BAFFO, Franceschina
Nacque ai primi del sec. XVI a Venezia, forse da Girolamo Baffo, che fu provveditore e capitano in Napoli di Romania e poi senatore. Oltremodo scarse le notizie biografiche. Raggiunse il vertice della carriera letteraria nel decennio compreso fra il 1543 e il 1552, come si ricava da numerose testimonianze che sottolineano una posizione di notevole prestigio intellettuale, se ancora nel secolo successivo Francesco Antonino Della Chiesa ricordava che "fiorì con sì gran fama di dottrina e scienza che molte persone illustri da lontani paesi andarono a quella Città per visitarla e conoscere in lei gli effetti di quelle meraviglie che molti racontavano". Poi il suo nome scompare nella Venezia ormai dominata dalla fervorosa spiritualità dell'Accademia della Fama e pervasa dai brividi ascetici del Fiamma e del Magno. La dimenticanza dové precorrere così la morte di questa modesta scrittrice, la cui attività non varcò le soglie della prima metà del secolo.
Arbitra di questioni d'amore appare nel Dialogo amoroso del Betussi (Venezia 1543)insieme al Pigna e al Sansovino, mentre nel Raverta dello stesso autore essa è piuttosto una garbata suggeritrice di problemi che alternerà con piacevoli aneddoti e favole cortesi. Il Doni se ne deliziava ("Io stupisco, io rinasco, io risuscito. Che mie rime, o mie lettere? Ohimé ch'io sono fatto guasto d'amore di voi perché m'avete abbagliato con la fama, con gli scritti e con l'opere; e sebbene io non vi guato con gli occhi io strabilio con la memoria") e non esitava a inserire la lettera alla B. - che contiene un gustoso autoritratto di maniera bernesca - nei Pistolotti amorosi (1, Venezia 1522, C. 12),mentre il Brevio ne scriveva con entusiasmo al Domenichi (Della nuova scielta di lettere di diversi di Bernardino Pino,II,Venezia 1574, p. 331).
Dettò rime d'amore per un Camillo, uomo d'armi al seguito di Guido Rangone, di cui la B. pianse la lontananza: "Ma poi che tolta n'è l'amata vista / E che privo di voi n'ha rio destino, / Onde in van duolsi ognor l'alma mia trista, / Sovengami talor di noi vicino, / Che lo star senza voi troppo n'attrista / E perciò porto gli occhi e il viso chino". È un motivo sincero d'affetto in un esiguo canzoniere che non spiacque ai contemporanei e neanche al sicuro gusto letterario di qualche settecentista.
Fonti e Bibl.: Le lettere del Doni alla B. si leggono in Tre libri di lettere del Doni,Venezia 1552, pp. 56, 73; gli unici sonetti reperibili della B. in appendice al Dialogo amoroso del Betussi, ai Madrigali del Cavalier Luigi Cassola piacentino,e in Rime diverse di motti eccellentissimi autori nuovamente raccolte dal Domenichi,I,Venezia 1549, cc. 348 ss., furono ristampati nell'antologia di L. Bergalli, Componimenti poetici delle più illustri rimatrici d'ogni secolo,I,Venezia 1726, cc. 69 ss., e più recentemente da G. Bianchini, in F.B. rimatrice veneziana del sec. XVI, Verona 1896. Cfr. inoltre F. A. Della Chiesa, Teatro delle donne letterate, Mondovì 1620, p. 157; G. M. Crescimbeni, Istoria della volgar poesia, V, Roma 1711, p. 83; G. M. Mazzuchelli, GliScrittori d'Italia, II, 1,Brescia 1758, pp. 38-39; P. L. Ferri, Biblioteca femminile italiana,Padova 1842, pp. 27-28.