fotogiornalismo
s. m. – Sviluppatosi negli anni Trenta del Novecento con l’ingresso della fotografia sulla carta stampata, che riconosce nella commistione di testo e immagini la sua peculiare forma di comunicazione, alla base del f., la volontà di raccontare gli avvenimenti attraverso un approccio 'partecipativo' che vede il fotografo impegnato in prima linea per registrare i momenti significativi degli eventi. Questa idea è entrata in crisi nella seconda metà del Novecento, quando sono emerse alcune delle questioni che saranno sviluppate e approfondite nel dibattito contemporaneo, tra cui l’effettiva capacità dell’immagine fotografica di produrre messaggi esaustivi e rispondenti alla verità degli eventi rappresentati. La questione del rapporto dell’immagine con la realtà è tornata di particolare attualità in seguito alla rivoluzione tecnologica e all’avvento del digitale, quando la facilità di manipolazione del documento visivo ha sollevato il problema della credibilità delle immagini pubblicate sulla carta stampata, imponendo a molte redazioni l’adozione di codici comportamentali per regolamentarne l’uso. In questo nuovo contesto, il f. ha registrato dei cambiamenti decisivi che investono sotto diversi aspetti i meccanismi di produzione, diffusione e ricezione del prodotto fotografico. In seguito alla globalizzazione del mercato, nel nuovo millennio il sistema delle agenzie fotogiornalistiche ha visto la graduale estromissione delle piccole e medie realtà a favore delle grandi imprese private, comportando di riflesso una tendenza generale all’uniformità e alla standardizzazione dei contenuti iconografici sui rotocalchi (processo facilmente osservabile a livello internazionale analizzando la copertura mediatica dei grandi eventi, che tende all’utilizzo di un numero limitato di immagini-icona). Il passaggio dalla carta stampata all’uso della rete come principale luogo deputato all’informazione ha determinato inoltre una trasformazione delle modalità di presentazione, e quindi di fruizione, del prodotto fotogiornalistico, che si apre al multimediale accostando immagini, registrazioni video e documenti di diversa natura. Parallelamente all’accresciuta complessità del sistema di divulgazione delle informazioni, il ruolo e la figura del fotoreporter hanno subito un profondo mutamento rispetto al passato: con la diffusione della tecnologia digitale si è registrato un aumento esponenziale della produzione fotografica amatoriale che, disponibile e facilmente accessibile attraverso la rete e i social network, ha acquistato un ruolo sempre più rilevante all’interno del sistema dell’informazione, sostituendosi spesso all’opera dei professionisti, come è avvenuto in occasione dell’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001. Sono inoltre nate e si sono diffuse nuove pratiche, come il mobile journalism e il citizen journalism, mentre l’utilizzo sempre più frequente di tali fonti da parte dei giornali ha sollevato problematiche relative alla qualità e all’autorevolezza stessa dell’immagine fotografica. Nonostante il peso crescente assunto dalla produzione amatoriale all’interno del settore, il f. 'autoriale' non è scomparso, ma si è rivolto a nuovi spazi di diffusione, primi tra tutti il circuito dell’arte. La tendenza alla musealizzazione dell’opera dei grandi fotografi, celebrata in festival, mostre e spazi espositivi, sottolinea la valenza iconica della loro produzione, che abbandona le pagine dei quotidiani per indirizzarsi soprattutto verso l’editoria specializzata. In questo nuovo contesto emerge il dibattito relativo al processo di estetizzazione, che coinvolge parte della fotografia di reportage, accusata di minare la possibilità di una reale comprensione dei fatti rappresentati attenuando la percezione della tragedia mediante la sua spettacolarizzazione. In opposto, si sostiene che il valore estetico di un’immagine non ne compromette la validità comunicativa, bensì contribuisce a focalizzare l’attenzione sui fatti rappresentati, stimolando la riflessione. Esemplare in questo senso l’opera del fotografo brasiliano Sebastião Salgado, espressione di una tendenza 'classicista' del reportage contemporaneo, in contrapposizione allo stile di autori come Josef Koudelka e Michael Ackerman, che rappresentano realtà oscure e sfuggenti, dalla forte connotazione psicologica. A questo nuovo stile che fa uso di espedienti tecnici come il mosso, lo sfocato, l’inquadratura imprecisa, può essere ricondotta l’opera di molti fotografi, tra cui Paolo Pellegrin e James Nachtwey, interpreti di una fotografia d’autore dalla spiccata soggettività.