MARSILLI, Francesco Antonio
Nacque a Rovereto il 19 marzo 1804 da Andrea, imprenditore tessile, e da Gioseffa Gasperini.
Svolse i primi studi sotto la guida dell’abate L. Sonn, dal quale fu introdotto nella cerchia di A. Rosmini Serbati, e frequentò il liceo a Trento, manifestando ben presto attitudine alla poesia (Versi per la consacrazione di mons. F.S. Luschin, Trento 1823). Nel 1825 a Vienna, oltre a far pratica di affari commerciali, intraprese gli studi di legge, per passare, nel 1826, all’Università di Padova nell’intento di avvicinarsi a Rovereto e contribuire saltuariamente all’impresa familiare, data l’età avanzata del padre; nel 1828 fu costretto a interrompere definitivamente gli studi per dedicarsi all’attività imprenditoriale. Tuttavia il M. non abbandonò la scrittura poetica, prevalentemente d’occasione e vernacolare, nonché i contatti con intellettuali e letterati conosciuti a Padova, come il poeta L. Carrer, grazie al quale poté confrontarsi con le più aggiornate istanze letterarie italiane ed europee, oltre a collaborare, tra il 1834 e il 1837, alla rivista veneziana Il Gondoliere e alle Biografie degli italiani illustri curate da E. De Tipaldo.
Negli anni Trenta il M. alternò al commercio l’attività intellettuale, che svolse dal 1829 come socio dell’Accademia roveretana degli Agiati, nella quale presentò dissertazioni principalmente letterarie e occasionalmente di economia e politica. Nominato segretario alle corrispondenze nel 1839, procurò con la sua intermediazione numerosi soci, oltre a divenire il principale referente in materia letteraria, anche grazie all’attività giornalistica svolta dal 1833 al 1836 come direttore dell’Appendice scientifico-letteraria del Messaggere tirolese. Acquisì così influenza sulla politica culturale ed economica del Trentino e strinse rapporti con vari ambienti, collaborando, fra gli altri, all’Eco di Milano (1834), alla Favilla di Trieste (1836) e proponendosi di congiungere intellettuali italiani e tedeschi con il progetto di una rivista letteraria dal titolo L’Italia e la Germania (1835).
Benché il M. si fosse sempre opposto alla rivalità campanilistica tra Rovereto e Trento, anche appoggiando l’Esposizione industriale di quest’ultima città (1857), la sua iniziativa editoriale ne fu sopraffatta, a causa degli ostacoli di una società letteraria di Trento intenzionata a pubblicare un analogo giornale. Tuttavia nel 1838 fu richiesto al M. di collaborare alla Rivista viennese, nata in Austria da intenti molto simili ai suoi.
L’interesse per la poesia lo indusse a studiare e tradurre poeti contemporanei europei quali A. de Lamartine e G.G. Byron (Meditazioni due di A. di Lamartine, Rovereto 1835; Bonaparte. Ditirambo di Byron, ibid. 1841), nonché a elaborare posizioni critiche, espresse per esempio nella dedica alla sua raccolta Versi per nozze Sighele-Balista (ibid. 1835), in cui asserì la necessità di un’apertura della poesia italiana ai motivi del romanticismo europeo.
Godendo del prestigio sociale derivatogli da una florida condizione economica, il M. concretizzò più volte la sua propensione all’impegno civile che culminò, nel 1839, con il progetto di una scuola agraria da fondare in una sua tenuta. Aveva presente l’istituto creato nel 1834, sulla scorta di analoghe iniziative europee, a Meleto, vicino Firenze, da C. Ridolfi, con il quale era già da qualche tempo in corrispondenza; e nel 1841, munito di lettera di presentazione dello stesso Ridolfi, il M., reduce da una visita a Meleto, si recò da G.P. Vieusseux, entrando così in contatto con l’ambiente riformista, liberale e filantropico toscano che faceva capo al Giornale agrario toscano e all’Accademia dei Georgofili. Tornato a Rovereto, non riuscì a realizzare il progetto, forse per lo scarso sostegno dei comitati locali.
A seguito di un tracollo finanziario subito nel 1846 il M., preferendo defilarsi dalla vita pubblica roveretana, si recò a Firenze, dove sperava di intraprendere la professione di bibliotecario o precettore privato. Tuttavia, nel 1847, ripresosi dal crollo economico, fece ritorno in patria e decise di assicurarsi anche una retribuzione accettando l’incarico di segretario comunale.
In virtù della sua fama in campo civico e della sua perfetta conoscenza della lingua tedesca, nel 1848 il M. fu inviato a Francoforte, insieme con Giovanni a Prato e ad altri deputati, per esporre davanti all’Assemblea costituente germanica le istanze del Trentino che chiedeva la separazione dalla Confederazione germanica e l’unione amministrativa con il Lombardo-Veneto. Tuttavia, nonostante l’impegno della delegazione e in particolare del M., mobilitatosi per cercare il sostegno delle eminenti personalità con cui era in relazione, le richieste non furono accolte. Il M. reagì agli insuccessi politici con un ambizioso e utopistico programma di pacificazione, perseguibile a suo parere solo con l’intervento del papa, in grado di favorire la libertà d’Italia e la concordia europea. Tra il 1848 e il 1850, profittando del mandato affidato dal governo piemontese a Rosmini per la negoziazione di un concordato fra Roma e Torino, il M. gli espose per corrispondenza il suo proposito sostenendo la necessità di un concilio ecumenico: indotto dalle tiepide repliche del suo interlocutore a porre in discussione il potere temporale della Chiesa, poté solo procurarsi un richiamo all’ordine da parte dello stesso Rosmini.
Deluso dall’esperienza tedesca, il M. si ritirò dalla carriera politica e, fatto ritorno a Rovereto, riprese le attività di segretario comunale e di segretario alle corrispondenze presso l’Accademia degli Agiati, adoperandosi per l’associazione di colleghi delle deputazioni trentine, di liberali italiani come Capponi e Matteucci, nonché di delegati tedeschi favorevoli alla causa del Tirolo italiano. Sempre in qualità di accademico, nel 1854 si occupò dell’aggiornamento dello statuto degli Agiati e dopo la morte di Rosmini (1° luglio 1855) istituì una commissione per erigere un monumento in sua memoria.
Nel 1851, cessato l’incarico di segretario comunale, fu eletto segretario della Camera di commercio e industria del Tirolo meridionale, mettendo a frutto le competenze economico-amministrative acquisite fin da giovane ed evolutesi in pensiero liberista anche grazie all’influsso delle frequentazioni toscane. Riaccostatosi all’attività intellettuale, collaborò, fra l’altro, al periodico di Trento L’Ape (1854) e alle Letture di famiglia pubblicate a Trieste dalla sezione letteraria del Lloyd (1857).
A causa dell’epidemia di pebrina che a metà degli anni Cinquanta aveva colpito l’industria serica europea, il M., oltre a presentare una dissertazione sulla Cultura autunnale del baco da seta (in Messaggere tirolese, 1° ag. 1857, pp. 1-3), si imbarcò nel 1858 da Trieste alla volta di Costantinopoli, dove acquistò 50 casse di seme di baco da seta che riuscì a portare in patria malgrado un naufragio nelle acque del Quarnaro. Nel 1860 il M. inviò una seconda spedizione in Oriente, ma gli scarsi risultati della prima partita di merce, unitamente agli esiti deludenti riportati da altri imprenditori italiani, lo convinsero ad abbandonare l’impresa e a ritirarsi definitivamente dal commercio. Alla ricerca di un incarico intellettualmente gratificante in un ambiente in cui poter professare i propri sentimenti di italianità, sul finire del 1862 il M. appariva deciso a trasferirsi a Milano, ma non ne ebbe il tempo.
Il M. morì a Rovereto il 9 luglio 1863.
Fonti e Bibl.: Memorie dell’Acc. degli Agiati in Rovereto pubblicate per commemorare il suo centocinquantesimo anno di vita, Rovereto 1901, pp. 565 s.; M. Manfroni, Don Giovanni a Prato e il Trentino dei suoi tempi, Milano 1920, pp. 27, 51 s., 77, 84, 165, 173 s., 196, 205, 259; M. Chiesa, Un carteggio politico di F.A. M. con A. Rosmini, in Studi trentini di scienze storiche, XII (1931), pp. 218-251; P. Pedrotti, Due lettere di G. Bertanza a F. M., ibid., XIII (1932), pp. 291-296; Id., Una lettera di N. Tommaseo a F.A. M., in Rass. stor. del Risorgimento, XXVI (1939), pp. 743 s.; Id., Progetto per una rivista scientifico-letteraria, in Studi trentini di scienze storiche, XXIII (1942), pp. 71-76; Id., La nomina di G. Capponi a socio degli Agiati, ibid., XXVII (1946), pp. 154-158; P. Pedrotti - E. Brol - B. Rizzi, L’azione parlamentare del Trentino nel 1848-49 a Francoforte e a Vienna, Trento 1948, p. 16; P. Pedrotti, F.A. M. e la «Rivista viennese», in Corriere tridentino, 30 luglio 1949; G.B. Emert, Da un carteggio inedito di F.A. M., in Arch. veneto, s. 5, LXXXI (1952), pp. 178-204; G.L. Bruzzone, Un’amicizia trentina di C. Matteucci: F.A. M., in Studi romagnoli, LI (2000), pp. 447-461; M. Bonazza, Sensibilità e buon senso: F.A. M., in «I buoni ingegni della patria». L’Accademia, la cultura e la città nelle biografie di alcuni Agiati tra Settecento e Novecento. Atti del Ciclo di conferenze… 2000-2001, a cura di M. Bonazza, in Memorie dell’Acc. roveretana degli Agiati, s. 2, 2002, vol. 6, pp. 165-202; F. Ambrosi, Scrittori ed artisti trentini, Trento 1894, p. 166.