ZOPPI, Francesco Antonio (in religione Francesco Maria)
– Nacque il 6 giugno 1765 a Cannobio da Francesco e Maria Francesca Branca e venne battezzato con il nome di Francesco Antonio.
Dopo aver ricevuto una solida formazione in umane lettere e filosofia nel seminario di Milano, il 28 maggio 1788 ottenne il dottorato in teologia e diritto canonico presso l’Università di Pavia e, ordinato sacerdote il 20 dicembre dello stesso anno, entrò a far parte della congregazione degli Oblati dei Ss. Ambrogio e Carlo, pronunciando il particolare voto di obbedienza all’autorità vescovile e assumendo il nome di Francesco Maria, con il quale è ricordato.
L’ingresso nel sodalizio di origine borromaica gli consentì di maturare le prime esperienze nell’insegnamento della grammatica; attività che svolse presso il collegio di Gorla Minore fino al 1790, allorquando l’arcivescovo di Milano Filippo Maria Visconti lo nominò vicario e provisitatore nelle Tre Valli elvetiche di Leventina, Blenio e Riviera. Durante la permanenza in area ticinese – territorio soggetto alla giurisdizione spirituale dell’arcidiocesi di Milano – Zoppi si impegnò a promuovere la formazione del clero locale. In particolare, dopo avere avviato intense trattative con le autorità civili elvetiche, il 4 novembre 1796 favorì la riapertura del seminario ticinese di Pollegio, istituito il 6 giugno 1622 dal cardinale Federico Borromeo e che era stato soppresso negli anni precedenti a causa dell’assenza di fondi, e di cui divenne rettore.
Apprezzato dall’arcivescovo Visconti per l’elevata preparazione teologica, nel 1799 fu richiamato a Milano, dove fu nominato ripetitore di teologia dogmatica e morale, professore di lingue orientali, nonché rettore presso il seminario della canonica; ruolo che mantenne fino al 1803, quando nel contesto della Repubblica italiana napoleonica gli fu affidata la titolarità della parrocchia di S. Pietro in Caminadella, in cui istituì la compagnia del SS. Sacramento.
Nel 1808 fu nominato parroco della basilica collegiata di S. Stefano e continuò a mostrarsi sensibile alla formazione spirituale del clero e dei fedeli e alla diffusione della pratica devozionale, col fornire un impulso significativo all’esecuzione degli esercizi spirituali e ai culti del Crocifisso e della Beata Vergine Addolorata. È in questo quadro, che fu altresì contrassegnato dal tentativo di provvedere all’educazione dei fanciulli e alle iniziative di carattere assistenziale in favore degli ammalati e degli indigenti, che ottenne una certa celebrità per le sue doti di predicatore. Inoltre, in questi anni, egli strinse intensi rapporti con uomini di cultura ed esponenti delle alte gerarchie ecclesiastiche presenti nella capitale del Regno d’Italia napoleonico, quali il filologo ed epigrafista Giovanni Labus, il vicario generale Carlo Sozzi e il vescovo di Macerata e Tolentino – confinato a Milano per aver ricusato di prestare il giuramento di fedeltà a Napoleone Bonaparte – Vincenzo Maria Strambi, di cui divenne confessore.
Sebbene non risulti agevole valutarne la posizione maturata nei confronti del regime francese, è tuttavia significativo segnalare come, all’indomani della caduta del governo napoleonico, egli mosse una pesante critica nei confronti dei «nemici», ormai sconfitti, del pontefice Pio VII, del quale, al contrario, si prodigava di esaltare le doti (Omelie, panegirici e sermoni..., II, Milano 1842, p. 514).
Negli anni della Restaurazione, oltre a entrare in contatto con i celebri esponenti del laicato cattolico milanese Francesco Pertusati, Giacomo Mellerio e Carlo Arconati, aderì alla Pia unione di carità e beneficenza e all’Amicizia cristiana; divenne uno dei più attivi sostenitori dei movimenti di rinascita religiosa, culturale, assistenziale ed educativa del periodo. La sua azione nell’ambito della formazione e della beneficenza culminò nel 1816 nell’appoggio conferito alle Figlie della carità, la congregazione preposta all’educazione e alla cura delle ragazze povere e abbandonate fondata a Verona, nel 1808, dalla marchesa Maddalena di Canossa. Oltre ad accogliere e a fare proprie le istanze della contessa Carolina Durini – sostenitrice del sodalizio nel contesto milanese – Zoppi concesse alle canossiane uno stabile presso la propria parrocchia, ponendo così le basi per la posteriore erezione canonica dell’Istituto canossiano in Milano (1823). Inoltre, nel corrispondere alle finalità di carattere assistenziale, a partire dal 1817 si prodigò di sostenere lo sviluppo delle Case d’industria, gli istituti di beneficenza di matrice governativa preposti alla formazione professionale dei mendicanti e di cui, in quegli anni, il regime imperiale si era fatto promotore; impegno che gli valse la sovrana approvazione dell’imperatore Francesco I e che contribuì ad aumentarne la popolarità nei domini asburgici nella penisola.
Il 17 novembre 1823, dopo che l’arciduca Francesco IV d’Asburgo Este ne aveva cercato la cooperazione per istituire a Correggio una congregazione affine a quella degli oblati, fu nominato vescovo di Massa Ducale, la sede episcopale di cui Pio VII aveva decretato la fondazione il 18 febbraio 1822 con la pubblicazione della bolla Singularis Romanorum Pontificum e di cui Zoppi prese possesso nel gennaio del 1824. Sostenuto dalla duchessa di Massa e principessa di Carrara Maria Beatrice Ricciarda d’Este, madre dell’arciduca Francesco IV, all’indomani del proprio insediamento si impegnò a pianificare l’organizzazione della diocesi che, all’epoca, era costituita da centododici parrocchie, in buona parte ubicate in zone impervie e montuose e sovente sprovviste di clero e degli opportuni mezzi finanziari. Oltre a dotare la curia vescovile e i suoi uffici di una solida struttura interna, egli compì due visite pastorali, durante le quali si prodigò per raccogliere la documentazione da destinare al nuovo archivio diocesano. In aggiunta, si impegnò a diffondere presso il clero locale la pratica degli esercizi spirituali e l’insegnamento della dottrina cristiana, nonché a promuovere l’istituzione di scuole per l’istruzione gratuita e a favorire il restauro e la riapertura al culto cattolico di alcuni oratori e santuari precedentemente soppressi. Accanto a questi aspetti, occorre inoltre riferire dell’impulso che egli diede all’organizzazione del primo sinodo diocesano e, specialmente, alla fondazione del seminario minore di Castelnuovo di Garfagnana (1827), del seminario maggiore di Massa (1830) e del seminario minore di Pontebosio (un istituto, quest’ultimo, che entrò tuttavia in funzione solamente nel 1836, nel periodo in cui Zoppi, dimissionario, aveva già fatto ritorno a Milano).
Il 1° ottobre 1832, egli rinunciò infatti formalmente alla titolarità della diocesi di Massa Ducale, attribuendo la scelta al sensibile peggioramento delle proprie condizioni di salute. Tuttavia, poco prima di dimettersi, Zoppi non aveva fatto mistero di avere dovuto affrontare, nei tempi più recenti, crescenti difficoltà, a causa dell’«astuzia dell’uomo nemico e per l’impero delle cattive consuetudini e per una certa sventurata combinazione di tempi e di animi» (Vaccaro, 1993, p. 4039); un’espressione dietro cui taluni hanno scorto un riferimento al possibile peggioramento nei rapporti con l’arciduca Francesco IV o con il governatore Giuseppe Petrozzani e il capo della polizia Andrea Desperati per le proprie presunte simpatie per le istanze patriottiche.
Ritornato a Milano con il titolo di vescovo di Gera in partibus e sostituito alcuni mesi più tardi alla guida della diocesi massese dall’arciprete della cattedrale di Reggio nell’Emilia Francesco Strani, divenne canonico del duomo (23 aprile 1833), per poi ritirarsi, in età ormai avanzata, nella nativa Cannobio, dove morì l’8 aprile del 1841. Il suo corpo fu sepolto nella chiesa locale di S. Giustina, annessa all’antico convento delle orsoline, mentre il cuore fu inviato a Massa e tumulato nel duomo.
Nel testamento, datato 18 gennaio 1839 e della cui esecuzione fu incaricato il conte Giacomo Mellerio, oltre a destinare proventi per l’istituzione di alunnati nei seminari di Novara, Milano e Massa e per la creazione di legati pii, nominò eredi le Figlie della carità affinché potessero aprire una nuova casa a Milano presso la parrocchia di S. Simpliciano. Nel rispetto delle sue ultime volontà, i libri e i paramenti personali furono donati al seminario di Massa.
Opere. Omelie, panegirici e sermoni del prevosto paroco in Santo Stefano di Milano Francesco Maria Zoppi poi primo Vescovo di Massa Carrara, I-IV, Milano 1841-1847.
Fonti e Bibl.: Lugano, Archivio vescovile, Fondo Tre Valli, Codice di lettere dello Zoppi 1790-1797; Milano, Archivio storico diocesano, Ordinazioni, R 250, Y 6090; Carteggio Ufficiale; cc. 184, 190, 205, 274; Veneranda biblioteca Ambrosiana, I 383/1 inf., I 383/3 inf., I 383/6 inf., I 383/10 inf., I 383/11 inf.,I 383/14 inf.; Rho, Archivio degli Oblati, Fondo oblati, Acta Congregationis, b. 17; Massa, Archivio Storico Diocesano, Fondo della Curia Vescovile, Ordini e pastorali del vescovo, b. 1 (1-56); b. 2 (fasc. 1-26).
L’amico cattolico, VII (1847), 23, 1, pp. 401-421; L. Mussi, Alcune memorie di mons. F. M. Z., primo Vescovo di Massa, Assisi 1916; Id., Intorno alle dimissioni di mons. F. M. Z., primo Vescovo di Massa, Massa 1919; L. Zammaretti, Nel centenario della fondazione del Monastero delle Orsoline in Cannobio, 1837-1937: la figura di mons. F. M. Z., primo Vescovo di Massa, Novara 1937, passim; Helvetia Sacra, VI/1, a cura di P. Braun - H.J. Gilomen, Basel-Frankfurt am Main 1989, p. 429; Lettere pastorali dei vescovi della Toscana, a cura di B. Bocchini Camaiani - D. Menozzi, Genova 1990, pp. 145 s.; L. Vaccaro, Z. F. M. (1765-1841), in Dizionario della Chiesa Ambrosiana, VI, Milano 1993, pp. 4037-4039; Helvetia Sacra, VIII/I, a cura di P. Braun, Basel-Frankfurt am Main 1994, p. 105.