FONTANA, Francesco Antonio
Nacque a Roma il 6 apr. 1641 da Francesco e Lucrezia Gemma, romani di nascita (Di Gioia, 1986, p. 152 n. 4).
Il padre Francesco, noto dalle fonti d'archivio come scultore e restauratore, è citato da Donati (1942, pp. 527 s.) - che lo confonde con il figlio - come originario di Novazzano, in diocesi di Como, anche se l'accenno nel testamento del F. del 1696 allo zio paterno, nato a Cademario nei pressi di Lugano, e al lascito di alcuni beni ai parenti ivi residenti indica chiaramente la provenienza ticinese di questo ramo della famiglia Fontana.
Dal Libro dei battesimi della parrocchia dei Ss. Quirico e Giulitta, Francesco risulta residente nei pressi della torre de' Conti nel 1636, forse gia nell'abitazione sita in piazza della Torre de' Conti dove è documentata nel 1696 la "casa e bottega" del F., individuata in un antico edificio corrispondente all'attuale n. 72 di via del Colosseo (Di Gioia, 1986, pp. 151-160); né si può escludere che abbia svolto nello stesso sito la sua attività professionale nella prima metà del Seicento fino alla morte, avvenuta all'età di circa quarant'anni, il 24 giugno 1653 (Roma, Archivio storico del Vicariato, Ss. Quirico e Giulitta, Libro dei morti, 1602-1677, f. 72v). Francesco, nato a Roma nel primo decennio del Seicento, è citato nel 1646 e nel 1647 nelle carte dell'archivio Pamphilj in relazione a pagamenti per lavori di restauro ad alcune statue antiche per il giardino della villa del principe Camillo Pamphilj al Gianicolo, eseguiti sotto la direzione tecnica di A. Algardi. Quest'ultimo, oltre a progettare la villa e seguirne i lavori di costruzione, coordinava un nutrito gruppo di scultori e restauratori, tra i quali Marco Antonio Canini, Michele e Domenico Prestinari, Baldassarre Mari ed i più noti Giovanni Maria Baratta, Giuseppe Peroni ed Antonio Raggi ai suoi primordi romani (Nava Cellini, 1963; Garms, 1972, pp. 215, 217, 222, 232, 234; Hoffmann, 1976). I rapporti di lavoro e di amicizia che stabilì Francesco in questo cantiere pamphiliano - Antonio Raggi sarà padrino della figlia Francesca, mentre lo scultore Francesco Mari, figlio di Baldassarre, sposerà nel 1671 la figlia Anna Angela (De Lotto, 1987, p. 211) - furono di una certa rilevanza. per la carriera dei figlio. Francesco è citato inoltre da Titi (1674-1763, p. 29) come autore della dispersa memoria funebre di Donato Ricci (morto nel 1648) nella chiesa di S. Francesco a Ripa, composta da un bassorilievo raffigurante una Deposizione, ornato da due putti in rilievo secondo la descrizione di G.B. Mola del 1663 (Menichella, 1981).
Il F. si formò verosimilmente nello studio del padre, ereditandone la professione e la bottega. Della sua attività di restauratore ed antiquario abbiamo notizia dai documenti dell'Archivio Chigi nell'arco cronologico di circa vent'anni (Golzio, 1939, al quale si rinvia se non diversamente indicato). Il 31 luglio 1663 fu pagato 60 scudi per la vendita di una statua antica in marmo alta circa otto palmi raffigurante un "dio degli Horti", di cui aveva restaurato la testa, un braccio, le gambe ed un cane. La statua era destinata alle collezioni di antichità che il cardinal Flavio Chigi stava raccogliendo nel palazzo di famiglia ai Ss. Apostoli fin dal 1661. Poiché lo scultore Baldassarre Mari compare frequentemente in quegli stessi anni nei pagamenti per la vendita di statue antiche o per restauri di completamento della collezione di antichità del cardinale è probabile che il giovane F. fosse stato introdotto da quest'ultimo, già collega del padre, nella cerchia dei restauratori attivi per il colto ed eccentrico F. Chigi, "cardinal nepote" di papa Alessandro VII (ibid., pp. 3, 149; Incisa della Rocchetta, 1966; Raggio, 1983). Una statua dello stesso soggetto e dimensioni è citata nell'elenco delle sculture Chigi redatto nel 1728 da Francesco Ficoroni in vista della vendita al principe di Sassonia. Le sculture, oggi all'Albertinuni di Dresda, sono state private di tutti i restauri di completamento seicenteschi (Knoll - Protzmann - Raumschüssel, 1993). Nel luglio 1664 il F. riscosse 67 scudi per il saldo di lavori di restauro ad una statua non identificabile della stessa collezione, mentre nel giugno 1666 ricevette 25 scudi per una Flora ed un Cane in peperino per il giardino della villa Versaglia, edificata dall'architetto Carlo Fontana nei pressi di Formello per lo stesso committente tra il 1666 ed 1674, Oggi ridotta allo stato di rudere e spogliata di tutte le sculture che un tempo ne ornavano il giardino. Il fatto che in questa, come in altre successive imprese, il F. fosse all'opera come scultore in cantieri diretti dall'architetto C. Fontana, suo coetaneo e conterraneo, sembra avvalorare l'ipotesi di Donati (1942, p. 527) che i due fossero in qualche modo imparentati. Il 30 sett. 1667 il F. ricevette 4,50 scudi per diversi altri lavori nella stessa villa dove era ancora attivo Baldassarre Mari, mentre il 21 ottobre dello stesso anno ricevette 23 scudi per la vendita di tre busti con teste in marmo bianco di imperatori, identificati nelle note del guardarobiere quali: Eliogabalo, Tito ed Agrippa, destinati all'arredo del giardino del palazzo ai Ss. Apostoli. Il 21 dic. 1669 ricevette 25 scudi per aver eseguito un Leone in peperino alto cinque palmi e mezzo, realizzato con materiale di sua proprietà, per il giardino Chigi alle Quattro Fontane, ampliato in quell'anno dal cardinal Flavio su progetto dell'architetto Carlo Fontana (Incisa della Rocchetta, 1925, e 1955). Per lo stesso giardino scolpì altre due statue in peperino di soggetto non identificato per le quali fu pagato 25 scudi nel dicembre 1670.
A partire dal 1671 il F. entrò nell'orbita degli scultori berniniani attivi nell'impresa delle statue dei bracci curvi del colonnato della basilica di S. Pietro in Vaticano, proprio negli anni che videro una forte accelerazione dei lavori. Pur non essendo un professionista affermato, ottenne l'incarico di scolpire tre statue grazie ad alcune favorevoli circostanze, prima fra tutte la necessità da parte della Congregazione della Fabbrica di S. Pietro di rivolgersi a giovani o meno noti scultori attivi a Roma, quali F. Carcani, M. Maglia, G. Mazzuoli e L. Ottoni, per l'indisponibilità dei più accreditati E. Ferrata, A. Raggi, D. Guidi, impiegati nel cantiere berniniano di ponte S. Angelo (Montagu, 1991, p. 147); inoltre la fiducia meritata dal F. nelle precedenti committenze Chigi ed i rapporti di amicizia e parentela con il cognato Francesco Mari, figlio di Baldassarre, già all'opera con suo fratello Domenico per alcune sculture del colonnato tra il 1666 ed il 1668 (Carloni, 1987) possono aver influito sulla scelta del suo nome.
I pagamenti per le tre statue in travertino alte circa tre metri, per un compenso di 80 scudi ciascuna, decorrono nell'Archivio della Fabbrica di S. Pietro a partire dal luglio 1671 fino al marzo 1673 (doc. cit. in Haus, 1970, pp. 23 s. e in Carloni, 1987, p. 279 nn. 1-8) e sono riferibili a sculture poste sul braccio curvo sud del colonnato, tra l'ingresso centrale e quello di Borgo Vecchio (Pedroli Bertoni, 1987). Lo studio dei dati d'archivio e considerazioni critiche hanno suggerito di attribuirgli le statue di S. Francesco di Paola e di S. Brunone e forse quella perduta di S. Antonio abate, sostituita nel 1792 da una copia eseguita da Giuseppe Angelini (De Lotto, 1987, pp. 186 s. mi. 127 s., 194 n. 135). Nelle proporzioni slanciate di queste sculture, nelle pacate cadenze dei parineggi smagriti e sovrapposti, sostanzialmente verticali, ma animati da un lieve ritmo flessuoso, il F. sembra influenzato da alcune contigue statue di Lazzaro Morelli che si discostano dai più schietti modelli berniniani nella semplificazione formale delle pose e dei panneggi, ed è forse al tempo stesso attratto da alcune sperimentazioni portate avanti da Giovanni Maria De Rossi e Francesco Mari nello stesso cantiere (si vedano i santi Apollonio e Benigno attribuiti a Mari ed i santi Leone Magno e Atanasio vescovo: in Le statue berniniane..., 1987, nn. 33, 37, 104 s.).
Nel 1674, insieme con molti scultori del colonnato (da Morelli a Carcani ai De Rossi), ritroviamo il F. all'opera nel cantiere berniniano della chiesa di S. Maria di Monte Santo a piazza del Popolo, sotto il coordinamento dell'architetto Fontana. Tra il febbraio 1674 ed il gennaio 1676 ricevette 60 scudi per una delle statue di Sante in travertino sulla balaustrata della chiesa, di difficile individuazione allo stato attuale degli studi, anche se il confronto con alcune sue opere successive, quali l'Angelo che regge il medaglione, sulla facciata di S. Carlino alle Quattro Fontane, suggerisce l'ipotesi di attribuirgli la penultima statua sul lato destro della balaustrata raffigurante una Santa martire senza abito carmelitano, con il generico attributo dei gigli (per un tentativo attributivo delle altre sculture si veda Petraroia, 1987, e per la statua citata, fig.73). Il 4 apr. 1676 Giovanni Cesare Dona, scultore poco conosciuto ma già attivo nel cantiere del colonnato di S. Pietro tra il 1666 ed il 1668 (De Lotto, 1987, p. 209), fu incaricato da fra Bernardo di S. Maria, ministro del convento di S. Carlino alle Quattro Fontane, di scolpire due angeli in travertino "che dovranno fare accione di redigere il medaglione" nel secondo ordine della facciata della chiesa la cui fabbrica era ripresa, dopo la morte di Francesco Borromini (1667), sotto la direzione dell'architetto Bernardo Castello Borromini, suo nipote (cfr. Hempel, 1926; Gammino, 1993, p. 72).
Il 18 apr. 1676 lo stesso ministro sottoscrisse un patto con il F. per la fattura di uno dei due angeli per un compenso di 60 scudi che gli fu corrisposto il 7 agosto dello stesso anno, come attesta la ricevuta di saldo del pagamento. La scelta dello scultore può essere stata mediata dalla presenza di A. Raggi, che nell'agosto del 1675 era stato incaricato di eseguire per la nicchia del primo ordine della facciata la statua di S. Carlo Borromeo e che negli anni immediatamente precedenti aveva eseguito importanti restauri di statue antiche per il cardinal Chigi. La lettura dei documenti d'archivio non chiarisce quale angelo sia stato scolpito da Dona e quale dal Fontana. Il recente restauro ha però restituito una possibilità di lettura critica delle due sculture ed il confronto con le statue del colonnato attribuite al F. (si veda in particolare nel S. Brunone la resa della testa inclinata del santo, la cesura tra la spalla ed il collo, i contorni tondeggianti del viso e la modellazione delle labbra e delle mani) suggerisce di assegnargli l'angelo di sinistra (Gammino, 1993, pp. 66, 71, figg.16 s., 36-40).
In questa scultura il F. lascia trasparire le sue inclinazioni verso un composto e sensibile classicismo di matrice algardiana nelle proporzioni minute ed aggraziate dell'angelo che, ideato in scorcio da sotto in su, emerge con sensibilità pittorica dalla parete di fondo. Il panneggio della veste aderisce all'anatomia del busto e della gamba sinistra con un effetto di panni bagnati, mentre morbidi ma contenuti drappeggi gli avvolgono la spalla e sollevandosi intorno ai fianchi gli ricadono dietro le gambe. L'uso del trapano corrente che accompagna la lavorazione delle ciocche dei capelli dell'angelo rendendole lievi e trasparenti alla luce, il trattamento del panneggio "bagnato" delle vesti, il contenuto profilo spaziale del modellato sono elementi che si rintracciano anche nella citata statua di Santa sulla balaustrata di S. Maria di Moritesantol ispirata alla S. Susanna di Duquesnoy e alla S. Agnese del Bernini, rivisitate però con un riserbo spaziale - si noti il profilo verticale del mantello che ricade quasi a piombo dietro le spalle della santa senza nessuna concessione volumetrica - ed una composta frontalità che si distaccano dal solco berniniano per condividere orientamenti di gusto più moderati, caratteristici degli scultori della sua generazione.
Tra la fine dell'ottavo e il nono decennio troviamo citato di nuovo il F. nelle liste di pagamento del cardinal Flavio Chigi per i suoi servigi di antiquario, mentre gli interventi di restauro dall'antico sono di tono decisamente minore. Nel luglio 1678 vendette per la cifra di 110 scudi tre busti di "Imperatrici antiche" di marmi diversi, da destinarsi alla galleria del palazzo Chigi ai Ss. Apostoli ed il 24 maggio 1680 intervenne in un piccolo restauro ad una testa di Marco Aurelio nella stessa collezione. Nell'aprile del 1681 procurò due "statue di marmo che rappresentano due consoli", probabilmente identificabili con le "due statue di marmo intere che rappresentano due consoli antichi Romani" trasportati da Ripa Grande a Livorno nel maggio dello stesso anno (Golzio, 1939, pp. 205, 223, 322), per la decorazione del giardino della villa Chigi a Cetinale, nei pressi di Siena, anch'essa realizzata dall'architetto Carlo Fontana (Brauer - Wittkower, 1931, p. 36; Donati, 1942, pp. 267, 288). Il 15 sett. 1684 il F. ricevette una piccola somma per aver restaurato alcune statuette di marmo ritrovate nel territorio di Formello, probabilmente nei pressi della villa Versaglia, ed il 27 ottobre dello stesso anno compare nelle liste di pagamento per il restauro di un "Bacchetto", trovato nello stesso sito, al quale aveva attaccato la testa ed eseguito ex novo "un hasta". Il 17 ag. 1685 ricevette la somma di 5 scudi per diversi piccoli interventi di restauro a sculture della collezione Chigi: "un Mercurio, una Venerina nuda, una Venerina mezzo nuda, un Cervo, un Putto, un Giove, un soldato, una Diana, un Germanio, una Venere, una Musa ed una figura che tiene il serpente", mentre il 15 ag. 1687 ricevette tre scudi per aver "accomodato il braccio della figura di marmo che sta per le scale del Palazzo di S. E." (Golzio, 1939, p. 323). Nell'ottobre dello stesso anno firmò una procura (De Lotto, 1987., p. 211) e fino al 1689 non si hanno sue notizie; è probabile quindi che si fosse recato fuori Roma.
Nel 1689 partecipò alle Congregazioni nell'oratorio del Ss. Sacramento nella chiesa parrocchiale dei Ss. Quirico e Giulitta e sue notizie si rintracciano solo nel febbraio del 1696 quando, a causa di una malattia, dettò le sue ultime volontà. Nel testamento dispose che la moglie Lucia Novi ereditasse nutte le gioie, ori et argenti monetari et non monetari", una vigna ed altri beni patrimoniali ed ancora "che debba vendere tutte le statue esistenti nel suo studio et il prezzo di esse lo debba reinvestire a commodo di detta eredità". Una descrizione più dettagliata delle opere conservate nel suo studio e nella sua abitazione si trova nel successivo testamento redatto nel giugno 1698, aperto all'atto della sua morte avvenuta a Roma il 16 febbr. 1700, e nell'allegato inventario dei beni (ibid., p. 212).
Nel testamento il F. lasciò disposizioni per la sepoltura nella tomba di famiglia, da lui realizzata nella chiesa dei Ss. Quirico e Giulitta (oggi perduta) e per alcuni lasciti all'Arciconfraternita della Trinità dei Pellegrini, alla Congregazione dei Virtuosi al Pantheon e all'Arciconfraternita dei Ss. Quattro Coronati degli scultori e scalpellini. All'oratorio del Caravita venne destinata "la statua di S. Francesco Xaverio che presentemente si trova nel mio studio. con la clausola che sia collocato nell'altar maggiore nella tribuna dell'oratorio. altrimenti la lascerò alla chiesa parrocchiale dei S.S. Quirico e Giulitta con la clausola di doverla collocare in chiesa" (la statua è da considerare perduta).
Nell'inventario dei beni presenti nel suo studio e nella sua abitazione in piazza della Torre de' Conti sono descritti numerosi dipinti, quadretti in alabastro fiorito o in marini colorati intarsiati, vasi in pietra lavorati, frammenti di marini antichi (verde antico, alabastro, giallo antico, due fusti di colonna in alabastro), numerose piccole sculture classiche e bassorilievi interi o frammentari, teste, busti, animali e sculture antiche di varie dimensioni e stato di conservazione, diversi "termini da giardino" realizzati dallo scultore con marmi colorati di recupero (verde antico, alabastro, rosso antico), modelli in gesso di parti anatomiche di statue e strumenti da lavoro.
Tra le opere "moderne" sono elencati diversi bozzetti o modelli in terracotta, tra i quali una "fiagellazione di nostro Signore", due figure di terracotta dorata, un busto in terracotta, altri sette "modelli di creta rappresentanti figure. busti et altro d'altezza di palmi due e mezzo ... due modelli di testa di creta tinta nera... un modello di busto di creta rappresentante il cavalier Maffei ... un'altra statua rappresentante un Imperatore antico non finita con sua testa, e bracci di creta, d'altezza di palmi 12 in circa... un'altra statua rappresentante la Madonna non finita con bracci di creta di palmi 10 in circa ... un busto con sua testa di marmo bianco rappresentante il cavalier Maffei d'altezza palmi due e mezo in circa per la quale dicesi sia stato pagato detto Fontana" (il busto doveva misurare circa cm. 60; De Lotto [1987, p. 212] mette in relazione la citazione con il busto d'ignoto autore raffigurante Michelangelo Maffei posto in una memoria funebre datata 1703 nella chiesa di S. Francesco a Ripa), ed ancora: "due teste abbozzate di marmo bianco per termini d'un palmo e mezzo in circa".
Nel 1982, durante i lavori di restauro conservativo dell'antico edificio prospiciente la torre de' Conti, dove il F. aveva il suo studio e la sua abitazione, sono stati recuperati dalla Sovraintendenza del Comune di Roma reperti archeologici e bozzetti in terracotta sicuramente provenienti dal suo studio: piccole sculture classiche frammentarie, raccolte dal F. sul mercato antiquario romano, per lo più danneggiate da tentativi maldestri di restauri di integrazione (un Silvano, un Satiro, un Asklepios, un Eros), una rara antefissa figurata in terracotta della fine del IV - inizi del III secolo a.C., una lastra in terracotta figurata del I secolo a.C., conservati presso i depositi del Museo Barracco (Cafiero, 1986) e nove tra bozzetti e modelli in terracotta di alcuni tra i più importanti scultori del Seicento romano, oggi parte delle collezioni di scultura del Museo di Roma, raccolti dal F. per motivi di studio e di lavoro e chiaro indizio dei suoi orientamenti di gusto nel campo della scultura (Di Gioia, 1986, pp. 171-213).Tra questi segnaliamo un raro studio preparatorio in terracotta per la statua di S. Longino di G.L. Bernini, databile al 1633-1635, un bozzetto per l'Angelo sul semitimpano destro dell'altar maggiore della chiesa di S. Nicola da Tolentino forse di mano di A. Algardi (1651), un bozzetto in terracotta del Bernini raffigurante un Santo con libro, databile intorno al 1660, probabile studio preparatorio autografo per uno dei santi del colonnato di S. Pietro (e si veda in particolare il S. Leonardo eretto a lato dell'ingresso del braccio curvo nord nel 1666 in Lestatue berniniane..., 1987, p. 60 n. 2); un altro bozzetto frammentario attribuito al Bernini raffigurante un Santo, databile al terzo quarto del Seicento, da porre in relazione con una delle quattro statue (forse S. Paolo) nella tribuna della basilica di S. Maria Maggiore (Di Gioia, 1990, pp. 45 s.; per l'immagine della statua, cfr. Petraroia, 1987, p. 240 fig. 64) ed ancora una sezione di studio in terracotta eseguita da Melchiorre Caffà tra il 1659 ed il 1660 per la pala marmorea con il Martirio di s. Eustachio nella chiesa di S. Agnese in Agone (Di Gioia, 1986; Contardi, 1989) ed un Angelo su semitimpano eseguito sempre dal Caffà per l'altare della cappella Pamphili di S. Tommaso di Villanova in S. Agostino intorno al 1662 (Montagu, 1991, p. 36).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. del Vicariato, Parrocchia dei Ss. Quirico e Giulitta, Libro dei battesimi, anni 1634-48, ff. 233, 252 s.; Stato delle anime, 1696-1706, I, E 23; Arch. di Stato di Roma, Trenta Notai capitolini, Ufficio 22, F.M. Vannius, Testamenti 1696, ff. 199 s.; Ibid., Ufficio 25, Angelus Perellius, 1700, ff. 249-341v; F. Titi, Studio di pittura, scoltura, et archit., nelle chiese di Roma (1674-1763), a cura di B. Contardi - S. Romano, Firenze 1987, I, p. 29; G. Incisa della Rocchetta, Ilmuseo di curiositá del cardinal Eavio Chigi Seniore, in Roma, III (1925), pp. 539-544; E. Hempel, F. Borromini, Roma 1926, p. 120; H. Brauer - R.Wittkower, Die Zeichnungen des G. L. Bernini, Berlin 1931, ad Ind.; V. Golzio, Documentiartistici sul Seicento nell'Arch. Chigi, Roma 1939, ad Indicem; Id., Le chiese di S. Maria di Montesanto e dei Miracoli a piazza del Popolo, in Archivi d'Italia, VIII (1941), pp. 122-148; U. Donati, Artisti ticinesi a Roma, Bellinzona 1942, pp. 187, 267, 288, 527 s.; G. Incisa della Rocchetta, IlGiardino Chigi alle Quattro Fontane, in Strenna dei romanisti, XVI (1955), pp. 208-212; A. Nava Cellini, L'Algardi restauratore a Villa Pamphili, in Paragone, XIII (1963), 161, pp. 25-37; G. Incisa della Rocchetta, Ilmuseo di curiosità del cardinale Flavio Chigi, in Arch. della Società romana di storia patria, LXXIX (1966), pp. 141-192; A. Haus, Der Petersplatz in Rom und sein Statuenschmuck, tesi di dott., Freiburg B. 1970, pp. 23 s.; Quellen aus dem Archiv Doria-Pamphili zur Kutisttätigkeit in Rom unter Innozenz X, a cura di J. Garms, Roma-Wien 1972, pp. 215-217, 222, 232, 234, 1048, 1056, 1079, 1128, 1143; P. Hoffmann, Villa Doria Pamphili, Roma 1976, pp. 162, 177, 236 s., 251-253; L. Falaschi, in Bernini in Vaticano (catal.), Roma 1981, p. 138; A. Menichella, S. Francesco a Ripa, Roma 1981, pp. 58, 65 nn. 55 s.; O. Raggio, Bernini and the collection of cardinal Flavio Chigi, in Apollo, CXVII (1983), pp. 368-379; E.B. Di Gioia, Un bozzetto del "S. Longino" di Gian Lorenzo Bernini: ritrovato nella bottega di F.A. F., in Antologia di belle arti, n.s., XXI-XXII (1984), pp. 65, 69; Id., Un bozzetto di M. Caffà Per il bassorilievo di S. Eustachio in S. Agnese in Agone, in Bollettino dei musei comunali di Roma, XXXI (1984), pp. 48-67; M.L. Cafiero, Rinvenimenti archeol. dalla bottega del Cavalier F., in Archeologia nel centro storico. Apporti antichi e moderni di arte e cultura dal Foro della Pace (catal.), Roma 1986, pp. 226-233; E.B. Di Gioia, "Casa e bottega del Cav. Francesco Antonio Fontana": materiali dallo studio di uno scultore romano della seconda metà del '600, ibid., pp. 151-160; Id., Bozzetti barocchi dallo studio di F.A. F., ibid., pp. 171-213; R. Carloni, in Le statue berniniane del colonnato di S. Pietro, a cura di V. Martinelli, Roma 1987, pp. 277-279; M.T. De Lotto, ibid., pp. 186 s., 194, 209, 211 s.; M. Pedroli Bertoni, ibid., pp. 31-34; P. Petraroia, ibid., pp. 239-257; B. Contardi, Due terrecotte romane del Seicento (catal.), Roma 1989, pp. 25-33; M. Karpowicz, Baldasar Fontana 1661-1733. Fondazione Ticino nostro, Lugano 1990, pp. 19-27; E.B. Di Gioia, Museo di Roma. Le collezioni di scultura..., Roma 1990, pp. 37-46; J. Montagu, La scultura barocca romana, Torino 1991, pp. 36, 147; S. Carlino alle Quattro Fontane, il restauro della facciata. Note di cantiere, a cura di N.M. Gammino, Roma 1993, pp. 66, 71 s. e passim; K. Knoll - H. Protzmann - I. Raumschüssel - M. Raumschüssel, Die Antiken im Albertinum. Staadiche Kunstsammiungen Dresden. Skulpturensammlung, Mainz a. Rhein 1993, pp. 6-13, 18.