BEGUINOT, Francesco
Nacque a Paliano (Frosinone) il 1° ag. 1879. Figlio di Pompeo e di Giulia Schifalacqua, il B., già negli anni del ginnasio, cominciò da autodidatta lo studio del sanscrito. Sedicenne, prese a frequentare come uditore le lezioni di lingue semitiche tenute da I. Guidi alla Scuola orientale di Roma: negli anni del liceo poté così impadronirsi delle prime conoscenze di ebraico, gè'ez e amarico. Nel 1898, ottenuta la licenza liceale, si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia dell'università di Roma, dedicandosi allo studio dell'arabo sotto la guida di C. Schiaparelli. A ventidue armi, non ancora laureato, sfruttando un codice della Biblioteca Nazionale di Roma, pubblicò un primo lavoro, cioè la traduzione e il commento della Cronaca abbreviata d'Abissinia (Roma 1901), il cui testo era già stato edito, sulla base di un codice più lacunoso, da R. Basset. Nello stesso 1901 il B. entrò per concorso a far parte del personale del ministero della Guerra, dove restò in servizio fino al 1910, raggiungendo il grado di primo segretario. L'ufficio non lo distolse, però, dal lavoro scientifico: condusse a terrnine brillantemente la tesi sugli Etiopici nelle fonti greche, laureandosi nel 1904 col massimo dei voti. Negli anni seguenti pubblicò diverse note e memorie nella Rivista degli studi orientali, cosicché nel 1910 poté conseguire la libera docenza in lingue semitiche 'e storia dell'Abissinia.
Fino ad allora il B. aveva studiato linguistica sernitica in'generale, curando più specialmente l'anansi fonologica delle lingue della famiglia e approfondendo in maniera. particolare la conoscenza dell'etiopico. Il 1910 segnò una svolta nei suoi studi: nessuno in Italia si era fino a quel momento specificamente interessato dei dialetti berberi, che con l'egiziano e le lingue cuscitiche, formano, come è noto, uno dei tre rami della famiglia camitica. Gli interessi che lo Stato italiano nutriva per: la Libia in quegli anni, indussero il ministero degli Affari Esteri a organizzare una missione archeologica in Cirenaica. e Tripolitania: la missione doveva avere prevalenti finalità archeologiche, ma si ritenne utile aggregarvi anche un linguista, che, su designazione della Scuola orientale dell'università di Roma, fu il Beguinot. Questi, lasciato il servizio presso il ministero della Guerra, si recò in Libia e, da quel momento in poi, attese prevalentemente a studi di berberistica.
Il B. si trovava in Libia nei mesi immediatamente anteriori all'inizio della guerra italo-turca. Particolarmente rischioso fu il suo lavoro di raccolta di materiali linguistici nell'estate del 1911, che egli trascorse a Zuwārah, sulla costa, 120 km. a ovest di Tripoli, nei pressi della frontiera tunisina, studiando il dialetto berbero della popolazione locale, dialetto fino ad allora del tutto sconosciuto ai berberisti europei. Negli anni immediatamente- successivi, pur non tralasciando del tutto lo studio di reperti archeologici anche in Cirenaica, il B. si dedicò soprattutto a studiare idiomi, costumi e tradizioni delle popolazioni berbere della Tripolitania, approfondendo in particolare la conoscenza scientifica e pratica dei dialetti del Gebel Nefūsi.
Intanto, in connessione con la politica coloniale, l'Istituto orientale di Napoli veniva trasferito dal ministero dell'Istruzione al ministero, delle Colonie, e veniva riordinato (leggi 19 giugno e 8 sett. 1913). Tra le materie di nuova istituzione figurava il berbero: il corso fu affidato per incarico al B., che alla fine del gennaio 1914, accompagnato da un assistente indigeno, Sa'īd el-Bārūnī, si trasferiva dalla Tripolitania a Napoli per cominciare le lezioni. Un anno dopo il ministero delle Colonie metteva a concorso la cattedra di berbero che fu occupata dal Beguinot.
Il B. poté così dedicarsi con pieno impegno all'attività scientifica e didattica nell'ambito dell'Istituto orientale, di cui fu direttore dal 1917 al 1921, dal 1925 al 1940, dal 1944 al 1947. Sul piano scientifico, la sua attività di berberista culminava col volume Il berbero Nefūsi di Fassāṭo(1 ed., Napoli 1931; 2 ed., ibid. 1942), accolto con estremo favore dagli specialisti (cfr. le rec. di C. A. Nallino, in Oriente moderno, XI [1931], pp. 467-69; G. Marcy, in Hespéris, XII[1932], pp. 94-98).
Oltre che direttore dell'Istituto orientale e direttore della sezione di africanistica, il B. ebbe anche numerosi altri incarichi di insegnamento: presso l'Istituto di istituzioni islamiche e, poi, di filologia camito-semitica; di storia dei paesi dell'Africa italiana e di introduzione allo studio delle lingue dell'Africa nella Scuola di perfezionamento in studi coloniali dello stesso Istitutp; di filologia e di antichità libico-berbere Presso l'università di Roma, ecc., Nel 1934, insieme con E. Migliorini ed E. Scarin, il B. aveva partecipato alla sesta missione organizzata dalla Società geografica italiana per l'esplorazione scientifica del Fezzan e dell'oasi di Gāt.
La missione ebbe, per merito del B., notevoli risultati: un'accurata Revisione dei toponimi usati per le carte al 100.000 e al 400.000 dei luoghi; la scoperta e lo studio di un nuovo idioma dialettale berbero localizzato intorno, a el-Fògaha; infine lo studio di molte migliaia di iscrizioni rupestri in caratteri tifīnagh, dellequali, tra calchi, copie e fotografie, egli riprodusse 220 esemplari.
Nella relazione al concorso del B., nel 1915, un solo appunto era mosso al candidato: "Meno versato invece è apparso nella lessicologia comparata dei dialetti berberi dell'Algeria e del Marocco; inoltre gli si può muovere l'appunto di non conoscere l'alfabeto 'tifinagh' usato dai Tuaregh". Il B. dedicò gli ultimi quindici anni della sua vita a rìspondere, per dir così, a questo antico appunto. Si dedicò anzitutto alla classificazione per tipi delle iscrizioni in caratteri tifīnagh, isolando quelle più semplici da quelle più lunghe e complesse, di più difficile interpretazione. Egli sperava che si potesse addivenire presto alla completa decifrazione e interpretazione del materiale libico antico, del quale accentuò l'importanza linguistica ai fini della ricostruzione del protoberbero, concepito come anello intermedio di congiunzione tra protosemitico e protocamitico. Questa ipotesi, per i modi con cui fu sosteriuta, può lasciare oggi qualche dubbio: l'idea del B., che le basi lessicali berbere fossero basi, protosemitiche "che... hanno perduto uno o due degli elementi consonantici originari" di antiche basi triconsonantiche, non pare più accettabile in questi termini. Ma su tale strada il B. accumulò una serie di studi ed esplorazioni i cui risultati, in parte ancora inediti (e tali, inediti sono attualmente allo studio del successore del B. nella cattedra di semitistica dell'Istituto universitario cirientale, il prof. G. Garbini), sono tuttora in larga, misura validi e sempre di estremo interesse, per lo scrupolo filologico che li sostiene, per la dottrina e l'acume del Beguinot. E vi è ancora, in tali studi, un aspetto che sarebbe errore tacere. Come è stato ben osservato "i lavori pubblicati dal B. sono per la massima parte note... relative agli studi africani e mediterranei sotto diversi aspetti: linguistica, letteratura, antichità, storia, epigrafia, religioni, etnologia, toponomastica, esame dei rapporti tra l'ambiente fisico e la storia del Nord-Africa, ecc. Questa, vastità di materia corrispondeva alla convinzione che il Nord-Africa andasse studiato come un unico complesso organico sotto tutti gli aspetti di ambiente e di vita". Il B. era stato all'avanguardia, con i suoi studi ciicoscritti e seri, da giovane, quando negli studi semitistici e berberistici aveva introdotto, sulle orme di H. Stumme, il metodo di analisi comparativa basato su sicure corrispondenze fonologiche tra le lingue del gruppo., Era un'acquisizione vecchia di cento anni nel settore delle lingue ario-europee: ma nel campo della semitistica era, un'acquisizione ancora da compiere (e, forse, se è lecito un giudizio, ancor oggi non del tutto pienamente assimilata da tutti i cultori di questo ramo, delle indagini linguistiche). Ma fu ancora all'avanguardia da anziano e ormai affermato maestro: la coscienza delle interrelazioni tra fatti linguistici e fatti etnologici, culturali, storico-sociologici, che domina gli ultimi scritti del B., è ancora oggi, una meta non raggiunta da molti che praticano e insegnano ex cathedra materie linguistiche. Era proprio questo equilibrio tra esigenze della specializzazione linguistica ed esigenze di visione storica globale che dava agli scritti e alle lezioni del B. il, loro fascino: agli allievi egli sapeva "dare... accanto alla preparazione linguistica, una preparazione... fatta talvolta di profonda analisi storica e psicologica, talvolta di semplici, ma acute osservazioni, sempre di preziose nozioni sulla vita, la cultura, le abitudini, le manifestazioni religiose, le tradizioni, le superstizioni, i pregi e i difetti delle genti berbere:... soleva parlare di tutto questo per ore ed ore trasfondendo nei giovani... questi sentimenti di umana comprensione che considerava indispensabili nei rapporti con popoli di razza e civiltà diverse" (F. B., in Annali d. Ist. orientale, cit.).
Il B. morì a Napoli il 2 marzo 1953.
Una completa bibliografia degli scritti del B. fino al 1949 è stata pubbl. nel volume dedicatogli per il settantesimo compleanno. Annalid. Ist. univers. Orientale, n. s., III (1949), pp. 7 ss.; dopo quella data il B. pubblicò anche: I fattori essenziali della civiltà mediterranea, in Atti del I Convegno internaz. di studi mediterranei, Palermo 1951, pp. 57-60; Gli studi sull'epigrafia libica e sulle iscrizioni tuaregh fatti in Italia nell'ultimo quarantennio, in Libia, I(1953), pp. 83-90; Elementi di linguistica, in L'Africa nei suoi aspetti geografici, storici ed umanistici, Roma 1953, pp. 50-57.
Bibl.: Sul B. esistono solo necrologi, tra i quali più utili sono quelli in Annali d. Ist. Orientale di Napoli, n. s., V (1953), pp. 3 ss.; in Riv. geografica italiana, LX (1953), pp. 245-263.