SIACCI, Francesco Angiolo Vincenzo
– Nacque a Roma il 20 aprile 1839 da Matteo – di famiglia corsa e militare del primo Impero – e da Beatrice Badaloni.
Perduto il padre in tenera età, grazie alla madre riuscì a compiere brillantemente gli studi, coronati con la laurea ad honorem – la prima data in Italia – in matematica nel 1860 presso l’Università di Roma. Qui ebbe, come maestri, i matematici Barnaba Tortolini e Paolo Volpicelli; godette dell’amicizia del matematico e storico della scienza Baldassarre Buoncompagni Ludovisi, principe di Piombino.
Animato da forti sentimenti patriottici, dopo la laurea si trasferì a Torino, entrando nell’Esercito. Dal 15 settembre 1861 fu sottotenente nello stato maggiore dell’artiglieria; nel marzo del 1863 prese servizio nel 9° reggimento di artiglieria. Rimase sotto le armi fino all’11 ottobre 1888, raggiungendo il grado di tenente colonnello. Nel 1866 partecipò alla terza guerra di indipendenza meritando innumerevoli onorificenze; tra queste, quella della croce di commendatore della Corona d’Italia (1887) e di ufficiale dell’Ordine Mauriziano (1892).
Prima della fine della guerra venne destinato alla Scuola di applicazione di artiglieria e genio, con sede presso il palazzo dell’Arsenale di Torino, pur rimanendo in servizio nello stato maggiore d’artiglieria. Ricopriva il ruolo di professore aggiunto di balistica, grazie alle prove fornite in campo scientifico e gli scritti pubblicati in materia. Fin dagli anni giovanili si era occupato di analisi algebrica, con particolare riferimento ai determinanti e alle forme algebriche. Nell’agosto del 1872 divenne titolare della cattedra di balistica presso la Scuola di applicazione e, nel 1879, professore ordinario di meccanica superiore all’Università di Torino. Su sua domanda, fu collocato a riposo per anzianità di servizio e di età dal 1° novembre 1892.
Transitato nei ruoli della riserva, gli venne conferito il grado di colonnello il 4 luglio 1895 e quello di maggiore generale il 17 maggio 1907. Dal 1893 al 1907 fu professore ordinario di meccanica razionale e superiore all’Università di Napoli succedendo a Dino Padelletti (1852-92), ricoprendo anche il ruolo di preside di facoltà.
Unitamente all’impegno scientifico, Siacci partecipò attivamente alla vita pubblica del Regno. Fu eletto deputato nelle file della sinistra nella XVI legislatura (1886) e di nuovo nella XVII (1890); il 10 ottobre 1892 fu nominato senatore nei termini della categoria 18, avendo maturato sette anni quale membro della Società italiana delle scienze. Particolare attenzione, nel lavoro parlamentare, dedicò alle questioni inerenti l’ordinamento militare, il problema delle ferrovie e dei trasporti in genere, delle acque pubbliche e delle bonifiche nonché di quelle del personale delle scuole classiche, tecniche, normali e dell’Università; di particolare rilevanza la presentazione in Senato nel 1907 – XXII legislatura – di un disegno di legge per il Politecnico di Torino.
Secondo Filippo Burzio, dobbiamo a Francesco Siacci la creazione «di una vera scuola balistica italiana»: fu infatti in questo campo che raggiunse i maggiori risultati. La sua produzione scientifica, tuttavia, si occupava anche di questioni di meccanica analitica, di meccanica dei corpi rigidi, dei fondamenti e dei principi della meccanica razionale. Nel campo della meccanica razionale si segnalarono le ricerche sulle equazioni canoniche e sulle trasformazioni di contatto nelle quali mostrò competenze che lo collegarono, soprattutto per i metodi usati, alle ricerche del matematico tedesco Carl Gustav Jacob Jacobi e di quello norvegese Sophus Lie. I suoi studi riguardanti il moto dei corpi rigidi attirò l’attenzione del matematico francese Charles Hermite per le derivazioni scaturite dalle implicazioni matematiche. Da notare le sue ricerche sul ‘problema inverso’ in meccanica, consistente nel determinare quelle forze atte a far percorrere una data traiettoria verso un dato punto. Vanno inoltre segnalate due famose equazioni da lui stabilite: quella differenziale fra la temperatura e l’altezza e quella finita fra la pressione e la tensione del vapore; entrambe a fondamento della sua formula barometrica per la misura delle altezze.
A Siacci dobbiamo una vasta produzione scientifica riguardante la complessità della balistica: Corso di balistica teorico-pratica (I-II, Torino 1870-1875), Sui principi del tiro (1874), La balistica esterna (1885), Nuovo metodo per risolvere i problemi del tiro (1885), Sugli angoli di gittata massima (1887), Balistica (1888) e Alcune nuove forme di resistenza che riducono il problema balistico alle quadrature (1901). In quest’ultimo studio, Siacci raccolse un invito del matematico francese Jean Baptiste Le Rond d’Alembert, formulato nel lontano 1744. Tra i suoi studi di analisi e di meccanica hanno particolare rilevanza quelli riguardanti il moto di un giroscopio nel caso di Eulero (1879), sulle quaterne statiche (1882) e quelle sulla teoria delle equazioni canoniche del moto e della loro trasformazione in base al concetto generale e fecondo del covariante bilineare (1882).
Il campo nel quale Siacci si affermò come caposcuola fu quello della balistica, come testimonia il suo Trattato che venne pubblicato in forma definitiva nel 1888. A Siacci venne riconosciuto il merito di aver portato la scienza balistica dal campo teorico a quello pratico delle applicazioni di tiro. Influenzato dalla ‘trasformazione’ studiata da Paolo Ballada di Saint Robert, il metodo elaborato da Siacci consistette nell’integrazione tra l’equazione dell’odografia con le altre equazioni differenziali del moto pervenendo alle espressioni integrali, ‘formole del tiro’ che vengono adottate dalle artiglierie di tutto il mondo grazie alla semplicità delle operazioni matematiche richieste.
Artigliere genialmente pratico, elaborò un vero e proprio metodo per risolvere i problemi del tiro tramite la tavola balistica, illustrandolo per la prima volta nell’articolo Balistica e pratica pubblicato sul Giornale di artiglieria e genio nell’aprile del 1880. Il metodo Siacci riscosse un grande successo nel mondo dell’artiglieria internazionale, configurandosi come un metodo generale valido anche per altri campi scientifici, segnando così l’inizio di una nuova era della balistica teorica.
I lavori di Siacci sulla meccanica lo confermarono, fin dai suoi tempi, come un analista di alto livello e un acuto ricercatore nel campo della rotazione dei corpi liberi e della teoria delle equazioni canoniche del moto, ossia quelle equazioni riguardanti le trasformazioni delle variabili generalizzate per descrivere in sistema attraverso le equazioni del matematico irlandese William Rowan Hamilton. Riprese inoltre gli studi sulla dinamica dei solidi del matematico e fisico francese Louis Poinsot e di Domenico Chelini, cui dobbiamo la divulgazione in Italia dei procedimenti, allora poco noti, di geometria analitica. Di grande importanza fu considerato lo studio nel quale espose il teorema fondamentale sulla teoria delle equazioni canoniche del moto. Il matematico britannico Edmund Taylor Whittaker nella sua opera A treatise on the analytical dynamics of particles and rigid bodies (1917) si dilungò sui risultati raggiunti da Siacci e lo annoverò tra coloro che maggiormente avevano contribuito ai progressi di questo particolare ambito della meccanica.
Siacci si occupò infine anche di altri problemi di matematica, come l’equazione di Riccati – dal nome del matematico veneziano Iacopo Francesco Riccati e di suo figlio Vincenzo – che è un’equazione differenziale ordinaria quadratica nella funzione incognita; si interessò egualmente alla meccanica celeste e a quella applicata.
Eminente personalità della cultura scientifica italiana, Siacci ricoprì numerosi incarichi: membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione e della giunta del medesimo dal 1° luglio 1900 al 30 giugno 1904; socio corrispondente dell’Accademia del Lincei dal 7 gennaio 1872 e socio nazionale dal 13 febbraio 1890; membro della Società italiana delle scienze – detta dei XL – nel 1879; membro corrispondente dell’Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano dal 10 febbraio 1881; socio residente dell’Accademia Pontaniana di Napoli dal 18 febbraio 1894; socio ordinario residente della Società reale di Napoli dal 17 novembre 1894; nello stesso anno divenne socio dell’Accademia delle scienze di Torino.
Morì a Napoli il 31 maggio 1907 per paralisi cardiaca.
L’eredità di Siacci, dopo la sua morte, fu tenuta viva da un’alta tradizione di studi balistici oramai radicatasi della Scuola d’applicazione d’artiglieria e genio di Torino e continuata da studiosi di livello quali il militare Ettore Cavalli e il civile Filippo Burzio – cui dobbiamo la risoluzione del ‘secondo problema balistico’ – entrambi docenti nella Scuola dell’Arsenale.
Fonti e Bibl.: G. Ricci, F. S., in Giornale d’artiglieria e genio, XXIV (1907), pp. 335-337; G. Morera, F. S., in Atti dell’Accademia delle scienze di Torino, 1908-1909, vol. 43, pp. 568-578; F. Burzio, Sulla soluzione S. del problema balistico (con I figura), in Rivista di artiglieria e genio, LXV (1926), pp. 1667-1713; Id., Nel bicentenario della Scuola d’applicazione d’artiglieria e genio. I balistici docenti nella Scuola, ibid., LXXIX ( 1940), pp. 63-66; G.F. Tricomi, Matematici italiani del primo secolo dello stato unitario, in Memorie dell’Accademia delle scienze di Torino. Classe di scienze fisiche matematiche e naturali, s. 4, I (1962), p. 103; F. S. (1839-1907), in Rivista militare, 3 1968, pp. 311-321; L. Giacardi, F. S., 1903-1907, in Bibliotheca mathematica. Documenti per la storia della matematica nelle biblioteche torinesi, a cura di L. Giacardi - C.S. Roero, Roma 1987, p. 151; R. Gatto - L. Carbone, Il carteggio del fondo Siacci della biblioteca del dipartimento di matematica “Renato Caccioppoli” dell’Università Federico 2 di Napoli, in Nuncius, XII (1997), 2, pp. 444-446; B. Barberis, F. S., in La facoltà di scienze matematiche fisiche naturali di Torino 1848-1998, II, I docenti, a cura di C.S. Roero, Torino 1999, pp. 487-489; P. Bagnoli, Una vita demiurgica. Biografia di Filippo Burzio. Con la bibliografia degli scritti (1909-2003), Torino 2011, pp. 156-158; L. Pepe, Lagrange e i suoi biografi. Introduzione, in F. Burzio, Lagrange, Torino 2013, p. XL.