AZZURRI, Francesco
Nacque a Roma nel 1827. Nipote dell'architetto Giovanni Azzurri (Roma 1792-ivi 1858), fu suo allievo all'Accademia romana di belle arti, subendone l'influenza neorinascimentale, che era alla base del suo insegnamento e delle sue esperienze architettoniche.
Giovanni era stato a sua volta allievo di Raffaello Stern ed era uno dei migliori esponenti del neoclassicismo romano che interpretò con un rigore storicistico certo limitativo dell'espressività architettonica, ma che gli permise comunque la realizzazione di alcune felici opere, quali il Casino del Bosco Parrasio alle pendici del Gianicolo o i palazzi Galitzin e Guglielmi a Civitavecchia; restaurò inoltre il celebre mosaico barberiniano di Palestrina.
Il giovane Francesco si trovò dunque ad operare all'inizio della sua attività in un ambiente, quale quello romano, certo non aperto alle esperienze europee che in quegli anni tendevano a svincolare il fare architettonico dallo stilismo dominante per legarlo invece ad una problematica sociale di più vaste dimensioni: lo stesso movimento neogotico, che nell'ambito dello stilismo rappresentava l'aspetto più progressivo, non trovava in Roma le premesse adatte alla sua affermazione. L'A. quindi si trovò ad abbracciare il filone neorinascimentale che, permettendogli di dare per risolti a priori i problerni linguistici, lo lasciava libero nella ricerca funzionale dell'organismo architettonico. Tale fenomeno di scissione della progettazione in due distinti momenti, comune a gran parte delle esperienze contemporanee all'A., è verificabile nella sua vasta produzione di architettura ospedaliera, nella quale giunse ad alcuni notevoli risultati per quanto riguarda la impostazione funzionale: nel 1862 costruì a Roma l'ospedale di S. Maria della Pietà e nel 1867 l'ospedale Fate-bene-Fratelli all'Isola Tiberina, tra il 1862 ed il 1870 i manicomi di Siena ed Alessandria.
Nel 1880 l'A. venne eletto presidente dell'Accademia di S. Luca, e dal 1880 al 1886 progettò ed eseguì la sua opera maggiore: il Teatro drammatico nazionale, sul primo tratto di via IV Novembre in Roma, commissionatogli dalla "Società dei lavori drammatici", poi demolito per far posto all'anacronistico e retorico edificio dell'Istituto Assicurazioni Infortuni.
Dai documenti fotografici rimasti del Teatro Nazionale si può valutare la nitida, anche se modesta, interpretazione dei modelli rinascimentali che l'A. usa con un gusto sicuro e aderente alle specifiche esigenze funzionali e costruttive del tema particolare; da notare inoltre l'intelligente inserimento nell'organismo urbano, ottenuto mediante l'elemento della scalinata di accesso ed il calibrato proporzionamento degli elementi di facciata. La limitata portata culturale dell'organismo architettonico (così come per la maggior parte delle sue opere) viene riscattata dall'onestà della sua ricerca che tende ad attualizzare le forme storiche in una versione caratterizzata da un rigore critico che gli fa evitare l'eclettismo manieristico.
La sua impostazione metodologica derivò probabilmente all'A. dalla pratica del restauro architettonico iniziata sindal 1861 col restauro dell'oratorio dell'Arciconfraternita del Gonfalone a Roma, nel quale costruì la cappella di S. Lucia, e proseguita poi col restauro di S. Maria in Monticelli all'Arenula e del palazzo della Cancelleria.
L'albergo Bristol in piazza Barberini a Roma (demolito anch'esso dopo la morte dell'A.) è un'opera che, pur riallacciandosi formalmente all'esperienza del Teatro nazionale, non riesce a raggiungerne la misurata composizione; più notevole impegno si può invece riconoscere nella cancellata di palazzo Barberini lungo la via Quattro Fontane, nella quale l'A. dimostra un interesse per alcune modulazioni sintattiche proprie dell'architettura barocca, interesse senz'altro nuovo per quei tempi nei quali la valutazione critica dell'epoca barocca non era stata ancora iniziata, pesando peraltro su di essa uno schiacciante giudizio negativo.
Fra le molte opere minori dell'A. vanno ricordati gli edifici romani di via del Tritone (con decorazioni in maiolica), la casa graffita in via del Teatro di Pompeo, il palazzo Caffarelli (ex Negroni) in via Condotti, l'edificio isolato in piazza Pollarola, il palazzo Pericoli in via di Monserrato, il villino Semiradski in piazza Indipendenza.
L'ultima fase della sua attività è caratterizzata dall'introdursi nei suoi modi stilistici di motivi eclettici, come dimostra una delle sue ultime realizzazioni, il Palazzo del governo della Repubblica di San Marino (1894), i cui accenti neogotici indicano l'allontanarsi dell'A. dall'equilibrato classicismo che qualificava le opere della maturità, i cui motivi ideali non riuscivano più a trovare un'aderenza positiva allo sviluppo della cultura italiana e nello stesso tempo non contenevano in sé stessi le premesse per una loro concreta evoluzione. Nel 1897 l'A. fu nella commissione di concorso per il nuovo palazzo della Cassa di Risparmio a Pistoia.
Morì a Roma l'8 luglio 1901.
Tra i suoi scritti: La nuova sala Amici nell'ospedale Fatebenefratelli all'isola Tiberina, Roma 1865; I nuovi restauri nell'archispedale di S. Spirito in Saxia, ibid. 1868; Cenni sul brefotrofio romano, ibid. 1880; Esposizione di Belle arti, Roma 1882-83: relazione ibid. 1882; Riforme e miglioramenti eseguiti nel manicomio di S. Anna della Pietà in Roma, ibid. 1893; Il manicomio cantonale ticinese in Gasvegno, Siena 1900; Commemorazione del prof. Cesare Mariani letta nell'Accad. di S. Luca, Roma 1901.
Fonti e Bibl.: F. Azzurri, Lettere a T. Massarani, in Una nobile vita, carteggio di T. Massarani, a cura di R. Barbiera, Firenze 1900, pp. 228-271;T. Massarani, Diporti e veglie, a cura di G. Natali, Firenze 1910, pp. 432-464; G. De Angelis D'Ossat, L'architettura a Roma negli ultimi tre decenni del secolo XIX, in Annuario dell'Accademia di S. Luca, Roma 1942, passim; E. Lavagnino, L'Arte moderna, Torino 1956, pp. 533 s., 537; M. Piacentini e F. Guidi, Le vicende edilizie di Roma dal 1870 ad oggi, Roma 1952, p. 70; P. Portoghesi, La vicenda romana, in La casa, Roma 1959, n. 6, pp. 55, 94;S. Tadolini, F. A. e la cancellata di Palazzo Barberini, in Strenna dei Romanisti, Roma 1961, pp. 145-147; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, II, p. 297; Encicl. Ital., V, p. 726.