BEMBO, Francesco
Nacque a Venezia, nella parrocchia dei SS. Apostoli, intorno alla metà del sec. XIV, da un ramo della famiglia patrizia dei Bembo. Il padre Giovanni lo avviò agli studi giuridici (in un documento del 1387 appare coi titolo di "peritus iuris canonici") e alla carriera ecclesiastica, che percorse favorito dall'influenza della sua casata. Per intercessione del Senato, infatti, nel 1387 ottenne il canonicato di Modone in Morea, al quale si aggiunse presto quello di S. Marco, cappella dogale. Dopo solo quattro anni, il 21 giugno 1391, resasi vacante l'importante carica di primicerio del capitolo di S. Marco, i cinque cappellani eletti dal capitolo stesso per procedere, secondo l'uso, alla scelta del successore, designarono concordemente il B., benché non ancora prete. Il doge Antonio Venier, cui spettava la ratifica della scelta, l'approvò, ma non concesse l'investitura finché egli non avesse ricevuto gli ordini sacri. La proroga fu breve: il 17 settembre dello stesso anno il B. fu insediato nella carica.
L'episodio più importante dei suo primiceriato fu il processo per la beatificazione di Giovanni Olini (1325-1393), già pievano di S. Giovanni Decollato, a lui affidato da Bonifacio IX nel 1397 e conclusosi nel 1400.
Quanto il B. fosse gradito alla Serenissima Signoria appare evidente dalle circostanze in cui fu elevato alla cattedra vescovile. Il giuspatronato che Venezia esercitava sulle diocesi del suo territorio aveva solenne manifestazione nella cerimonia di investitura dei beni temporali connessi all'episcopato da parte del doge. Ma il vescovo Leonardo Dolfin, dal 1392 sulla cattedra di Castello, si rifiutò di assoggettarsi a questo atto, cosicché la Repubblica pretese ed ottenne da Bonifacio IX il suo trasferimento e la sua sostituzione con il duttile primicerio di S. Marco (27 luglio 1401). Il 14 sett. 1401 il B. ricevette dalle mani del doge Michele Steno l'investitura temporale.
I biografi sono concordi nell'esaltare la pietà e la cultura del B., di cui sono testimonianza le lettere scritte al card. Cosmato di Bologna per promuovere la conferma dell'Ordine della penitenza di S. Domenico. Sempre in appoggio al movimento spirituale promosso dai domenicani, egli aprì nel 1412 il processo di canonizzazione di Caterina da Siena, approvando e autorizzando la predicazione in onore della santa. Dopo che Gregorio XII (il veneziano Angelo Correr) gli indirizzò nel 1407 un breve circa gli abusi di chi tentava evitare i rigori dei foro civile prendendo la tonsura poco dopo un delitto o coprendosi con lo stato clericale di cui non osservava più la disciplina, il B. convocò un sinodo per regolare l'uso dell'abito ecclesi.astico, la presenza dei pievani e titolati alla cattedrale, e anche per reprimere i bagordi che accadevano in occasione delle messe novelle. Sotto il suo episcopato ebbe luogo per la prima volta la solenne processione del Corpus Domini in piazza S. Marco (1407).
Quando il Senato, nell'agosto 1409, decise di negare l'obbedienza a Gregorio XII e di riconoscere il papa designato dal concilio di Pisa, Alessandro V, il B., coerentemente con la sua fedeltà alla Repubblica, prontamente obbedì e si pose subito al servizio del nuovo papa e poi del suo successore, Giovanni XXIII. Eseguì infatti, per loro incarico, due legazioni: una, il 23 dic. 1409, per unire al monastero delle Vergini in Venezia il priorato benedettino di S. Margherita in Polverara (Padova); l'altra, il 6 ott. 1414, per nominare priore del monastero benedettino di San Daniele (Venezia) fra' Nicolò de' Rizardi, eremita agostiniano. Il B. morì il 6 sett. 1416 e fu sepolto nella cattedrale di S. Pietro di Castello.
Nel testamento, rogato dal notaio Cipriano de' Sacheti, dava precise disposizioni perché venisse riparato e abbellito l'altare di S. Andrea apostolo nella cattedrale, presso il quale dovevano essere poste le sue spoglie. Ordinava tra l'altro che fossero venduti tutti i suoi libri e che il ricavato fosse distribuito alle chiese e ai monasteri della sua diocesi, secondo le spese da essi sostenute in occasione delle sue visite pastorali e per lavori di restauro il che fa pensare che possedesse una biblioteca fornitissima e di notevole valore. Il testamento e gli atti della "commissaria", affidata ai procuratori di S. Marco, citando per nome il padre e i sei fratelli dei B., vengono a correggere le errate parentele attribuitegli dagli alberi genealogici del Barbaro e dei Capellari Vivaro.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Senato Misti, reg. 40, f. 103 r; Ibid., Commemoriali, VIII, ff. 152, 154, 166, 184; IX, ff. 118 r-120 v; X, ff. 44, 105 v, 148 (cfr. I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, III, Venezia 1883, ad Indicem); Ibid., Testamenti, Arcangeli B., 55/18; Ibid., Procura di S. Marco de Citra, busta 18, fasc. 1; Venezia, Bibi. Naz. Marciana, cod. Ital., cl. VII 925 (= 8594): M. Barbaro, Genealogie venete, f. 111r; Ibid., cod. Ital., cl. VII, 8304 (XV): G. A. Capellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, ff. 138v-139r; Arch. di Stato di Venezia, M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, I, f. 319; F. Ughelli-N. Coleti, Italia Sacra, V, Venezia 1720, col. 1287; F. Corner, Ecclesiae Venetae, Venetiis 1749, IV, p. 77; VII, pp. 53, 67, 79, 250; X, pp. 185-189; XI, p. 88; XIII, pp. 129-131; XIV, p. 410; G. B. Galliccioli, Delle memorie venete antiche profane ed ecclesiastiche, Venezia 1795, IV, pp. 143-144; VII, pp. 30-32; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, I, Venezia 1824, p. 53-11, ibid. 1827, p. 413; VI, ibid. 1853, pp. 903, 932; A. Orsoni, Cronologia storica dei vescovi olivensi, Venezia 1828, pp. 151-154; G. Cappelletti, Storia della Chiesa di Venezia, I, Venezia 1849, pp. 383, 386-388; Fontes vitae S. Catherinae Senensis, IX, Il processo castellano, a cura di M. H. Laurent, Milano 1942, ad Indicem; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., VII, col. 978.