BELLI, Francesco
Nacque nel 1577 ad Arzignano, nel Vicentino, da nobile famiglia (per errore il Maffei, come più tardi il Quadrio, lo ha annoverato nella Verona illustrata fra gli scrittori veronesi). Trascorse buona parte della sua vita in viaggi e, per quanto si ignori se sia andato anche in Oriente (poiché l'attribuzione al B. delle Osservazioni nel viaggio in Oriente, Venezia 1622, tentata dall'Amat di San Filippo, è piuttosto dubbia), è certo che egli percorse buona parte dell'Europa, poiché mostra di conoscere direttamente la Svizzera, la Germania, l'Olanda e la Francia. Tornato in patria, abbracciò in età ormai matura lo stato ecclesiastico. Morì a Vicenza nell'anno 1644.
Accademico Olimpico di Vicenza, Occulto di Brescia, Incognito di Venezia, il B. è, però, autore di scarsa produzione poetica, di gran lunga inferiore al contributo dei maggiori marinisti di ambiente veneto: di un Ciro di Pers, poniamo, o di un Pietro Michiel. Appena degni di menzione appaiono la Canzone all'ill.mo e rev.mo monsig. Marco Giustiniani vescovo di Verona (Venezia 1632) e La notte illuminata. Idillio perlo accasamento degli ill.mi sigg. Gio. Contarini e Maria Mocenigo (Verona 1635), oltre ai sonetti sparsi che si possono leggere nella Raccolta per la Laurea del dott. Andrea Resio (Venezia 1629, p. 7) e nell'Imeneo in Pindo nelle Nozze degl'illustriss. sigg. Annibale Marescotto e Barbara Rangona (Bologna 1628, p. 86). Nella Terza Aggiunta alla suddetta raccolta si legge un altro sonetto del B., come nella Ghirlanda de' fiori poetici in morte di Giorgio Badoero (Padova 1630). Un sonetto dedicato a Ottavio Rossi fu inserito nelle Rime del Rossi (Brescia 1612); un altro sonetto, infine, e un componimento in latino sono riportati nei Poemata selectiora di J. Gaddi (Venetiis 1635, pp. 154, 155). Sappiamo anche che il B. iniziò la traduzione in volgare della Vita della b. Savina Trissino, scritta in latino da Gasparo Trissino, e che dovette tuttavia interrompere a causa dei numerosi viaggi.
Oltre alle rime, il B. compose anche discorsi d'occasione, come quello che si legge nei Discorsi accademici de' Signori Incogniti (Venezia 1635, pp. 23-37), intitolato L'amore della patria, una tragedia rappresentata dall'Accademia dei Concordi, Caterina d'Alessandria (Verona 1621), una sacra rappresentazione in prosa, L'essequie del Redentore (Venezia 1633); scrisse un romanzo dal titolo Accidenti di Cloramindo principe della Ghenuria, Venezia 1639, piuttosto importante soprattutto per il tentativo di aderenza al "reale", di ricerca di verosimiglianza, oltre alla funzione pratica che il B. intende perseguire; si veda la riprovazione programmatica - enunciata nella prefazione - della "licenza artistica" di chi si volge a "studiare soverchio alla meraviglia nella tessitura de' fatti", all'"invenzione mirabile", al "ritrovare con stravaganza", "anzi di narrare con frutto".
Quest'ultima opera introduce all'attività indubbiamente più congeniale al B., quella di prosatore, che egli svolse in conformità agli interessi dominanti dell'Accademia degli Incogniti. Nell'Accademia il B. fu tra i membri più noti ed attivi (risale al 1632, in occasione di un notevole potenziamento dell'Accademia, la canzone da lui pubblicata presso il Sarzina, Nella Rinovazione dell'Accademia degl'Incogniti eretta in casa dell'illustriss. sig. Gio. Francesco Loredano), tanto da esserne nominato segretario e da meritare il solenne elogio funebre che può leggersi nel libro Le glorie de gl'Incogniti...(Venezia 1647, p. 144). Nel 1641 il segretario dell'Accademia. Francesco Carmeni, pensò di far pubblicare a Venezia per il Sarzina una raccolta di trenta Novelle amorose dei signori Accademici Incogniti, comprendente opere di diciotto autori, tra i quali figurava anche il Belli. Per il favore incontrato presso il pubblico esse vennero ristampate l'anno successivo a Cremona, e nel '43 altre trenta novelle videro la luce a Venezia, sino a raggiungere il numero di cento nell'edizione definitiva del 1651 (Cento novelle amorose... divise in tre parti), patrocinata dal Loredano e preparata dal segretario dell'Accademia Maiolino Bisaccioni. Nella raccolta il B. è ben rappresentato: su quarantaquattro autori cinque novelle sono del B., il quale contribuisce quasi con il numero più alto, se si eccettuano le sei del Bisaccioni, del Loredan e di Pietro Michiel.
Quanto ai temi, il B. ricorre a vicende assai comuni nella novellistica del tempo ed attinge a varie fonti, come nella novella 15ª della parte I, che si richiama allo Straparola (V, 4), al Bandello (I, 23) e al Malespini (I, 44), per quell'astuta, ma ormai letterariamente trita, invenzione di Germinia che non trova di meglio che nascondere l'amante proprio dietro l'uscio di casa fino a quando il marito, ad arte attratto dai profumi di un intingolo, non ne agevola la fuga. Del resto, chiaramente assimilabile al modello boccaccesco è anche la novella 17ª della parte II che, con una di Stefano della Casa (III, 17) e una di Giovanni Dandolo (III, 6), è sicuramente da considerarsi tra le più felici invenzioni del libro. Meriti peraltro marginali, se si considera che anche le migliori novelle non emergono dalla generale mediocrità della raccolta, che rinuncia, secondo il programma di un docile ossequio alla tradizione, ad ogni genere di impegno satirico troppo esorbitante dal divertimento antifenuninista. Nelle novelle del B. l'elemento erotico e romanzesco si assimila facilmente all'ammaestramento morale e l'abuso di sentenze si stempera in una "arlecchinesca rappezzatura dello stile che accumula con, grandi sforzi metafore su metafore e comparazioni su comparazioni... in una stravagante ed esuberante erudizione che chiama a raccolta, nello stesso periodo, la mitologia e la storia, la poesia e la leggenda, i più ammirati poemi eroici e le più note leggende dell'antichità" (Di Francia).Nel complesso dell'attività del B. le pagine più vive restano le Osservazioni sul viaggio in Olanda e in Francia (pubblicate a Venezia nel 1632), iniziato nel maggio del '26 da Rotta Sabadina nel Polesine al seguito di Giorgio Zorzi, ambasciatore in Olanda, e conclusosi sulle rive dell'Oceano.
Il B. accenna nel libro ai luoghi più pittoreschi del suo itinerario: Verona, Desenzano, Bergamo, Lecco, Como; con tocchi delicati descrive il lago di Lugano e ricorda singolari incontri con gustosa vivacità, come quello avvenuto prima di arrivare a Bellinzona ("dove non si conoscono ladri, perché le merci stanno dì e notte sopra le pubbliche strade") con due guardie disarmate e un placidissimo malandrino avviato alla galera. La narrazione del B., benché quasi sempre contenuta nei limiti della scarna relazione, è piena di osservazioni su interessanti costumi locali; talvolta il B., con spirito di curioso osservatore, ci svela la sua spiccata sensibilità barocca, quando, ad esempio, si sofferma sulla fattura "bizzarra" delle case degli Svizzeri (p. 16). In genere, però, le descrizioni del paesaggio sono sommarie e tutto viene ridotto al carattere stereotipo dell'"assai vago", troppo spesso del "gentile" o "delicato", del "grazioso" o dell'"ameno". Più viva invece è la descrizione della perigliosa traversata del San Gottardo innevato (p. 76); ma subito dopo tornano le scame impressioni sulla visita alle varie città svizzere, tedesche e olandesi e sul ritorno in Italia attraverso il Moncenisio (tanto più scarna quest'ultima descrizione se paragonata alla nota e gustosissima lettera del Marino sul passaggio delle Alpi). Da buon letterato il B., appena può, non manca di far sfoggio della propria erudizione classica con citazioni e rimandi a Cesare, Plinio o Tacito.
Il B. alterna la sua relazione con un buon numero di sonetti, ventisei per l'esattezza, condotti con una ingegnosità tipicamente barocca, e inframmezzati al racconto là dove le. "ricreazioni di vista e d'animo" risvegliano "il talento poetico". Non manca neppure di rompere la monotonia del suo diario riferendo, su "quistioni" piuttosto oziose ("ciò che debba nelle cose visibili l'amante più gradir nell'amata", "se lo stato sia ereditario, o per elezione", "se la donna nello amante deggia amar più l'armi o le lettere", oppure "se il riso nasca da allegrezza o da meraviglia"), proposte quotidianamente alla discussione. Le cose più pregevoli sono da ravvisarsi in certe descrizioni (quasi graziose stampe alla maniera di altre più note delle Lettere del Testi), soprattutto sulle vesti e sul comportamento delle donne straniere, o in certe sottolineature di un tema così tipicamente barocco come quello degli orologi, quando ne incontra sui campanili delle città tedesche lungo il Reno, o delle città olandesi.
Fonti e Bibl.: G. F. Loredano, Le glorie de gli Incogniti..., Venezia 1647, pp. 144, 146; L. Allacci, Drammaturgia, accresciuta e continuata fino all'anno MDCCLV, Venezia 1755, p. 309; G. M. Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, V, Venezia 1730, p. 152; F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, III, Bologna-Milano 1742, p. 83; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 671 s.; P. Angiolgabriello di S. Maria (Paolo Calvi), Biblioteca e storia di quegli scrittori così della città come del territorio di Vicenza, Vicenza 1778, pp. 97 s.; S. Maffei, Verona illustrata, Milano 1825, parte II, libro V, p. 430; G. B. Passano, I novellieri italiani, Milano 1864 (sub voce Accad. Incogniti); P.Amat di San Filippo, Biografia dei viaggiatori italiani colla bibliografia delle loro opere, I, Roma 1882, pp. 404 s.; A. Albertazzi, Romanzieri e romanzi del Cinquecento e del Seicento, Bologna 1891, p. 219; Un'ambasceria veneta attraverso il Gottardo nel 1626, in Boll. stor. d. Svizzera ital., XIX(1897), pp. 72-87; G. B. Marchesi, Per la storia della novella italiana nel sec.XVII, Roma 1897, pp. 40, n. 3, 42, 47 s.; L. Di Francia, La Novellistica. Secc.XVI-XVII, Milano 1926, pp. 320 s.; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori. Studio bio-bibl., Roma 1927, pp. 216 s.; B. Croce, Nuovi saggi sulla lett. it. del Seicento, Bari 1931, p. 49; A. Belloni, Il Seicento, Milano s. d., p. 382; Autori italiani del '600, a c.di S. Piantanida, L. Diotallevi, G. Livraghi, Milano 1948-51, nn. 3295, 3296, 4131; G. Getto, Letteratura e poesia, in La civiltà venez. dell'età barocca, Venezia 1959, pp. 156 s.; C. Jannaco, Il Seicento, Milano 1963, pp. 91, 511, 518, 523, 551, 552, 555, 607; Dict. d'Hist. et de Géogr.Ecclés., VII, p. 904.