ANGHERÀ, Francesco
Nacque a Potenzoni Briatico (Catanzaro) il 28 marzo 1820 da Antonio e Costanza Stella.
Fu educato in una famiglia di patrioti e di cospiratori: suoi zii paterni erano infatti Nicola, che partecipò ai moti rivoluzionari calabresi del 1847, e Domenico, arciprete massone, Urbonaro e poi iscritto alla Giovine Italia. Nel 1839 l'A. si arruolò volontario nel primo reggimento artiglieria dell'esercito napoletano, con il grado di sottufficiale. Tenendosi sempre in contatto con lo zio Domenico, che frattanto aveva fondato una società segreta chiamata "Società Evangelica", di ispirazione giobertiana, egli faceva opera di propaganda rivoluzionaria fra gli artiglieri dell'officina metallurgica di Mongiana (Catanzaro). Partecipò nel settembre 1847 ai moti calabresi di cui fu ispiratore lo zio Domenico, che organizzò una spedizione su Catanzaro. L'A. fu arrestato e sottoposto a interrogatorio, nel corso del quale si disse che avesse riferito parecchi nomi di congiurati; contro questa versione lo zio Domenico pubblicò un opuscolo inteso a scagionare il nipote. Dopo la rivoluzione di Palermo del 12 genn. 1848, l'A. fu liberato per amnistia, ma nel febbraio fu dimesso dall'esercito regolare napoletano.
Sollevatasi la Calabria il 15 maggio 1848, l'A., agli ordini del governo provvisorio di Catanzaro, guidò una compagnia di volontari con cui combattè all'Angitola contro il gjrn. Nunziante, al quale tese un agguato rimasto famoso. Per il suo comportamento fu promosso maggiore della piazza di Tiriolo (5 luglio 1848) e fu aggregato alla colonna calabrosicula di I. Ribotti.
Fallita la rivolta, l'A. cercò con gli altri capi la fuga per mare, ma nelle acque di Corfù essi furono raggiunti dalla fregata napoletana "Stromboli" e arrestati (13 luglio 1848); insieme con G. Longo, M. Delli Franci, F. Coccioni, l'A. fu processato per direttissima (21 luglio) dal Consiglio di guerra di Napoli sotto l'accusa di diserzione di fronte al nemico e tradimento verso lo stato. I suoi tre compagni furono condannati, ma egli, difeso dall'avv. L. D'Egidio, avendo dimostrato di essere stato congedato dall'esercito cinque mesi prima, fu rinviato a disposizione dei tribunali ordinari. Rimase così nel carcere napoletano di S. Francesco, dal quale riuscì a fuggire con un abilissimo stratagemma, narrato nel suo scritto Fuga dalle prigioni di Napoli (Genova.1852). Il 17 luglio 1850 giunse a bordo della nave francese "Solon" a Genova, donde poi si recò a Torino, e quindi a Malta.
L'11 dic. 1855 si arruolò come alfiere nella legione anglo-italiana, costituita per la guerra di Crimea, ottenendo, il 16 febbr. 1856, il grado di luogotenente. Disciolta la legione alla fine della guerra, ottocento italiani furono imbarcati alla volta dell'Inghilterra, e l'A. tentò, quando si trovavano al largo di Malta verso le coste della Sicilia, di spingere i compagni a sbarcarvi per portarsi alla fortezza di Trapani e piantarvi il tricolore italiano. Ma, scoperto, fu arrestato dalle autorità britanniche (21 ag. 1856), che, per evitargli la condanna a morte, lo dichiararono demente e lo fecero rinchiudere nella fortezza di Plymouth. Questi, avvenimenti l'A. narrò in Alcuni documenti relativi al governo napolitano ed alla ex-legione anglo-italiana (s. l. 1858).
Ritornato in patria, entrò nelle file dell'esercito dell'Italia centrale come luogotenetite, di artiglieria, passando poi in quelle dell'esercito sardo, nel corpo dei Cacciatori delle Alpi. Si dimise da questo il 30 giugno 1860 per correre in Sicilia, all'annunzio della spedizione dei Mille. Per incarico di Garibaldi, promosse la sollevazione della Calabria, e combatté alla Turrina, quindi al Voltumo e all'assedio di Gaeta, ottenendo il grado di maggiore, col quale rientrò nell'esercito sardo. Nel corso della campagna 1866, aggregato al corpo del gen. Cialdini, si distinse il 17 luglio nell'attacco di Borgoforte (Mantova) e ottenne una medaglia d'argento al valor militare e la promozione a tenente colonnello.
L'A. morì a Legnago il 26 genn. 1879.
Fonti e Bibl.: Roma, Museo Centrale del Risorgimento, Sentenza contro Rocco Susanna e altri patrioti di Catanzaro, ms., vol. 382; D. Angherà, Risposta alle false delucidazioni del già intendente D. Giovanni Cenni per la parte che riguarda la condotta politica del sergente d. Francesco Angherà, scritta dallo zio arciprete, Napoli 1848; Ediz.naz. degli scritti... di G. Mazzini, Epistolario, LVII, pp. 17 n. 1, 288; Documenti storici riguardanti l'insurrezione calabra preceduti dalla storia degli avvenimenti di Napoli del 15 maggio 1849, Napoli 1849, pp. 569-587; L. Settembrini, Ricordanze della mia vita, I, Napoli 1890, p. 314; V. Imbriani, A. Poerio a Venezia, Lettere e Documenti del 1848, Napoli 1884. pp. 156. 496, 501 s. V. Visalli, Lotte e martirio del popolo calabrese (1847-1848), I; Il quarantasette, Catanzaro 1928, pp. 63, 207, 218, 645, 754; Id., I calabresi nel Risorgimento Italiano. Storia documentata delle Rivoluzioni Calabresi dal 1792 al 1862, II, Torino 1893, pp. 144, 147, 182-183, 218, 298, 301, 315, 317, 323, 365; V. G. Galati, Gli scrittori delle Calabrie,I, Firenze 1928, pp. 156-159; M. Mazziotti, La reazione borbonica nel regno di Napoli, Episodi dal 1849 al 1860, Roma 1912, pp. 318, 319, 369; O. Dito, La rivoluzione calabrese del '48. Storia e documenti, Catanzaro 1895, pp. 68-73, 75-76, 116, 136, 142, 183; G. Mellini, F. A. Patriota calabrese..., Bologna 1948.