BRANDI, Fracesco Uguccione
Appartenente a una delle principali famiglie urbinati, devota ai signori della città, nacque nel 1327 a Urbino da Sante di Uguccione. Per questo motivo è ricordato spesso come Uguccione (Hugucionis, Uguccioni, de Ugozonis; la forma de Aguzzionis è errata), talvolta semplicemente come Francesco da Urbino. I più antichi autori lo qualificano erroneamente come inglese o francese. La casa dove nacque, con il suo stemma cardinalizio (tre monti con un braccio impugnante una spada, oggi stemma dei marchesi Latoni-Brandi), esiste ancora e si trova nei pressi della chiesa di S. Domenico.
Dopo aver iniziato gli studi nella città natale, seguì a Bologna le lezioni di diritto civile e canonico di Giovanni di Legnano. Più tardi è ricordato come doctor decretorum. ma anche in utroque iure. Verso il 1357, secondo una tradizione biografica, sarebbe entrato alla corte pontificia, dove fu apprezzato per la sua preparazione giuridica in particolare da Urbano V e Gregorio XI. Dopo lo scoppio dello scisma fu nominato da Urbano VI vescovo di Faenza, succedendo a Stefano Benni (o Beneri) morto nel 1378. Non risiedette mai però nella sua diocesi che governò tramite vicari o procuratori. A quel tempo risiedeva a Roma, dove il 16 nov. 1379 rilasciò una deposizione sugli avvenimenti relativi all'elezione di Urbano VI, a favore del quale si adoperò attivamente anche presso Antonio da Montefeltro, signore di Urbino.
La sua devozione indusse Urbano VI a inviarlo come legato in Castiglia, Aragona e Navarra con uno stipendio annuo di 700 fiorini, per sollecitarne il riconoscimento. Per agevolargli il compito gli fu consegnata una bolla sigillata con la versione ufficiale dell'elezione, suffragata da ventotto testimonianze ("factum"), che doveva aprire solo alla presenza del re. Gli ambasciatori castigliani presso la corte di Urbano VI dietro forti pressioni acconsentirono ad ospitare l'ambasceria pontificia sulla loro galea che lasciò l'Italia l'8 sett. 1380 e raggiunse Barcellona il 27 dello stesso mese.
Il B. con il suo seguito inaugurò la missione presentandosi al re d'Aragona, Pietro IV il Cerimonioso, quindi assieme al giurista Francesco de Siclenis si recò in Castiglia, ma senza il terzo ambasciatore magister Robert de Stratton, al quale fu proibito l'ingresso in quel Regno in quanto inglese. In un discorso pronunciato davanti al sinodo nazionale di Castiglia il 25 nov. 1380 il B. difese Urbano VI, adducendo diciassette "veritates" per sostenere la legittimità della sua elezione. Da buon canonista si appellò a un concilio generale per riportare l'unione all'interno della Chiesa. Con questo auspicio egli esprimeva probabilmente un'opinione personale (ispirata dall'insegnamento di Giovanni di Legnano), alla quale resterà fedele per tutta la vita, nella sua qualità di promotore del Concilio pisano. Il giorno successivo la bolla segreta fu aperta davanti al re Giovanni I di Castiglia e il 4 marzo 1381 i rappresentanti pontifici replicarono verbalmente alle accuse della parte avversaria. L'azione del B. in Castiglia fu sostenuta con particolare impegno dal giurista Mathias Clementis, che assistette il rappresentante di Urbano con il suo apporto letterario. Dopo che la Castiglia si schierò, il 19 maggio 1381, dalla parte del papa avignonese, il B. si trattenne ancora per un anno in Aragona e Navarra, dove favorì quelle corti sul piano economico, senza riuscire però - nonostante l'appoggio inglese - a modificarne l'atteggiamento di neutralità assunto nel conflitto tra i due papi.
Nel 1383 il B. fu trasferito all'arcivescovato di Benevento, ma non gli riuscì di soppiantare il rivale, nominato da Clemente VII e sostenuto dalla corte napoletana. Urbano VI gli conferì allora, il 23 ag. 1384, l'arcivescovato di Bordeaux soggetto alla dominazione inglese, dove egli fu attivo anche come collettore pontificio. Intrattenne buoni rapporti con la corte inglese, in particolare con il duca di Lancaster la cui candidatura al trono di Castiglia appoggiò con abilità e discrezione. Sempre nella sua qualità di legato continuò ad occuparsi degli affari aragonesi e solo la morte di Pietro IV, sopraggiunta il 5 genn. 1387, e il passaggio del suo successore Giovanni d'Aragona dalla parte di Clemente VII posero fine alla sua legazione. Ancora in vita re Pietro, il B. era stato assalito dagli avversari, derubato e incarcerato; sulla questione nel 1389 egli raggiunse un accordo con Giovanni.
Dopo l'improvvisa morte di Giovanni di Castiglia (9 ott. 1390), fu inviato insieme a Juan Gutiérez come legato di Bonifacio IX in Castiglia, León, Aragona, Navarra e Guascogna. Morto il suo collega nell'aprile del 1394, il B. promulgò l'indulgenza del giubileo per tutti coloro che fossero ritornati all'obbedienza romana, ma senza conseguire successi tangibili.
Nel frattempo continuò a svolgere la sua attività nell'arcivescovato, sempre con l'appoggio inglese.
Improvvisamente Innocenzo VII, che lo conosceva probabilmente sin dai tempi del suo soggiorno di studio a Bologna, lo nominò, il 12 giugno 1405, cardinale presbitero dei SS. Quattro Coronati e lo confermò come amministratore di Bordeaux, per cui fu chiamato da allora "cardinalis Burdegalensis". Quando Gregorio XII e Benedetto XIII dovevano incontrarsi a Savona per discutere delle loro eventuali dimissioni, il B. lasciò Bordeaux e si recò con un seguito di teologi e di canonisti a Savona e quindi a Siena. Dato che Gregorio XII faceva difficoltà e creava nuovi cardinali, il B. si distaccò da lui e si appellò, insieme con altri cardinali, a un concilio generale che doveva tenersi a Pisa nel 1409. Fra i più zelanti patrocinatori del concilio, egli assunse l'incarico di ottenere il consenso delle corti di Londra e di Parigi.
Nella lettera credenziale rilasciatagli il 17 luglio 1408 i cardinali lo raccomandarono al re Enrico IV d'Inghilterra come "celsitudinis vestrae maxima charitate et affectione coniunctus et erga statum honoremque vestrum solertissimus". Abbandonò l'Italia per mare e raggiunse l'11 ag. 1408 Parigi, dove trattò fino al 5 novembre con il re e l'università. Passando per Boulogne-sur-Mer e Calais arrivò a Londra, dove si dovette alla sua influenza personale se il re e il sinodo nazionale si decisero in favore del concilio promulgato dai cardinali. Nel corso del viaggio di ritorno si trattenne di nuovo a Parigi per raggiungere Pisa il 5 maggio 1409. Prese parte alle sessioni del concilio e all'elezione di Alessandro V come pure alla commissione di riforma istituita dal nuovo papa. Contrario inizialmente all'elezione di Giovanni XXIII, sembra che, dopo, vi abbia consentito per essere questa avvenuta "concorditer". Certo è che questo papa lo confermò amministratore di Bordeaux e abate commendatario di S. Nicola "in portu" nella diocesi di Sebenico.
Morì all'età di ottantacinque anni il 14 luglio (viene indicata anche la data del 12 o 14 agosto) 1412 a Firenze e fu seppellito per suo desiderio accanto al sepolcro di Gregorio XI nella chiesa romana di S. Maria Nova al Foro Romano, dove si conserva una lastra di marmo che riproduce la sua figura in formato naturale.
Il B., "vir potens in opere et sermone", non fu solo un dotto canonista e un pio prelato, ma anche uno dei più influenti difensori della causa romana nell'Europa sudoccidentale e un energico propugnatore dell'idea conciliare.
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