ACRI, Francesco
Nato a Catanzaro nel 1836, morto a Bologna nel 1913. Fu un filosofo mistico. L'educazione ricevuta dai padri liguorini lasciò in lui un'orma profonda: il pensiero della morte turbò il senso della bellezza del mondo sensibile, ch'ebbe viv0, e la passione per la pura speculazione. In questa dimostrò ingegno robusto, abile anche nella critica e sottilmente dialettico. Fu giobertiano: d'un giobertismo strettamente ortodosso e voltato in senso neoplatonico. Perciò si legò d'amicizia con l'abate Vito Fornari. Dal'62 al'64 seguì diligentemente le lezioni del Trendelenburg a Berlino. Tornato in Italia, fu nominato all'università di Palermo; poi (nel'71), chiamato a Bologna a succedere, nella cattedra di storia della filosofia, a F. Fiorentino. Con questo ebbe un'aspra polemica. Combatté la scuola dello Spaventa e l'idealismo hegeliano soprattutto per ragioni religiose. Per ciò combatté più tardi anche le conseguenze materialistiche e agnostiche del positivismo. Di lui resta un tentativo di costruzione quasi unico, l'Abbozzo d'una teoria delle idee (Palermo 1870). Del neoplatonismo giobertiano, in verità, colse l'aspetto originariamente platonico, e il platonismo stesso intese al lume della sua concezione subordinante la realtà al mistero, la filosofia al dogma. L'opera, a cui consacrò gran parte della sua vita, fu la traduzione di dodici Dialoghi di Platone: ch'è un capolavoro stilistico. L'amore per la frase elegante, nitida, di sapore trecentesco, ha risalto anche negli altri scritti. Quest'insieme di attitudini fece di lui un carattere singolare. Visse generalmente lontano dal mondo, ma non evitò le occasioni per dimostrare coraggiosamente le sue convinzioni cattoliche, anzi clericali. Ma queste non pregiudicarono mai i suoi sentimenti sicuramente nazionali.
Gli scritti originali dell'Acri sono raccolti in quattro volumi: Videmus in aenigmate, Bologna 1907; Amore, Dolore, Fede, ivi 1908; Dialettica turbata, ivi 1911; Dialettica serena, Rocca S. Casciano 1917.
Bibl.: Rimasto per lungo tempo presso che ignorato, lo rivelò un art. di G. Gentile, in La Critica, VI, 1908, pp. 27-40 (riprodotto in Le origini della filosofia contemporanea, Messina 1917, I, pp. 385-403), ancor oggi fondamentale. Per il carattere dell'uomo e dello scrittore v. L. Ambrosini, in Il Rinnovamento, III, 1909, fasc. 5° e 6°. Altre indicazioni bibliografiche in R. Mondolfo, F. A., Bologna 1914.