BARBAVARA, Francesco
Figlio di Giacomo, cittadino novaresel passato al servizio dei Visconti e più tardi governatore di Cremona, si ignora l'anno della sua nascita, il suo curriculum di studi e l'attività svolta nella prima giovinezza; è certo però che fu ammesso a corte, con il fratello Marcolino, per merito del padre e del cugino omonimo, rninistro di Gian Galeazzo Visconti e poi di Filippo Maria. La prima menzione di lui si ha in un documento di acquisto di certi beni da Filippo e fratelli de Caciis. Dal 1425 in poi figura costantemente come cancelliere e segretario di Filippo Maria Visconti: in qualche tardo documento figura anche come consigliere, ma è incerto se abbia fatto veramente parte del Consiglio segreto. È certo peraltro che il B. dovette godere di grande prestigio e autorità presso il duca, in nome del quale trattò spesso importanti affari politici e diplomatici.
Di fronte alle insicure e instabili alleanze con gli stati italiani, il B. sostenne la necessità di basare la politica estera milanese sull'amicizia con l'Impero, che poteva costituire anche una garanzia di natura giuridica per i Visconti. Seguì personalmente lo svolgimento delle relazioni diplomatiche con la corte imperiale, alla quale fece inviare dal duca i migliori funzionari Milanesi. Il 24 febbr. 1427 inviò al vescovo di Veszprém. un'epistola latina per il re Sigismondo: in essa vi esortava il re dei Romani a venire in Italia per dare un assetto alla situazione della penisola. Analogo invito il B. rivolse alcuni anni più tardi, vedendo alfine esaudito il suo desiderio con la coronazione imperiale di Sigismondo, avvenuta nella basilica di S. Ambrogio il 25 nov. 1431.
Il 6 dic. 1429,con atto rogato da Donato de Cisero de Herba, il B. venne creato notaio, per privilegio imperiale, dal dottore in legge e consigliere ducale Cristoforo da Velate, conte palatino: il privilegio venne confermato dal duca di Milano il 14 dicembre successivo. Risulta però che il B. non rogò altri atti all'infuori di quelli sottoscritti in nome dei duca o in qualità di suo procuratore. In tale veste, ad esempio, redasse e sottoscrisse i capitoli per la condotta di Nicolò da Tolentino il 28 sett. 1429 e l'11 nov. 1430; il 27 apr. 1431 rogò e sottoscrisse una convenzione tra il duca di Milano e il marchese Rolando Pallavicini.
L'attività politica e anuninistrativa non impedirono al B. di partecipare attivamente alla vita culturale del tempo, facendosene anzi promotore, e raccogliendo intorno alla corte di Filippo Maria Visconti uno stuolo di letterati e di poeti, che sotto la sua protezione e il suo impulso fecero di Pavia e di Milano due importanti centri del rinascimento umanistico. Il B., con la collaborazione dei fratelli Marcolino e Giovanni, riuscì ad ottenere dal duca sussidi e incarichi nella cancelleria viscontea per molti letterati e uomini di cultura, i quali poi, paragonandolo al celebre ministro di Augusto ed esaltandone l'opera illuminata a fianco del principe milanese, lo chiamarono il "Mecenate". L'iniziativa fu dovuta probabilmente al Panormita, che, presentato al B. dall'arcivescovo di Milano Bartolomeo Capra nel 1429 come aspirante alla nomina di poeta ufficiale di corte, ottenne poi dal duca un posto allo Studio di Pavia con uno stipendio insolitamente cospicuo.
Al cerchio di umanisti che faceva capo al B. appartennero, oltre al Panormita, Antonio Cremona, Francesco Pizolpasso, Bartolomeo Capra, Antonio da Rho, Gasparino Barzizza, Giacomo Becchetti, Cambio Zambeccari, Gerardo Landriani, Pier Candido Decembrio e alcuni funzionari della cancelleria ducale: Luigi Crotto, Domenico Feruffìni, Andrea Palazzi (anche lui creato notaio nel 1429 COI B.) e Francesco Piccinino. Tra i più intimi del B. furono il Pizolpasso, il Barzizza, il Becchetti e il Cremona; il Panormita gli tributò lodi ed esaltazioni senza pari: lo chiamò "virum divinum", "virum immortalem", "sanctissimuni".
Nel 1432, quando l'autorità e il prestigio del B. sembravano al vertice, egli ebbe improvvisamente uno scontro con il duca, che lo allontanò da Milano assegnandogli l'ufficio di console a Savona: all'incidente non erano state estranee certe intemperanze del Panormita e le sue polemiche sempre più vivaci con alcuni letterati, in particolare con Antonio da Rho. Il B. fu seguito, in quella specie di esilio, da Antonio Cremona, che in una lettera del 15 ag. 1433 a Francesco Pizolpasso, allora a Basilea per il concilio, ne ammirava la stoica serenità nella disgrazia e l'immutata fedeltà al suo signore (R. Sabbadini, Ottanta lettere..., pp.51 s.). Difatti poco dopo il B. rientrò nelle grazie di Filippo Maria, che gli affidò nuovi incarichi.
Nel 1437 andò quale oratore del duca di Milano al concilio di Basilea, ove si trovò in una posizione spesso ingrata, perché il Visconti, in dipendenza dei suoi interessi in Italia, continuava a barcamenarsi in una politica di promesse e di minacce tra il papa e il concilio. Il B. restò a Basilea anche dopo che Eugenio IV ebbe trasferito il concilio a Ferrara; ma quando nella XXX sessione il concilio dichiarò il papa sospeso dalle sue funzioni, gli ambasciatori del duca disapprovarono apertamente e nella riunione del 10 marzo 1438 il B. dichiarò ai conciliari che il suo signore "licet potuisset habere ad manum suam Romam et Bononiam personanique pape, nunquam tamen dux ipse voluerat" (Mon. Conciliorum Generalium saeculidecimi quinti, III, Vindobonae-Basileae 1876, p. 64). Nelle riunioni successive intervenne più volte in appoggio al Pizolpasso - divenuto arcivescovo di Milano - per protestare contro i deliberati della maggioranza; nella seduta del 28 apr. 1438 presentò, col vescovo di Albenga, una energica richiesta, a nome del duca di Milano, perché si desistesse dal procedere contro il papa, minacciando di inficiare di nullità ogni atto dell'assemblea. Le minacce che il B. fece intravedere dovettero essere però di altra natura, perché dopo il suo intervento corse voce tra i conciliari "quod dux Mediolanensis promiserat Pape quod infra duos proximos menses Concilium Basiliense totaliter vellet dissolvere" (Concilium Basiliense, V, a cura di G. Beckmann, R. Wackemagel, G. Coggiola, Basel 1904, pp. 159 S.).
Il B. rimase a Basilea almeno fino all'ottobre del 1438. Tornato in patria, fu inviato dal duca suo luogotenente a Parma, donde era richiamato il 29 luglio 1440, temporaneamente sostituito da Biagio Assereto dei Visconti. In seguito si hanno di lui pochissime notizie: nel 1444 era ancora presso Filippo Maria Visconti con le funzioni di segretario ducale, insieme al fratello Marcolino; il 14 genn. 1445 venne inviato, come oratore e plenipotenziario del duca, al papa Eugenio IV per trattare e sottoscrivere una lega tra il pontefice e Milano. In quegli anni si era verificato probabilmente un certo declino del B.: dal 1445 non si hanno più notizie.
Fonti e Bibl.: Alcune notizie sul B. in Arch. di Stato di Milano, Fondo di Religione, p.m., cart. 2115. Documenti e regesti di documenti nelle seguenti pubblicazioni: P. C. Decembrii 0Puscola historica,in Rer. Italic. Script.,2 ediz., XX, 1, a cura di A. Butti, pp. 348 s.; L. Osio, Documenti diplomatici tratti dagli Archivi milanesi, III, Milano 1872, passim;R. Sabbadini, Ottanta lettere inedite del Panormita tratte dai codici milanesi,Catania 1910, passim (v. Indice); I registri viscontei,Milano 1915, pp. So, 59, 95; Gli atti cancellereschi viscontei, I, Milano 1920, passim; II, ibid. 1929" passim (v. Indice); I Registri dell'Ufficio degli Statuti di Milano,Milano 1920, p. 41; F. Argelati, Bibliotheca Scriptorum Mediolanensium, II, 1, Mediolani 1745, pp. 116 s.; R. Sabbadini, Cronologia della vita del Panormita e del Valla, in L. Barozzi R. Sabbadini, Studi sul Panormita e sul Valla,Firenze 1891, pp. 4, 5, 40, 44, 45; R. Maiocchi, F - B. durante la reggenza di Caterina Visconti secondo i documenti dell'Archivio civico di Pavia,in Miscell. di storia ital.,s. 3, IV (1898), pp. 285 s.; F. Fossati Rapporti tra una "terra" e i suoi signori. Vigevano e i duchi di Milano nel sec. XV,in Arch. stor. lombardo, XLI,1 (1914), p. 124; G. Resta, L'epistolario del Panormita,Messina 1954, pp. 15, 17, 19,23,81, 148, 149, 176,203,218; E. Garin, La cultura milanese nella prima metà del XV secolo,in Storia di Milano, VI, Milano 1955, pp. 592, 595, 597; A. Paredi, La biblioteca del Pizolpasso,Milano 1961, pp. 52-54, 206.