GIOCONDO, Fra
Giovanni da Verona detto fra G., architetto e umanista, nato a Verona circa il 1433, morto a Roma il 10 luglio 1515, è una delle più interessanti figure del Rinascimento dell'Italia Settentrionale, per il quale rappresenta press'a poco ciò che Leon Battista Alberti per l'architettura toscana. E, come l'Alberti, egli può essere definito un architetto senza architetture; perché la sua attività artistica si limitò a fornire progetti che i capimastri e gli architetti secondarî eseguivano. Questa divisione fra idea e pratica fu di tanto danno alla sua fama, che, se non vi fossero prove indirette sicure, noi dovremmo negargli, sulla base dei documenti, ogni attività, e considerarlo, tutt'al più, un semplice teorico dell'architettura. Così la Loggia del Consiglio di Verona (1476-1488) dovrebbe essere assegnata soprattutto a Daniele Banda: il Fondaco dei Tedeschi, a Venezia, a Girolamo Tedesco, e perfino il ponte di Notre-Dame sulla Senna, a cinque arcate, famosissimo ai suoi tempi (per non dire del secondo ponte parigino, per cui è nota la testimonianza del distico del Sannazzaro) sarebbe stato costruito da due ignoti capimastri di Parigi. Ma seguendo la sua attività, lo ricorderemo a Napoli, dal 1489 al 1495, architetto del duca di Calabria e di Re Alfonso II, intento alla costruzione di Poggio Reale e ad aggiungere 126 illustrazioni al trattato di architettura militare e civile di Francesco di Giorgio, apparso nel 1476.
Ai primi del 1500 egli era in Francia, anche ivi architetto del re, specialmente intento nella costruzione del Castello di Gaillon, i cui resti si trovano oggi nel cortile della Scuola delle belle arti di Parigi. Molta importanza, sia per i lavori idraulici intorno alla Brentella, sia per le costruzioni militari, ha il periodo che va dal 1506 al 1509, il tempo della lotta contro Massimiliano, nel quale egli diede i piani per la fortificazione di Treviso e di Padova, precedendo per i bastioni raggiati il Sanmicheli e il Vauban. È di questa epoca anche il progetto, tanto decantato dal Vasari, per il quartiere di Rialto e per il Ponte; quartiere fabbricato poi dallo Scarpagnino, ma di cui si ha ricordo in una bella medaglia rappresentante il Loredan che lo offre a San Marco: dove si vede, per sfondo, una veduta del quartiere stesso, come doveva apparire se fosse stato eseguito (Venezia, Museo Correr).
La fama del G. era allora tanta, che il Papa lo chiamò nel 1514 a Roma per guidare Raffaello nella continuazione di S. Pietro. E pare si debba a lui l'idea di trasformare la basilica insigne da chiesa a croce greca in chiesa a croce latina. Ivi egli moriva l'anno dopo, octogenarius et amplius, dice un contemporaneo. Per questa attività di architetto, che è ancora quasi tutta da rivendicare, ad onta degli studî del Geymüller, e per quella stessa di antiquario, a cui si deve una delle prime e più cospicue raccolte di epigrafi latine, e poi la scoperta e la pubblicazione delle lettere di Plinio, e la pubblicazione degli Aquedotti di Frontino, dei Prodigi di Giulio Ossequente, del De re rustica di Catone, del Breviario di storia romana di Aurelio Vittore, e in fine dei Commentarî di Giulio Cesare, con illustrazioni che ricordano molto l'edizione veronese del Valturio, dovuta anch'essa a Giovanni da Verona, egli va considerato il padre dell'architettura veneta, la quale subito dopo di lui, per opera del Falconetto, veronese anch'esso, e certo suo discepolo, si affermava con leggi spaziali sue proprie.
Bibl.: G. Vasari, Le Vite (Vita di fra G.), ed. Fiocco, Firenze 1915; G. Fiocco, Giov. G. Veronese, Verona 1916 (estratto dagli Atti dell'Accad. di agricoltura... di Verona, s. 4ª, XVI (1915); B. Biadego, Fra Giov. G., Venezia 1917; Willich, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XIV, Lipsia 1921 (con ampia bibl.); P. Leseur, Le château de Bury et l'architecte fra G., in Gaz. des beaux-arts, II (1925), pp. 337-57.