TOCCAFONDI, Francesca
Nacque a Siena da Giacomo e da Domenica Passi il 15 settembre del 1638 nei pressi della chiesa di S. Biagio e fu battezzata il giorno seguente. Rare sono le informazioni sui suoi anni giovanili e sulla sua famiglia d’origine: non è noto il mestiere del padre ma tutte le fonti concordano sulla povertà della famiglia e sulla forte devozione della madre.
Anche la vita di Toccafondi sembra essere segnata precocemente dalla vocazione religiosa, dalle pratiche ascetiche, da segni di santità mistica sempre più evidenti. Non è nota la data in cui divenne terziaria francescana. Per diversi anni visse in una casa nei pressi della chiesa del Suffragio assieme alla madre e ad altre due donne (una laica di nome Caterina e una terziaria agostiniana, Lucrezia) in una sorta di comunità religiosa femminile informale, dedicandosi all’orazione, a pratiche ascetiche e conducendo una vita molto austera. La piccola comunità di donne si sostentava anche grazie alle elemosine di molti sostenitori che si affidavano alle preghiere e al conforto spirituale di Toccafondi, riconoscendole un ruolo di santa donna e di madre carismatica. Ebbe direttori spirituali di diversi ordini religiosi (gesuiti, camaldolesi – tra i quali l’abate Vitale Perini –, domenicani, francescani, agostiniani, come Ottone Petrucci) e preti secolari (tra i quali Pietro Viticchi, Andrea Castellucci, Virgilio Cenni). Per iniziativa di due di loro – l’eremita Antonio Mattei, infermiere presso l’ospedale di S. Maria della Scala, e don Virgilio Antonio Cenni, cappellano delle fanciulle dell’ospedale (morto il 15 novembre 1684) – all’inizio del 1675 si trasferì a S. Maria della Scala con il ruolo di 'padrona', ossia direttrice, del cosiddetto 'convento di mezzo' delle fanciulle (che erano divise per fasce di età).
Tra il luglio del 1677 e il marzo del 1678 per ordine di Mattei scrisse una lunga relazione autobiografica, successivamente riordinata e divisa in capitoli, con l’aggiunta di lettere e di altri scritti di Toccafondi, dal confessore Cenni. Una copia manoscritta è conservata presso la Biblioteca nazionale di Firenze (Conventi soppressi da ordinare, Filippini, 21, striscia 118) con il titolo Vita della serva di Dio Suor Francesca senese del terzo ordine di S. Francesco, scritta da la medesima per obedienza.
L’opera è divisa in tre libri: 1. Descrizzione fatta per obedienza da suor Francesca… al suo p. spirituale di tutto ciò che gli è ocorso in vita sua circa le cose esteriori in ordine alla vita spirituale; 2. Lumi, sentimenti, e cognizioni di suor Francesca; 3. Lettere della medesima a diverse persone. Il rimaneggiamento del testo e la sua struttura definitiva sembrano funzionali a un possibile processo di beatificazione, che però non fu mai avviato. Allo stesso scopo lo scritto fu sottoposto al vaglio di religiosi ritenuti esperti di mistica, tra i quali il cappuccino marchigiano Antonio Francesco Candelari.
A Siena per molti anni, Toccafondi svolse un ruolo di madre e maestra spirituale all’interno di un gruppo di cui facevano parte donne e uomini, laici e religiosi regolari e secolari e molte monache claustrali, affiancando e poi raccogliendo l’eredità di un’altra carismatica – la terziaria agostiniana Barbara Squarci, morta in fama di santità nel 1662. Le lettere delle due terziarie passavano di mano in mano, erano lette anche nelle comunità religiose, spesso copiate e custodite con cura come documenti di perfezione. La scrittura di Toccafondi è faticosa e incerta nel tratto, fortemente dipendente dall’oralità, quasi priva di punteggiatura, come per molte persone 'semicolte', che non avevano compiuto studi regolari: tuttavia questo non impedì alla terziaria di usare molto e con piena consapevolezza il mezzo scritto né di raggiungere una notevole profondità spirituale, originalità espressiva e autorevolezza che i suoi direttori spirituali le riconoscevano. La maternità in spirito di Toccafondi e di suor Barbara poggiava sul loro carisma di 'sante vive', sulle loro esperienze mistiche e sui doni divini di cui entrambe erano ritenute fruitrici.
Toccafondi morì la notte del 21 giugno 1685 in 'odore di santità' nell’ospedale di S. Maria della Scala di Siena. L’arcivescovo Leonardo Marsili dispose un esame autoptico, eseguito da alcuni fisici e chirurghi (tra i quali Cristofano Rustici, Giovan Battista Valenti e Bernardino Pucci). Bisognava verificare soprattutto la natura di alcuni segni – una croce e alcune lettere – impressi sul petto di Toccafondi, la cui fama si era diffusa negli ambienti religiosi di Siena.
Quei segni venivano così descritti nella relazione dell’autopsia: «sopra la mammella sinistra il venerando nome di Giesù con croce, e sotto la medesima, dalla parte destra un J nel mezzo un H, e dalla parte sinistra un S, e sotto le dette lettere dalla parte destra un segno in forma rotonda a guisa d’un O grande, e nel mezzo albicante, e vicino a detto segno per la parte sinistra vi era apparentemente la lettera M» (ACDF, Stanza Storica, B.4.h (1680-1739), c. 333 r). I medici stabilirono che si trattava di segni superficiali, impressi sotto la cute da mano umana. Alcune nobildonne senesi devote di Toccafondi furono interrogate a proposito di quelle lettere: i figli e le figlie spirituali della santa donna erano consapevoli della loro natura non miracolosa. La vedova Vittoria Bartalini, interrogata presso la propria abitazione dal cancelliere dell’arcivescovo il 22 giugno, depose di essere stata testimone oculare, circa 26 anni prima, dell’iscrizione delle lettere sotto la pelle di Toccafondi con acquaforte (acido nitrico) e 'pennello gentile' da parte della terziaria Barbara Squarci, previa approvazione del frate agostiniano Ottone Petrucci, confessore ma anche figlio spirituale delle due sante donne. Toccafondi aveva inoltre raccontato a Vittoria di essersi fatta rinnovare quei segni alcuni anni dopo, perché col tempo stavano scomparendo. All’interno del gruppo di devote e devoti di Toccafondi non c’era dunque alcun dubbio sul carattere umano di quella iscrizione, il cui significato era da mettere in relazione con il ruolo di madri spirituali esercitato dalle due terziarie e con una sorta di passaggio di testimone da parte di suor Barbara a Toccafondi. Come appare da diverse fonti documentarie e soprattutto dall’autobiografia, suor Barbara aveva infatti esercitato nei suoi confronti una funzione maieutica: grazie al suo carisma del discernimento degli spiriti, aveva portato Toccafondi alla consapevolezza dell’esperienza mistica che la santa donna stava vivendo. Sembrava capace di leggere nel suo cuore come in un libro aperto – ricordava Toccafondi nell’autobiografia –, e così incise di sua mano sullo stesso cuore – come in un libro – i segni di uno speciale cammino di perfezione, e dell’appartenenza di Toccafondi all’invisibile comunità di spirituali di cui anche lei stessa faceva parte. Nell’atto dell’iscrizione sul corpo di Toccafondi sembra condensarsi l’essenza del legame che univa le due carismatiche, il segno di un’appartenenza comune e di un riconoscimento reciproco: l’atto di incidere, lungi dall’essere una pratica segreta di simulazione, assumeva i caratteri di un rito dall’alto valore simbolico.
Due anni dopo la morte di Toccafondi – a partire dall’estate del 1687, ossia dall’ultima fase del processo dell’Inquisizione romana contro il mistico spagnolo Miguel de Molinos – , la città di Siena fu investita, come il resto dell’Italia, da un’ondata di processi per quietismo. I figli e le figlie spirituali di Toccafondi ne furono travolti: in particolare l’eremita Antonio Mattei, individuato come capo del gruppo senese (condannato infine come 'eretico dogmatista' all’abiura pubblica e al carcere a vita), suor Caterina Ottavia Carpia delle Abbandonate e il prete Silvestro Nelli, anch’essi condannati. Nelle maglie dell’indagine, oltre ai vivi, finirono anche lettere e documenti di direzione spirituale, scritture, libri, immagini devote e, più in generale, la memoria di persone già morte. Tra queste anche Barbara Squarci e – soprattutto – Toccafondi, i cui scritti furono sequestrati, inviati a Roma dal cardinale Flavio Chigi e passati al setaccio dai censori dell’Inquisizione romana. A occuparsene fu in particolare il frate minore conventuale Giovanni Damasceno Bragaldi, che li esaminò a partire dai tomi di lettere, ritenute particolarmente pericolose in quanto «più divulgate, sparse e conservate da molti» e da molti «raccolte e fatte copiare […] et unite in più tomi in foglio» (ACDF, Stanza Storica, U.V.27, c. 12: Relazione…). Negli scritti di Toccafondi vennero rintracciate «molte propositioni false, temerarie, insane, malsonanti, relassative della disciplina cristiana, non pie, sapienti d’eresia, erronee». Dopo la condanna di Molinos e la costruzione di un 'paradigma quietista' da parte dell’Inquisizione romana l’intera materia mistica era guardata con sospetto e soprattutto alcuni temi, formule, espressioni venivano facilmente ricondotti al quietismo, eresia mistica per eccellenza. Alcuni tratti della spiritualità di Toccafondi risultarono fortemente sospetti: «la totale indiferenza et abandono nel divino volere», la morte di se stessi, lo stato di quiete, l’orazione mistica. I tentativi intrapresi con sistematicità dalla congregazione anche negli anni seguenti per sequestrare e censurare gli scritti di Toccafondi e tutto ciò che la riguardava sembrano dimostrare la tenace devozione nei confronti della terziaria e il culto della sua memoria.
I cinque tomi manoscritti di «vita e opere di suor Francesca Toccafondi» furono infine condannati da un decreto dell’Inquisizione del 3 settembre 1691. A seguito del decreto fu fatta istanza all’arcivescovo di Siena di raccogliere «omnes libros, litteras et scripturas sororis F.T.» e di non permettere che fossero divulgati (ACDF, Censurae Librorum, 1690-92, f. 28) . Nei mesi successivi l’ingiunzione venne estesa a tutte le diocesi toscane, segno forse che la devozione verso Toccafondi e la diffusione dei suoi scritti spirituali avevano varcato i confini del territorio senese.
Città del Vaticano, Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede (ACDF), Sant'Officio, Inquisizione Siena, Processi, 57; Inquisizione Siena, Lettere, 209; Inquisizione Siena, Lettere Speciali, 216; Stanza Storica, B.4.h (1680-1739); U.V.27, c. 12: Relazione di proposizioni estratte dai mss di suor Francesca Toccafondi di Siena, terziaria di S. Francesco, diretta da alcuni quietisti e morta in Siena l’anno 1685 in concetto di santità; U.V.49, f. 46; Censurae Librorum, 1690-92, f. 28; Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi soppressi da ordinare, Filippini, 21, striscia 118: Vita della serva di Dio Suor Francesca senese del terzo ordine di S. Francesco, scritta da la medesima per obedienza (contiene in appendice a c. 55rv: Del felice transito, essequie, e sepoltura di s. Francesca);
G.G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad scriptores ordinum minores S. Francisci…, III, Romae 1908, p. 223; A. Malena, L’eresia dei perfetti. Inquisizione romana ed esperienze mistiche nel Seicento italiano, Roma 2003, ad ind.; Ead., Custodi di un’invisibile identità. Monache, lettere e Inquisizione a Siena negli anni della lotta al quietismo, in I monasteri femminili come centri di cultura tra Rinascimento e Barocco. Atti del convegno storico internazionale, Bologna, 8-10 dicembre 2000, a cura di G. Pomata - G. Zarri, Roma 2006, pp. 231-257; Ead., Madri in spirito. Note di lettura su direzione spirituale e discorso autobiografico negli scritti di Paola Maria di Gesù Centurione (1586-1646) e F. T. (1638-1685), in Donne, poteri e saperi nella storia delle religioni, a cura di S. Boesch Gajano - E. Pace, Brescia 2007, pp. 315-337; Ead., Pratica della perfezione. Forme e linguaggi della direzione in una comunità di spirituali. (Siena, XVII sec.), in Storia della direzione spirituale, III, L’età moderna, a cura di G. Zarri, Brescia 2008, pp. 437-458; Ead., Quietismo, in Dizionario storico dell’Inquisizione, diretto da A. Prosperi, III, Pisa 2010, pp. 1288-1294; Ead., Carismi femminili: mistiche del Seicento, in Una città al femminile. Protagonismo e impegno di donne senesi dal medioevo a oggi, a cura di A. Savelli - L. Vigni, Siena 2012, pp. 63-86.