ANDREINI, Francesco
Nacque a Pistoia intorno al 1548: pare discendesse dalla famiglia Cerrachi, detta poi Dal Gallo, pistoiese, e in tal caso quello di Andreini sarebbe cognome d'arte. A venti anni, combattendo per il granduca di Toscana, cadde in prigionia dei Turchi e vi rimase per otto anni. Tornato in patria nel 1576, iniziò la professione di comico recitando parti da innamorato e poi, entrato nel 1577 o 1578 nella Compagnia dei Gelosi, assunse il ruolo che particolarmente lo rese famoso, quello cioè del Capitan Spavento da Vall'Inferna. Nello stesso periodo, (1578) sposò Isabella Canali, comica e letterata illustre. Insieme gli Andreini recitarono, quasi sempre coi Gelosi, in varie città dell'Italia settentrionale e certamente a Firenze nel 1589; infine, dal luglio-agosto 1603 alla primavera del 1604, recitarono in Francia, alla corte di Enrico IV, a Fontainebleau e a Parigi.
In seguito alla morte di Isabella (Lione, 11 giugno 1604) si scioglieva la Compagnia e l'A. si ritirava a Venezia e poi a Mantova, occupandosi della pubblicazione dei suoi scritti e di quelli di Isabella. Morì a Mantova il 20 ag. 1624, lasciando quattro figlie e tre figli: Giovan Battista, comico e letterato, Domenico, capitano delle guardie, Pietro Paolo, monaco vallombrosano.
Attore assai dotato, oltre che nelle parti citate anche in quella del Dottor Siciliano, del negromante Falsirone, del pastore Corinto, e insieme letterato di varia cultura, soprattutto classica, e poliglotta, l'A. rappresenta un momento assai importante nella storia della commedia dell'arte: quello in cui il professionismo degli attori si sistema in vera e propria accademia di recitazione e nel quale all'uomo di teatro si richiede preparazione letteraria e consapevolezza teorica. Se l'opera dell'A. rappresenta, dal punto di vista letterario, una manifestazione assai minore del secentismo italiano, da quello teatrale rappresenta invece un momento di raggiunto equilibrio. In tal senso possono ancor oggi leggersi le sue Bravure del Capitan Spavento (I parte, Venezia 1607 e 1609, 65 ragionamenti in forma di dialogo; II parte, Venezia 1618 con aggiunta di 30 ragionamenti: l'opera completa è ristampata a Venezia nel 1624), in cui la maggiore creazione andreiniana, il Capitano, oppone le sue stravaganze donchisciottesche al buon senso e all'ironia del servo Trappola, secondo uno schema dialogico assai caro alla commedia dell'arte. E veramente il Capitan Spavento riassume bene la personalità dell'A., con la sua iniziale derivazione classica plautina subito sopraffatta dall'esagerazione secentesca, da una fantasia sbrigliata che dà nel fiabesco, cui talvolta non riesce a sottrarsi lo stesso Trappola. Nell'opera si intravede anche quella ben nota ambiguità, propria del suo secolo, per cui l'intenzione morale che lo autore affidava alle battute del servo, rimane per così dire sullo sfondo e non riesce a costituire il carattere dominante della sua reale immaginazione.
Nell'A. all'estro dell'invenzione e della recitazione si accompagna la consapevolezza dei caratteri che distinguono l'opera letteraria da quella teatrale, il che allora significava giustificare teoricamente l'essenza della commedia dell'arte: questo è il tema fondamentale della sua Prefazione ai 50 scenari di Flaminio Scala, nella quale viene affermata l'autonomia del linguaggio teatrale, cioè l'improvvisazione, da quello letterario inteso come "eccellenza del dire". Gli scenari di Flaminio Scala, forse composti per i Gelosi e comunque ispirati alla loro esperienza comica, sono infatti espressione di un gusto teatrale già autonomo da quello letterario.
Le altre opere dell'A. non si distaccano dalla produzione minore del secolo: L'Alterezza di Narciso e L'Ingannata Proserpina (favole boscherecce, Venezia 1611); i Ragionamenti fantastici posti in forma di dialoghi rappresentativi (ibid. 1612, in numero di 14); Il felicissimo arrivo del Duca Vittorio di Savoia col Serenissimo Don Filiberto suo fratello (edito da D. Lanza per nozze Solerti-Saggini, Pinerolo e Bologna 1889); tra i Prologhi di D. Bruni si attribuisce all'A. il Prologo da ragazzo (D. Bruni, Fatiche comiche, Parigi 1623); due sonetti e un madrigale premessi al Mincio ubbidiente del figlio Gian Battista (intermezzo musicale, Venezia 1620): alcune rime In morte di Camilla Rocca Nobili, comica confidente, detta Delia (Venezia 1613).
Bibl.: F. Bartoli, Notizie istoriche de' comici ital., Padova 1781, pp. 8-13: A. Bartoli, Scenari inediti della Commedia dell'Arte, Firenze 1880, pp. XX-XXV; A. Neri, Il Capitano Spavento, in Gazzetta letteraria, 6 e 13 ott. 1888; D. Lanza, Un capitolo inedito di F. A. comico Geloso detto il Capitano Spavento, Pinerolo 1889; A. D'Ancona, Origini del teatro ital., II, Torino 1891, p. 444, 468, 469, 482, 485; E. Bevilacqua, Gian Battista A. e la Compagnia dei Fedeli, Torino 1894.