BENAGLIO, Francesco
Le notizie su questo pittore veronese sono estremamente scarse: è incerto l'anno di nascita, posto dubitativamente dal Gerola (1908) intorno al 1432, sulla base di un documento anagrafico del 1472, in cui l'artista è detto di quaranta anni. Ma si sa quanto fossero approssimative queste dichiarazioni: varrà in particolare a rendere questa tutt'altro che certa la constatazione che i figli Girolamo, Lodovico, Elena e Pietro vi appaiono di 7, 10, 11 e 2 anni, mentre in un'altra del 1492 figurano rispettivamente di 23, 28, 22 e 16 anni.
Il pittore, che firmò le sue opere sempre "Benalius", nei documenti è detto indifferentemente "Franciscus Benalius" e "Franciscus a Blado". Della Biada risulta infatti il cognome dei padre, Pietro, di origine bergamasca. Non si sa quando abbia assunto il cognome Benaglio, appartenente ad una nobile famiglia, anch'essa di origine bergamasca, ma residente a Verona, e che molto probabilmente lo protesse.
La prima, ed anche la più importante, notizia sul B. è del settembre 1462 e si riferisce all'esecuzione del trittico di S. Bernardino a Verona, la sua opera più famosa. Il nome del pittore appare poi in estimi ed anagrafi veronesi del 1465, del 1472 e del 1473. Nel 1475, insieme ad un altro pittore di nome Martino, non meglio identificato, è coinvolto in un processo e condannato a quattro mesi di carcere per aver dipinto figure oscene sulla facciata di palazzo Sagramoso, per ordine di alcuni nobili. L'anno dopo firma e data un affresco raffigurante i SS. Bartolomeo, Zenone, Girolamo e Francesco in S. Maria della Scala (distrutto nel 1738). Citazioni del pittore appaiono ancora negli estimi del 1482 e del 1492, ma in una anagrafe dello stesso anno suo figlio Girolamo risulta orfano di padre. Resta pertanto fissato con sicurezza al 1492 l'anno della morte dell'artista.
L'opera più importante del B. è il trittico già ricordato, raffigurante la Madonna col Bambino in trono adorata da s. Bernardino, fra i ss. Pietro, Paolo, Francesco, Girolamo, Lodovico e Antonio da Padova (ora in pinacoteca). Ritenuto dalle fonti settecentesche opera di Francesco Morone, nonostante la firma "Franciscus Benalius pinxit" sul gradino del trono, ed esaltato dalla storiografia ottocentesca per il suo "mantegnismo", è stato invece considerato dalla critica più recente una semplice e rozza imitazione del trittico eseguito dal Mantegna nel 1459 per S. Zeno.
Non è dubbio che il trittico sia stato esemplato sulla celebre opera, della quale ripete fedelmente l'impianto architettonico unificato ed anche il rapporto fra strutture dipinte e cornice. Ma i rapporti col Mantegna non vanno oltre l'accettazione dello schema compositivo, il modellato è ottenuto con passaggi meno rilevati, secondo l'immaginosa e libera trasposizione, operata dai pittori squarcioneschi, dello "stiacciato" donatelliano, dimostrando da parte del B. una pronta assimilazione anche della cultura veneziana. Le parti nelle quali il B. varia più liberamente il suo autorevole modello dovranno indicarsi nel gruppo centrale e nelle aperture di paese sul fondo, di evidente ispirazione veneziana, dove le stratificazioni geologiche care al Mantegna si rivestono di terra e di fili d'erba e la stradina luminosa segna l'ascesa del monte. Sono brani di poesia schietta che possono confrontarsi con quelli dei giovani Bellini, e soprattutto di Gentile.
Il B. sembra aver avuto presente Gentile Bellini anche quando dipinse il S. Antonio della collezione Kress di New York, firmato "Franciscus Benalius", inserito in un'architettura rinascimentale di marmi mischi e variegati, col nimbo di forma ovoidale, nel tentativo di scorciare nello spazio, come spesso nelle opere di Antonio Vivarini e di Gentile Bellini.
Altra opera certa del B. è la Madonna col Bambino già nella collezione Chalandon, a Parigi, da identificarsi, come è stato proposto (Del Bravo, 1962), con quella che all'inizio del secolo si trovava nella collezione Vallardi di Milano e recava ancora visibile sul cartiglio la firma, oggi abrasa, "Franciscus Benalius".
Alle opere firmate si collegano abbastanza strettamente la Madonna col Bambino della collezione Widener, ora nella Galleria Nazionale di Washington, e la Madonna del ventaglio del Museo di Verona, che indicano stretti rapporti con l'ambiente padovano, del quale sembrano anche condividere l'aspetto più vistoso, l'amore per la materia, connesso alle prime impressioni provocate dall'altare di Donatello, e, specie la tavola veronese, alcune inflessioni muranesi (Crivelli, Bastiani). Nella Madonna Widener e nella Madonna Chalandon è stata altresì rilevata (Longhi, 1947) la. traccia di un modello pierfranceschiano, che dovette essere noto nel Veneto poiché se ne conoscono desunzioni anche di altra mano, mentre i Bambini, come spesso nel B., dipendono dal repertorio belliniano.
Nell'ambito dei problemi connessi alla personalità del B. ricorderemo ancora il trittico con la Madonna e quattro Santi della Galleria di pal. Venezia a Roma, con la scritta falsa "Franciscus Benaglio veronesis pinxit MCDLXXX", riferito dal Santangelo (1948) e dal Coletti (1953) a Iacopo da Montagnana, nonché la pala dell'Accademia di Venezia con la Madonna fra quattro santi, attribuita dal Longhi (1927) a Gentile Bellini, con la collaborazione parziale dei fratello Giovanni.
Il problema cronologico del B. presenta aspetti tuttora insoluti, essendo di grave ostacolo, al punto attuale delle conoscenze, la mancanza di notizie sui pittori veronesi che gli furono contemporanei. Non si conoscono opere di Liberale prima della sua partenza per Siena (1466), di Domenico Morone prima dei 1481, di Francesco dai Libri prima del 1487; e si ignora completamente la produzione di numerosi Badile e dei figlio del B., Girolamo. Un gruppo di opere, chiaramente veronesi, e che forse un giorno sarà da smistare fra questi nomi, fu un tempo attribuito in parte a Girolamo e in parte a Francesco, fino a che il Gerola (1908) non preferì con buoni argomenti classificarlo con la formula critica dei "maestri del cespo di garofano".
Girolamo, figlio del B., compare in estimi ed anagrafi di Verona del 1472, 1492 e 1502. Non se ne conosce la data di nascita, che si può stabilire solo con larga approssimazione risultando in una anagrafe del 1472 di sette anni e in un'altra del 1492 di ventitrè anni; anche l'anno della morte non è noto.
Finché non furono rinvenute le notizie documentarie (Simeoni, 1903) fu creduto padre, e non figlio, di Francesco, sull'indicazione del Dal Pozzo (1718) che scrisse di possedere una tavola, probabilmente frammento di un tabernacolo, con quattro angeli, recante l'iscrizione: "Hieronymus Benalius quondam Francisci pinxit anno 1450", data che è da ritenersi letta erroneamente. Gli si attribuivano anche, in Verona, una tavola con lo Sposalizio di s. Caterina nella chiesa di S. Pietro Martire (Dal Pozzo, 1718) già smarrita alla fine del '700 ed un gruppo di opere della pinacoteca (Bernasconi, 1864; Zannandreis, 1891), queste ultime senza alcun fondamento, come dimostrò con validi argomenti il Gerola (19o8), che preferì classificarle con la formula critica, dei "maestri del cespo di garofano".
Bibl.: F. B. Dal Pozzo, Le vite de' pittori, degli scultori et architetti veronesi, Verona 1718, p. 10 (p. 9 per Girolamo); S. Maffei. Verona illustrata, Verona 1732, III, p. 284 (anche per Girolamo); G. B. Biancolini, Supplementi alla cronica di Pier Zagata, Verona 1749, p. 194 (anche per Girolamo); P. Zani, Encicl. metodica... delle belle arti, I, 3, Parma 1820, p. 193 (anche per Girolamo); G. B. da Persico, Descrizione di Verona e della sua Provincia, Verona 1820, I, pp. 75 (anche per Girolamo), 116, 211; Catal. della pinacoteca comunale di Verona, Verona 1829, p. 4; G. Vallardi, Catal. di quadri appartenenti a G. Vallardi, Milano 1830, pp. 338.; P. Nanin, Disegni di vario pitture a fresco che sono in Verona, Verona 1864, p. 14; C. Bernasconi, Studi sopra la storia della pittura italiana…, Verona 1864, pp. 242 s. (pp. 233 s. per Girolamo); I. Lermolieff (G. Morelli), Die Werke italienischer Meister in den Galerien von Miinchen, Dresden und Berlin, Leipzig 1880, p. 14; D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori e architetti veronesi (ed. Biadego), Verona 1991, pp. 38 S. (p. 37 per Girolamo); P. Kristeller, Andrea Mantegna, London 1901, pp. 55, 113, 163, 428, 445; G. Bemardini, La collezione dei quadri del Museo Civico di Verona, in Suppl. al Bollett. ufficiale del Ministero della Publ. Istr., 1902, pp. 61 s. (p. 17 per Girolamo) dell'estr.; P. Paoletti, Catal. delle RR. Gall. di Venezia, Venezia 1903, pp. 180 s.; L. Simeoni, Una vendetta signorile nel '400 e il pittore F. B., in Nuovo arch. veneto, II (1903), pp. 252, 255 s., 257 (pp. 255, 256 per Girolamo); G. Frizzoni, Alcuni appunti critici intorno alla Galleria di Verona, in Rass. d'arte, IV (1904), p. 35 n. 2; G. Bierman, Verona, Leipzig 1904, pp. 104-108 (pp. 102 s. per Girolamo); G. Gerola, Questioni storiche d'arte veronese, III, I pittori dal cespo di garofano, in Madonna Verona, II (1908), pp. 177 s. (pp. 177, 178-182 per Girolamo); L. Simeoni, Verona. Guida storico-artistica, Verona 1909, pp. XXVII, 60, 153 s., 159 s., 323 (pp. 72, 144, 323 per Girolamo); G. Biadego, Verona, Bergamo 1909, pp. 94 s.; J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, A History of Painting in North Italy, London 1912, II, pp. 168-70 (pp. 166, 167 s., per Girolamo); G. Trecca, Catal. della Pinacoteca Comunale di Verona, Bergamo 1912, pp. 13, 15, 18, 19, 134 (pp. 12, 13, 14, 16, 18, 19, 20, 47 per Girolamo); P. M. Tua, Per un elenco delle opere pittoriche della scuola veronese prima di Paolo, in Madonna Verona, VI (1912), p. 34; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VII, 3. Milano 1914, pp. 441-446 (pp. 446-448 per Girolamo); B. Berenson, Nove quadri in cerca di attribuzione, III, in Dedalo, V (1925), pp. 698, 706. 746-54 760, 762 (v. anche Three essays in method, Oxford 1926, pp. 36, 40, 53, 54, 58-60, 62); R. Longhi, Un chiaroscuro e un disegno di Giov. Bellini, in Vita artistica, II (1927), pp. 134, 135 s.; R. Wittkower, Studien zur Geschichte der Malerei in Verona, in Jahrbuch für Künstwissenschaft, XVII (1924-25), pp. 271 s., 275, 276, 278, 283, 286; XXI (1927), pp. 185, 186; E. Sandberg Vavalà, F. B., in Art in America, XXI (1933), pp. 48-65; G. Boccolini, Una tavola di F. B. nel Museo di Palazzo Venezia a Roma, in Bollett. d'arte, XXVIII (1934), pp. 272-274; B. Berenson, Pitture italiano dei Rinascimento, Milano 1936, p. 65; A. Avena, Il Museo di Castelvecchio a Verona, Roma 1937, pp. 24, 25, 37; I capolavori dei Musei veneti (catal.), Venezia 1946, p. 101; A. Avena, Capolavori della pittura veronese, Verona 1947, p. 74; R. Longhi, Calepino veneziano. Una madonna di Piero della Francesca per il Veneto, in Arte veneta, I (1947), pp. 86-88; A. Santangelo, Museo di Palazzo Venezia. Dipinti, Roma 1948, pp. 41 s.; L. Coletti, Pittura veneta del Quattrocento, Novara 1953, pp. 51 s.; S. Moschini Marconi, Gallerie dell'Accademia di Venezia. Opere d'arte dei secc. XIV e XV, Roma 1955, p. 65; P. Brugnoli, Diz. biobibl. di pittori veronesi, in Vita veronese, IX (1956), p. 114; R. Brenzoni, Sulla datazione dell'ancona di F. B. nella chiesa di S. Bernardino di Verona, in Bollett. d'arte, XLIII (1958), p. 68; A. Aldrighetti, Il Museo di Castelvecchio, Venezia 1960, p. 49; A. Mantegna (cat. della mostra di Mantova), Venezia 1961, pp. 103-105; C. Del Bravo, Sul seguito veronese di A. Mantegna, in Paragone, XIII (1962), n. 147. pp. 53, 54, 55 s., 58; J. Meyer, Allgemeines Künstler-Lexikon, III, p. 496 (anche per Girolamo); U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, III, pp. 289 s. (p. 290 per Girolamo); Encicl. Ital., VI, pp. 592 s.