found footage
<fàund fùtiǧ> locuz. sost. ingl., usata in it. al masch. – In area cinematografica di ricerca e sperimentazione, tecnica che diventa stile: l’uso cioè di materiali preesistenti (che siano filmati di repertorio o spezzoni di film decontestualizzati, o ancora filmini amatoriali e familiari), decontestualizzati e sottoposti a un riutilizzo espressivo che, tramite un montaggio ellittico, associativo o puramente formalistico, sia atto a comporre un risultato di volta in volta astratto, ironico, politico, controinformativo. Una tale pratica di rimontaggio dei materiali aveva già avuto sviluppo fin dalle avanguardie storiche e si era definita con l’avanguardia situazionista dei film di Guy Debord, con l’underground americano anni Cinquanta e Sessanta del 20° sec. (Bruce Conner), con il cinema di ricerca italiano degli anni Sessanta e Settanta (Alberto Grifi, Paolo Gioli, Gianfranco Baruchello) e quindi, diventando di per sé un'operazione autoriale, ha conosciuto negli anni Duemila una sua reviviscenza con i film di cineasti come l’ungherese Peter Forgacs, gli italo-armeni Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, il tedesco Matthias Muller, l’americano Ken Jacobs, l’italiano Roberto Nanni, l'austriaco Peter Tscherkassky.