CAVALCANTI, Francesco Antonio
Nacque a Caccuri (Catanzaro) il 22 ott. 1695 in un’antica e nobile famiglia Cosentina originaria della Toscana, da Antonio, feudatario del luogo, e da Laodonia Gaeta. Il 17 nov. 1711 entrò nell’Ordine teatino, emettendo la professione solenne nel convento dei SS. Apostoli di Napoli e il 17 dic. 1718 venne ordinato sacerdote. In seno ai teatini fu per diciotto anni lettore di filosofia dei cardinali Firrao, Spinola e Passari, insegnando anche sacri canoni e Sacra Scrittura, e dedicandosi particolarmente alla cura dei novizi. La notevole competenza in storia ecclesiastica, nella quale – come dice lo Zavarroni – era “valde versatus”, gli valse la nomina a consultore della Sacra Congregazione delle Indulgenze e, il 12 maggio 1739, quella a qualificatore del S. Uffizio. Dopo essere stato vicepreposito della casa di S. Silvestro a Montecavallo e procuratore generale, nel 1740 divenne preposito generale dell’Ordine.
Benedetto XIV tentò di riconfermarlo in tale carica, ma trovando una forte opposizione in seno ai confratelli del C., all’improvviso, “fuor d’ogni altrui aspettazione” (Spiriti, p. 183, il 20 maggio 1743 lo elevò ad arcivescovo di Cosenza. Pochi giorni dopo, il 2 giugno, venne consacrato a Roma dal cardinale Gentili e l’8 dello stesso mese venne nominato assistente al soglio pontificio. Poco dopo l’insediamento nell’archidiocesi, il 17 dic. 1743 ottenne dalla S. Sede il permesso di vendere dei beni della mensa per apportare restauri urgenti alla cattedrale, che arricchì di preziosa suppellettile, e per aggiungere un nuovo braccio al palazzo arcivescovile. L’altra sua preoccupazione fu la disciplina regolare che “tentò di far rifiorire... nelle case religiose che visitava per accertarsi della loro efficienza” (Russo, p. 519), irrigidendo in particolare la clausura delle monache con un decreto emanato il 6 marzo 1745. Alla sua morte, avvenuta a Cosenza il 7 genn. 1748, la situazione patrimoniale dell’archidiocesi era molto difficile, poiché “i beni lasciati per testamento alle chiese di Cosenza e ai parenti non furono sufficienti a pagare i debiti contratti per i lavori di restauro al duomo e al palazzo vescovile, che ammontavano a 1.344 ducati e 60 grana, tanto che il suo successore dovette venire ad una transazione con gli eredi, con atto del 17 febbr. 1749” (Russo, p. 519).
Il giudizio che gli studiosi danno della sua attività pastorale non è unanime. Per il Vezzosi il C. lasciò nel popolo “rispettabili memorie di sua lodevol condotta”, rivolgendo a vantaggio di una vasta diocesi quelle cure che fino allora aveva apprestato per un “piccol gregge”. Per il Capialbi, il C., benché avesse amministrato l’archidiocesi per soli quattro anni e nonostante gli impegni di studio, non tralasciò di curare la disciplina del clero e di provvedere al decoro della cattedrale, lasciando di sé un ricordo tanto lusinghiero che “altri forse per moltissimi anni non avrebbesi acquistato” (p. 342). Secondo il Russo invece il C. non lasciò duraturi ricordi in senso pastorale, perché assorbito dagli studi. In realtà – circostanza avvalorata dal fatto che durante il suo arcivescovato non presentò a Roma alcuna relazione ad limina – è preminente nel C. lo studioso amico di filosofi e letterati, tra cui Antonio Genovesi.
Con la Difesa del P. D. Lorenzo Scupoli Cherico Regolare Autore del Combattimento Spirituale, Roma 1738, il C. si schierava a fianco del proprio confratello nella controversia, oggi risolta con la sicura attribuzione allo Scupoli, della paternità del Combattimento..., che alcuni attribuivano al gesuita Gagliardi e altri al benedettino Castañiza. Testimonianza dello zelo per gli studenti teatini sono le norme (Constitutiones et Decreta Congregationis Clericorum Regularium pro Studiis et Scholasticis, cum triplici elencho. Primo Quaestionum Philosophicarum, Secundo Tractatuum et Quaestionum Theologiae Scholastico-Dogmaticae, Tertio Tractatuum et Quaestionum Theologiae Moralis Iuri Canonico inferendae, Romae 1741), emanate in ottemperanza a quanto stabilito nell’ultimo capitolo generale del suo Ordine e inviato a tutte le case teatine con una lettera a stampa esortante all’applicazione ai buoni studi.
Ma la sua opera più significativa sono le Vindiciae Romanorum pontificum, Romae 1749, pubblicata postuma, nella quale tenta di scagionare i pontefici dalle accuse di falsa dottrina rivolte loro dai Centuriatori di Magdeburg e da altri eterodossi.
La dedica a Benedetto XIV e la prefazione sono del fratello Domenico Andrea che, come Francesco Antonio, era stato un celebre predicatore (altro fratello del C. fu Domenico Gaetano, professore di teologia e di morale a Firenze e confessore di Maria Amalia, regina di Napoli). La preoccupazione principale del C. che si possa scalfire l’infallibilità pontificia, a sostegno della quale egli ricorre ad autori filogiansenisti come l’agostiniano Noris o il gallicano Alexandre, lo spinge a dedicare la maggior parte del libro alla controversia riguardante Onorio I (pp. 173-372), condannato dal III concilio ecumenico di Costantinopoli perché nelle due lettere inviate al patriarca Sergio avrebbe seguito l’opinione di questo, sanzionandone gli erronei insegnamenti.
Le Vindiciae... non si discostano, per originalità d’impostazione teologica, da analoghi trattati sull’infallibilità pontificia, e in sostanza può essere accolto il giudizio del contemporaneo Spiriti, per il quale, pur ricuocendo “coctam crambem”, esse si impongono tuttavia all’attenzione del lettore per la loro passione, per la diligenza usata dall’autore nel raccogliere il materiale di studio e per “lo stile che quanto soffre il Soggetto adopera con eleganza” (p. 183).
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Proc. Dat., vol. 120, ff. 168-188; Roma, Arch. gen. dei teatini, codd. 9 e 57 (per l’attività del C. come preposito generale); S. Spiriti, Mem. degli scrittori cosentini..., Napoli 1750, pp. 182 s.; A. Zavarroni, Bibliotheca calabra…, Neapoli 1753, p. 201; A. F. Vezzosi, I scrittori de’ chierici regolari detti teatini, Roma 1780; D. Andreotti, Storia dei Cosentini, III, Napoli 1874, pp. 13 s.; V. Capialbi, La continuaz. dell’Italia Sacra dell’Ughelli..., Napoli 1913, pp. 342 s.; L. Aliquò Lenzi-F. Aliquò Taverriti, Gli scrittori calabresi, I, Reggio Calabria 1955, p. 174; F. Russo, Storia della arcidiocesi di Cosenza, Napoli 1958, pp. 269, 518 s.; Dict. de théologie catholique, VII, 1, s. v. Honorius; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VI, Patavii 1958, p. 190.