche dalla miseria, risolse di fuggire all'estero. Fermatosi a Pisa per chiedere consiglio al Carmignani, credette di avere trovato un sicuro rifugio nella villa vicino a Lucca di proprietà di Giovanni Caselli, a cui era legato oltre che da vecchia amicizia anche dall'attività letteraria e politica. Sollecitato invece dal personale di servizio a partire, pare per ordine del proprietario, andò a Pistoia, dove, in una crisi di sconforto, si uccise il 1° maggio 1821.
Il B. pubblicò i suoi versi nelle Rime (Milano 1818); furono raccolte e pubblicate postume Le tragedie (3 voll., Firenze 1822), tutte le Opere, a cura di F. S. Orlandini, con una biografia del B. (2 voll., Firenze 1858), e le Vite d'illustri Italiani comparate agli antichi Greci e Romani (Lion 1843). Altri scritti, pubblicati postumi, sono: Tre lettere inedite di F. B. a F. Martini (Pistoia 1885); Ode in occasione del monumento eretto a Vittorio Alfieri, a cura di G. Bellucci (Perugia 1887); Una lettera di F. B. a Plinio Rossi, a cura di F. Ravagli, in Erudizione e belle lettere, Cortona 1893, n. 4; altre Lettere e poesie inedite sono in appendice a S. Marioni, F. B. (1785-1821). Inedita, nella Biblioteca nazionale di Firenze, si trova una Orazione in difesa dell'Italia e dei suoi popoli contro i retori Francesi d'Eufemio Filopatro, con note ed osservazioni d'altro Italiano, composta nel 1814.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Buongoverno Segreto, 1814-15, n. 18; 1819-21, nn. 1, 20, 102; Ibid., Buongoverno Comune, 1813, n. 684; 1818, n. 1805; 1821, nn. 1813 e 4807; Cortona, Bibl. d. Accad. Etrusca, mss. 405, 673, 686; Epistolario di V. Monti, a cura di A. Bertoldi, I (1771-1796), Firenze 1927, p. XI; IV (1812-1817), ibid. 1929, pp. 79, 80, 95, 175, 282; V (1818-1823), ibid. 1929, pp. 82, 83, 89; U. Foscolo, Epistolario, ed. naz., a cura di P. Carli, IV (1812-1813), ad Indicem; V (1814 - primo trimestre 1815), ad Indicem; L. Ciampolini. Biografia di F. B., in E. De Tipaldo, Biografie degli italiani illustri, I, Venezia 1834, pp. 206-209; G. Nolasco, F. B., in Illustr. popolare, Milano, 4 ott. 1885; Resoconto delle onoranze a F. B., in Il Popolo di Pistoia, ottobre 1886; D. Camici, Discorso in onore di F. B., in Il Paese, Pistoia, maggio 1886; S. Marioni, F. B. (1785-1821), 2 voll., Arezzo 1897; M. Baldini, L'opera lirica di F. B., Cortona 1905; A. Ottolini, Sulla morte di F. B., in Fanfulla della Domenica, 1° apr. 1918; T. Parisi, Un poeta tragico del secolo XIX (F. B. da Cortona), Piacenza 1921; G. Brunacci, F. B., in Giornale del Popolo, Roma, 17 maggio 1921; G. Mancini, Contr. dei cortonesi alla cultura italiana, in Arch. stor. ital., LXXIX, 2 (1921), pp. 167 s.; G. Mirri, Cenni biografici-letter. su F. B., in Annuario del R. Ginnasio F. Benedetti di Cortona, Cortona 1925, pp. 9-15; G. Guerrieri, F. B. da Cortona, Napoli 1927; G. Brunacci, F. B., in Polimnia, IV (1927), n. 3, p. 165; Id. (Velio Cuso), Zibaldone benedettiano, ibid., X (1933), pp. 1205-1213, 1233-1244; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1934, pp. 145, 176-79, 205, 213, 222, 272, 416, 529, 572, 705, 717, 825-29, 919, 932; I Manifesti romantici del 1816 e gli scritti principali del Conciliatore sul Romanticismo, a cura di C. Calcaterra, Torino 1950, pp. 224 s.; B. Bruni, Come nacquero in Pistoia i Parentali dei grandi italiani, in Bullett. storico pistoiese, LXIII (1961), pp. 10-22.