FOTOELASTICITÀ
L'indagine sul comportamento statico delle strutture complesse sollecitate si è venuta perfezionando negli ultimi anni sia con l'ausilio del calcolo, sia soprattutto con l'introduzione di nuovi metodi di ricerca sperimentali. Tra questi occupa certamente il primo posto l'indagine fotoelastica che permette di determinare in modo completo il regime di sollecitazioni esistente in una struttura piana sollecitata, operando su modelli trasparenti e basandosi sul fenomeno dell'anisotropia accidentale.
"Si tratta, come ha detto mirabilmente il Danusso, di utilizzare il più sottile ed attento degli osservatori, dandogli l'incarico di scrutare in ogni punto il tensore degli sforzi. La costruzione viene raffigurata in un modello trasparente, il raggio luminoso polarizzato, obbediente ai nostri ordini, vi penetra; mette a contatto per un istante la propria vitalità con quella più intima del modello, tormentato da sforzi paragonabili a quelli che la costruzione effettiva dovrà sopportare; quindi esce e descrive fedelmente sullo schermo, con una elegante successione di sfumature e di tinte, tutto quello che ha veduto".
La principale caratteristica dei metodi fotoelastici consiste nel fatto che la determinazione degli sforzi viene eseguita con l'ausilio della fotografia ed è perciò esente da errori personali.
Stato elastico piano. - Nello studio dei problemi di elasticità a due dimensioni, la distribuzione degli sforzi interni è indipendente dai coefficienti di elasticità, se le forze applicate al contorno sono esse stesse indipendenti da tali coefficienti. È perciò indifferente, per lo studio della distribuzione degli sforzi interni, sostituire alla sostanza da studiare una lamina omogenea isotropa di forma identica, purché naturalmente gli sforzi a cui viene sottoposto tale modello non superino mai in alcun punto il limite di elasticità.
Inoltre per il principio della sovrapposizione degli effetti, diretta conseguenza delle relazioni lineari esistenti tra gli spostamenti elastici e gli sforzi, si potrà ridurre in una proporzione arbitraria 1/n tutte le forze che agiscono sul modello; la distribuzione delle tensioni elastiche sarà la medesima, solo la loro intensità sarà ridotta nello stesso rapporto 1/n.
La ricerca delle tensioni nei problemi di elasticità piana è ricondotta alla determinazione di tre parametri: la direzione α e l'intensità dei due sforzi principali V1 e V2.
È noto infatti che in ciascun punto di una lamina piana soggetta a sforzi esistono due direzioni tra di loro ortogonali, in corrispondenza delle quali le tensioni tangenziali assumono valore zero e le tensioni normali rispettivamente valore massimo e minimo. Tali tensioni prendono nome di tensioni principali. La fotoelasticità ci permette di determinare otticamente l'angolo α e le tensioni principali V1 e V2 e quindi le componenti degli sforzi σy, σy, e τ secondo un qualsiasi riferimento.
L'angolo α viene dato mediante le linee isostatiche, che costituiscono due famiglie di curve intersecantisi reciprocamente ad angolo retto e in un punto qualunque del campo definiscono con le loro tangenti le direzioni delle tensioni principali.
Il fenomeno dell'anisotropia accidentale e le leggi fondamentali della fotoelasacità. - I solidi trasparenti isotropi, allorché vengono sottoposti a forze esterne o a tensioni interne, possono divenire temporaneamente anisotropi (v. anisotropia, III, p. 378) e birifrangenti (v. rifrazione e dispersione, XXIX, p. 308).
Seebeck nel 1813 e Brewster nel 1816, osservarono per primi l'anisotropia accidentale del vetro; Fresnel dimostrò che un punto luminoso risto attraverso un prisma di vetro momentaneamente compresso appare doppio. Brewster ebbe per primo l'idea di applicare i fenomeni della birifrangenza accidentale allo studio delle tensioni nell'intemo dei corpi trasparenti; tale idea venne ripresa da Wertheim e da Léger. Le esperienze vennero fatte su modelli di vetro. W. König studiò nel 1901 la doppia rifrazione di lamine di vetro sottoposte a vibrazioni trasversali.
Ricordiamo che i metodi della fotoelasticità furono applicati per la prima volta nel 1909 in Italia, per opera del Corbino e del Trabacchi, per studiare le distorsioni elastiche di Vito Volterra. Il Corbino studiò il fenomeno della doppia rifrazione accidentale nell'interno di un corpo elastico per effetto delle tensioni create dalle distorsioni del Volterra, mentre il Trabacchi, usando come modelli anelli di gelatina, riuscì a ritrovare sperimentalmente le leggi delle distorsioni.
È noto che, secondo Fresnel, la luce è un movimento vibratorio, le cui vibrazioni sono trasversali, si compiono cioè normalmente alla direzione nella quale si propaga il raggio luminoso. In tale modo è possibile spiegare i fenomeni della doppia rifrazione e della polarizzazione.
Si supponga che un raggio luminoso che si propaga verso di noi, tagli nolmalmente in O il piano del foglio (fig.1). Le vibrazioni della particella di etere O si compiranno nel piano della figura, ma potranno avere forme diverse. Ove avvengano rettilineamente, come, ad esempio, se ciascuna particella vibra parallelamente ad AB (con un ritardo naturalmente rispetto alle particelle che la precedono e con un anticipo rispetto a quelle che la seguono) si avrà luce polarizzata rettilineamente nel piano MN normale ad AB; rotando la direzione AB della vibrazione, ruota con esso il piano di polarizzazione MN.
In alcuni casi la vibrazione potrà avere la forma di un'ellisse o di un cerchio; si avrà allora luce polarizzata ellitticamente o circolarmente, ogni particella del raggio luminoso eseguirà lo stesso movimento avendo al solito uno spostamento di fase rispetto agli altri punti del medesimo raggio luminoso. La luce naturale, cioè la luce emessa da un corpo incandescente, dà vibrazioni la cui forma sono delle ellissi che cambiano di forma e di direzione e sono decomponibili secondo due componenti eguali e indipendenti, situate ad angolo retto, per esempio, secondo AB ed MN.
Se in un fascio di luce naturale si riesce ad estinguere una delle componenti, per esempio la MN, si otterrà luce polarizzata rettilineamente, le cui vibrazioni si compiono secondo AB. Ciò si ottiene mediante apparecchi detti polarizzatori (per esempio, il prisma di Nicol) la cui funzione è, allorché sono attraversati da un fascio qualsiasi di luce, di estinguerne una parte e di lasciar passare solo la luce le cui vibrazioni si compiono rettilineamente in una direzione.
Ruotando il nicol di un certo angolo intorno al raggio luminoso, la direzione della vibrazione della luce emergente ruota di un angolo eguale; se il prisma è traversato da un fascio di luce naturale il raggio emergente avrà intensità costante, perché, come si è detto, la luce naturale risulta composta di due vibrazioni eguali secondo due direzioni ortogonali qualsiasi: una di esse viene estinta dal nicol, la seconda che riesce ad attraversarlo è uguale alla prima.
Se la luce incidente ha forma di vibrazione ben definita (o rettilinea, o circolare, o ellittica: v. figg. 2, 3, 4) e il nicol è orientato con la piccola diagonale secondo xy, allora esso lascia passare la proiezione ab della vibrazione secondo xy ed estingue la restante parte.
Perciò se la luce incidente è polarizzata rettilineamente, la luce passerà interamente se xy è parallela ad AB, in parte se le due direzioni fanno un certo angolo, non passerà affatto se AB è perpendicolare ad xy.
Nel caso di luce polarizzata ellitticamente, la luce darà luogo ad una variazione di intensità del fascio emergente; nel caso di luce polarizzata circolarmente, la luce emergente dal nicol avrà costante intensità, qualunque sia la direzione di xy.
La luce emergente da un nicol, qualunque possa essere la luce incidente, vibra rettilineamente nel piano della sua piccola diagonale. Se quindi, dopo un primo nicol, ne disponiamo un secondo ruotato di 90° rispetto al primo, si avrà estinzione della luce; i due nicol si dicono allora incrociati: il primo prende nome di polarizzatore e il secondo di analizzatore.
Si disponga tra due nicol incrociati una lamina isotropa, avente cioè eguali proprietà in tutti i sensi: il fascio emergente sarà estinto. Ma se si sottopone la lamina ad una sollecitazione qualsiasi, per il fenomeno della doppia rifrazione accidentale riapparirà il raggio luminoso, perché la lamina divenuta anisotropa decompone la vibrazione incidente in due altre dirette in ciascun punto secondo le direzioni principali delle tensioni e le trasmette con due velocità differenti; di queste è minore quella nel senso della maggior tensione. La differenza di velocità δ è espressa (legge di Wertheim) dalla formula:
dove c è una costante dipendente dalla sostanza della lamina e dalla lunghezza d'onda del raggio incidente (la costante c è detta coefficiente ottico del materiale e viene misurata in Brewster: 1 Br = 10-13 cm2/dine. I valori medî del coefficiente c per i materiali ordinariamente usati nelle applicazioni fotoelastiche sono all'incirca i seguenti: vetro 2 ÷ 2,5, celluloide e xilonite 10, bakelite e fenolite 50 e più), e è lo spessore delle lamine, V1 e V2 i valori delle tensioni principali nel punto che si considera.
Se le due vibrazioni si propagassero con la medesima velocità, all'uscita dalla lamina ricomporrebbero nell'aria la vibrazione incidente; ma, essendo le velocità differenti, non saranno più in fase l'una con l'altra e perciò daranno luogo a una luce polarizzata ellitticamente.
Tale luce giungendo sull'analizzatore darà luogo in generale a una vibrazione nella direzione in cui l'analizzatore consente il passaggio, e la luce riattraverserà di nuovo il sistema. La luce sarà in generale ristabilita ogni volta che le direzioni delle tensioni principali della lamina non coincidono con le direzioni nelle quali il polarizzatore o l'analizzatore consentono di passare.
Se ci fosse la coincidenza, le vibrazioni rettilinee uscenti dal polarizzatore in una delle direzioni principali della lamina non sarebbero da questa modificate, e all'uscita dalla lamina avremmo solamente vibrazioni nella direzione del polarizzatore: esse sarebbero estinte dall'analizzatore che non permette che il passaggio delle vibrazioni ad esse normali.
Se quindi si chiamano direzioni principali del sistema polarizzatore analizzatore le direzioni delle vibrazioni che ambedue possono lasciar passare, si potrà dire che la luce è estinta ogni volta che le direzioni principali della lamina sottoposta a sforzi e dell'apparecchio ottico di polarizzazione coincidono.
Ponendo dunque tra due nicol incrociati un modello soggetto a sollecitazione, il sistema ottico non lascerà passare alcuna luce nei punti nei quali le tensioni principali sono parallele alle direzioni principali dell'apparecchio di polarizzazione. Si vedranno perciò, osservando attraverso l'analizzatore, delle linee nere:
a) nei punti nei quali la differenza fra le tensioni principali è nulla (asse neutro);
b) nei punti in cui le tensioni principali sono parallele ai piani di polarizzazione dell'analizzatore e del polarizzatore (linee isocline).
Se si fa ruotare il sistema dei due nicol da 0° a 90°, le linee isocline si sposteranno sul modello prendendovi tutte le possibili posizioni.
La conoscenza delle linee isocline permette di passare rapidamente alla determinazione delle isostatiche e quindi alla determinazione delle direzioni delle tensioni principali in ciascun punto della lamina (fig. 5). Su ciascuna linea isoclina come II′ si conducano dei segmenti paralleli ad OP - direzione del polarizzatore - e si prolunghino fino a raggiungere la linea isoclina infinitamente vicina. Si traccino allora in ciascun punto della nuova isoclina intersecata da tali segmenti rettilinei dei nuovi segmenti nella direzione della nuova OP corrispondente alla nuova isoclina.
Si otterrà in tal modo una famiglia di linee isostatiche; le linee isostatiche dell'altra famiglia risulteranno ad esse ortogonali.
Le linee isocline si possono determinare mediante fotografia; da queste a tavolino si ricavano le linee isostatiche.
È così risolta la prima parte del problema: quella che riguarda la conoscenza delle direzioni delle tensioni principali. Restano ancora da determinare i valori delle due tensioni principali, per cui basta conoscere la loro somma e la loro differenza.
Per risolvere tale problema si hanno a disposizione due metodi: metodi che si possono chiamare ottico-meccanici, basati sulla misura diretta della contrazione laterale subita dal modello per effetto delle tensioni interne, e metodi più moderni puramente ottici perché basati sulla misura della differenza di velocità dei due raggi luminosi.
Metodi ottico-meccanici. - Fin dal 1854 Wertheim aveva indicato il seguente procedimento per determinare la differenza delle tensioni principali.
Si disponga tra un polarizzatore ed un analizzatore incrociati un pezzo di vetro sottoposto a una tensione V uniforme in un solo senso (fig. 6). Il raggio luminoso riuscirà ad attraversare il sistema e per di più apparirà colorato. Variando la tensione a cui si sottopone il vetro, variano le colorazioni. Per un piccolo carico si ha dapprima una colorazione bianca che man mano si trasforma in un giallo limone uniforme e successivamente, con l'aumentare del carico, in un colore arancione, in rosso, in azzurro e poi di nuovo in bianco; aumentando ancora la sollecitazione i colori si ripetono nella stessa successione con leggiere modificazioni, due, tre e più volte finché il modello si frattura ed allora si osserva che persistono certi colori residuali dovuti alle tensioni permanenti interne.
Dal punto di vista pratico, questi risultati hanno una grande importanza per il fatto che i colori richiedono una determinata sollecitazione e se si tratta di sollecitazioni a semplice trazione o compressione, la loro intensità può essere dedotta immediatamente per mezzo di una tabella che fa corrispondere ai diversi valori delle tensioni diverse colorazioni, oppure dal confronto dei colori riscontrati in un modello che si assoggetta a sollecitazioni note. È in tal modo possibile dalla colorazione risalire al valore della tensione.
Se si sovrappone ad una tensione V1 esercitata sul modello in vetro in una certa direzione una tensione V2 ad essa normale ed eguale, si avrà oscurità (fig. 7).
Se invece la V2 è una frazione della V1 si otterrà la stessa colorazione che si avrebbe per effetto della tensione V = V1 − V2. La colorazione è indipendente dall'angolo delle direzioni principali con OA e OP, ma dipende unicamente dalla differenza delle due tensioni principali.
Le linee di eguale colorazione, luoghi dei punti aventi eguali differenze di tensioni principali, prendono nome di isocromatiche. Allorché si vogliono determinare le linee isocromatiche in un modello sollecitato è necessario fare sparire le linee isocline. Il mezzo più semplice per ottenere ciò consisterebbe nel fare ruotare rapidissimamente il sistema dei due nicol incrociati: le isocline che dipendono dall'orientazione del sistema sparirebbero allora all'osservatore, mentre le isocromatiche che, come si è detto, sono invece indipendenti dall'orientazione del sistema dei nicol, si conserverebbero.
Tale metodo viene però scarsamente impiegato, perché in generale le vibrazioni dell'apparecchio impediscono di ottenere buoni risultati fotografici.
Si usa generalmente disporre inclinata a 45° sul polarizzatore una lamina detta a quarto d'onda (lamina in mica di spessore tale da sfasare di un quarto di lunghezza d'onda le vibrazioni trasmesse). Il polarizzatore darà luce polarizzata circolarmente. Disponendo avanti all'analizzatore un'altra lamina a quarto d'onda inclinata di 45°, il nuovo sistema polarizzatore ed analizzatore permetterà di osservare le linee isocromatiche e sopprimerà le isocline.
Per determinare con precisione la differenza delle tensioni principali si procede in questo modo: si sovrappone alla sostanza campione di spessore e, che subisce le due tensioni principali V1 e V2 (V1 > V2), un'altra lamina della medesima sostanza di spessore estesa uniformemente da una tensione V esattamente misurabile parallela a V2. Si otterrà l'oscurità allorché sia verificata la seguente condizione:
Riassumendo, il metodo eonsiste in ciò: una volta conosciute le direzioni delle tensioni principali in ciascun punto del modello in esame, cioè una volta determinate le linee isostatiche, si sottopone una lamina dello stesso materiale del modello (che si sovrappone al modello) a sforzi uniformi di trazione o pressione noti fino a produrre l'oscurità. Allora, una volta misurate tutte le altre quantità che entrano nella relazione precedente, si può calcolare il valore della differenza V1 − V2 fra le due tensioni principali.
Per la determmazione invece della somma delle due tensioni principali, il metodo che generalmente si adotta è quello proposto dal Mesnager: allorché una lamina subisce una tensione V1, il suo spessore diminuisce della quantità:
E essendo il modulo di Young e μ il coefficiente di E Poisson della sostanza costituente la lamina. Se si sottopone la lamina ad una seconda tensione V2 normale alla prima, il suo spessore diminuirà ancora della quantità
Sotto l'azione delle E due tensionì principali V1 e V2 il modello diminuirà il proprio spessore della quantità:
La conoscenza di d permetterà di conoscere la somma delle due tensioni principali e quindi avendo già determinato precedentemente la loro differenza, ci permette di conoscere i valori assoluti delle due tensioni principali. Per misurare la variazione di spessore d del modello, che è dell'ordine di grandezza di pochi micron, si ricorre ad amplificatori a leve molto sensibili. Il più usato è quello ideato dal Coker. Tale apparecchio, riportato nella figura 8, consta essenzialmente di un supporto a forma di ferro di cavallo che porta due aghi G e B. L'ago G si può spostare orizzontalmente mediante una vite micrometrica, mentre l'ago B scorrevole entro la gola C comunica i suoi piccoli spostamenti, amplificati da un sistema di leve intermedie, ad uno specchietto E. Le variazioni di spessore del modello sollecitato, compreso tra i due aghi dello strumento, vengono misurate mediante riflessione di un raggio luminoso sullo specchietto mobile.
La vite micrometrica solidale con l'ago G serve per tarare l'apparecchio. Ruotando infatti di quantità note tale vite, e quindi l'ago G, si sposta di altrettanto anche l'altro ago, premuto dalla molla contro l'ago G e quindi si possono determinare le rotazioni corrispondenti dello specchio mobile.
Metodi puramente ottici. - Il Favre e il Fabry hanno proposto metodi puramente ottici per la determinazione delle tensioni principali. Il metodo proposto dal Favre è basato sulla misura degli spessori ottici (prodotti dello spessore reale per gl'indici di rifrazione).
La lamina sotto l'azione della sollecitazione esterna, divenendo birifrangente, acquista in ciascun punto due spessori ottici e′ e e″ diversi dallo spessore iniziale e0, corrispondenti alle due vibrazioni rettilinee principali.
Si dimostra che le variazioni δ1 = e′ − e0 e δ2 = e″ − e0 sono iispettivamente:
dove a e b sono costanti che dipendono dalla lunghezza d'onda del raggio incidente e dalle proprietà ottiche ed elastiche della sostanza che costituisce il modello. Le due variazioni di spessore ottico vengono misurate mediante un interferometro analogo a quello del Michelson.
Il metodo più recente del Fabry è basato sugli stessi principî di quello del Favre, solamente in esso vengono utilizzate le facce stesse del modello in vetro che vengono leggermente argentate e illuminate con luce monocromatica. La porzione di luce riflessa tornando indietro attraverso la lamina subisce parzialmente una seconda riflessione sulla faccia anteriore. Si osservano così all'emergenza del modello due raggi, quello diretto e quello riflesso che interferiscono. Quando si sottopone il modello a sollecitazioni, esso in ciascun punto assume due spessori ottici differenti dallo spessore iniziale; le frange si deformano e si spostano.
I due spostamenti delle frange, confrontati con la frangia iniziale, ci fanno conoscere le due variazioni di spessore ottico.
Applicazioni della fotoelasticità. - I metodi fotoelastici, le cui prime applicazioni alla tecnica risalgono ai primi anni del sec. XX, hanno subito negli ultìmi anni enormi perfezionamenti e si sono resi utilissimi in molti campi dell'ingegneria. Essi costituiscono ormai per il tecnico un mezzo sperimentale potente per studiare i problemi della distribuzione degli sforzi nell'interno delle strutture sollecitate, problemi che sempre più difficili e complessi si presentano nella pratica.
Fra le applicazioni più importanti eseguite sono quelle dello studio delle sollecitazioni nei fabbricati e nei macchinarî e ultimamente quelle dello studio degli archi, dei portali elastici, delle dighe e dell'azione esercitata sui materiali dalle macchine operatrici.
Studio delle sollecitamoni nei fabbricati. - In corrispondenza dei punti di discontinuità nei fabbricati si notano sempre delle elevate sollecitazioni la cui esatta determinazione ha un grandissimo interesse pratico.
Molti studî si sono fatti sulle fondazioni, soprattutto si è cercato di determinare le sollecitazioni in corrispondenza delle riseghe di fondazione di un muro principale. I risultati delle ricerche eseguite, rappresentati dalle figure che si riproducono, mostrano chiaramente come in corrispondenza di un improvviso allargamento di un muro principale, si abbia un aumento di pressione veramente considerevole (figg. 9, 10). Se si indica con pm la pressione media verticale, si può arrivare nella sezione corrispondente alla risega ad una sollecitazione verticale di circa 2,50 pm; al disotto di tale sezione, in corrispondenza dello spigolo esterno, la sollecitazione raggiunge 3,04 pm. Si manifesta, insieme con la sollecitazione verticale, una piccola tensione trasversale di valore variabile.
Nelle sezioni lontane dalla risega, la sollecitazione tende a concentrarsi verso l'asse. Conviene in pratica, in luogo di usare gradini sporgenti, inclinare le pareti, ciò che ha per effetto di diminuire notevolmente la pressione massima.
La figura 11 ci mostra l'effetto prodotto da una serie di finestre rettangolari praticate entro un muro monolitico di un fabbricato.
In un muro di lunghezza limitata, ove siano praticate due aperture rettangolari con angoli arrotondati nella parte centrale della sezione AB, la sollecitazione è uniforme, mentre nelle parti laterali la sollecitazione è variabile.
Le sollecitazioni raggiungono i massimi valori in corrispondenza delle aperture, sopra tutto in vicinanza degli angoli arrotondati e lungo le superficie superiore ed inferiore dei vani. È necessario perciò ín corrispondenza di tali sezioni rinforzare la costruzione.
È interessante conoscere le sollecitazioni indotte in un muro da un aggetto architettonico in esso incastrato (fig. 12).
L'effetto prodotto da una cornice di coronamento è di cambiare considerevolmente la distribuzione delle sollecitazioni; le isostatiche vengono deviate in corrispondenza dell'aggetto, sulla facciata del muro si ha un aumento di pressione del 75%, che può anche causare delle incrinature nel materiale e il conseguente crollo della cornice.
Si dimostra praticamente e teoricamente un notevole miglioramento nella distribuzione delle tensioni allorché la cornice ha uno spessore molto inferiore a quello dei blocchi del materiale usato nella costruzione.
Studio delle sollecitazioni nei macchinarî. - Se si potessero determinare con esattezza le sollecitazioni a cui vanno soggette le principali strutture dei macchinarî, si risolverebbe un problema di capitale interesse per l'ingegneria meccanica.
Purtroppo ben poco ci dice la teoria anche nel caso semplicissimo di una vite e madrevite.
Nel corpo della vite si manifesta una sollecitazione uniforme di trazione e, se si indica con σ la sollecitazione unitaria, con lo sforzo totale, con Ω l'area della sezione, sarà σ = P/Ω.
Ben complicata invece si presenta la distribuzione delle sollecitazioni alle due estremità, dovute da una parte alla testa e dall'altra al dado, avvitato all'impanatura. L'analisi fotoelastica ci mostra come si accrescano le intensità degli sforzi in corrispondenza di tali sezioni. Tanto più il raggio della gola che unisce il corpo della vite alla testa del bullone è piccolo e tanto più grande sarà la sollecitazione corrispondente. Molto accresciute sono anche le sollecitazioni all'altra estremità, ove viene avvitato il dado, e per effetto di questo si ha la rottura del filo della vite allorché il dado viene avvitato troppo fortemente.
Se così poco ci viene fornito dai mezzi teorici a nostra disposizione in un caso così semplice, è naturale quanta incertezza debba regnare nei casi molto più complicati e difficili che si presentano innumerevoli nella pratica.
Un problema, per esempio, importantissimo nella tecnica è lo studio delle sollecitazioni a cui va soggetta una catena articolata. Sono stati proposti mezzi di calcolo teorici, mezzi che risultano esattamente validi solo nel caso di anelli circolari. Ma se gli anelli che compongono la catena hanno forma ellittica, tali soluzioni non sono se non approssimate.
L'indagine fotoelastica condotta su modelli di celluloide dà un'idea della complicata distribuzione delle sollecitazioni in tali casi. La fig. 15 ci mostra le linee isocline e le linee isostatiche per un anello di forma ellittica. Nelle sezioni normali all'asse dell'anello si hanno forze normali pn e tangenziali pr, i cui valori possono essere determinati sperimentalmente come risulta dalle figg. 13-14.
Le figg. 16-17 ci mostrano le linee isocline e le linee isostatiche per gli anelli di tenuta degli stantuffi dei cilindri delle macchine a scoppio o a vapore.
Grande importanza ha acquistato la costruzione dei cilindri atti a sopportare forti pressioni, come, per esempio, i cilindri dei motori a scoppio, le canne dei cannoni e dei fucili, i cilindri delle presse idrauliche, i recipienti che devono contenere gas fortemente compressi, ecc.
La teoria matematica dell'elasticità viene in tali casi applicata con successo e tali problemi vengono in generale risolti sempre per via teorica. In alcuni casi, però, tale applicazione è impossibile e allora, soccorre l'analisi fotoelastica, come nel caso assai complicato, se non addirittura impossibile a essere risolto analiticamente, in cui, per difettosa lavorazione, i contorni circolari della sezione risultano eccentrici. Questo si verifica in un tubo o in un cilindro di getto per lo spostamento dell'anima al momento del getto del metallo fuso, oppure in un tubo senza saldatura per inesattezza di costruzione.
La fig. 18 ci mostra l'andamento delle isostatiche e la distribuzione delle tensioni principali nella sezione trasversale di un blocco di acciaio di sezione esterna quadrata e foro circolare, come, per esempio, un cilindro di un compressore di anidride carbonica.
Sono assai usati nelle costruzioni meccaniche gl'innesti a coda di rondine. La figura 19 ci mostra l'andamento delle linee isostatiche lungo la superficie di contatto EFCD. La sollecitazione varia da sezione a sezione, nella sezione GH appare costituita principalmente da una forza normale P e da una forza trasversale Q.
Bibl.: E.G. Coker, Photoelasticity, in Engineering (1911); id., Lateral Extensometer, ibid. (1930); E.G. Coker e L.M.G. Filon, A treatise on Photoelasticity, Cambridge 1931; E.G. Coker e L. Luiggi, Il metodo sperimentale di Coker per determinare gli sforzi interni nei materiali da costruzione mediante la luce polarizzata, in Annali d'ingegneria, 1916; G. Colonnetti, La statica delle costruzioni, I, Torino 1928; O.M. Corbino, Le tensioni create in un corpo elastico dalle distorsioni del Volterra e conseguente birifrazione accidentale, in Rend. Acc. Lincei, 1909; A. Danusso, Indagini sperimentali sulle costruzioni, "La fotoelasticità", in Rend. sem. mat. e fis., Milano 1932; C. Fabry, Sur une nouvelle méthode pour l'étude expérimentale des tensions élastiques, in Comptes Rendus de l'Acad. des sciences, 1930; id., Nouvelle méthode pour l'étude expérimentale des tensions élastiques, in Génie civil, 1930; H. Favre, Méthode purement optique de détermination des tensions intérieures se produisant dans les constructions, in Schweiz. Bauzeitung (1927); id., Sur une nouvelle méthode optique de détermination des tensions intérieurs, in Revue d'optique, 1929; id., Note sur la méthode purement optique de détermination des tensions intérieurs, in Génie civil, 1930; A. Mesnager, Détermination expérimentale des efforts intérieures dans les solides, Parigi 1929; G. Oberti, La fotoelasticità, in Rend. sem. mat. e fis., Milano 1932; id., Indagini sperimentali sulle costruzioni con l'ausilio di modelli, ivi 1935; G.M. Pugno, La determinazione degli sforzi e della loro distribuzione nei solidi mediante la luce polarizzata, in L'Ingegnere, 1923, 1926, 1927; G.C. Trabacchi, I fenomeni di doppia rifrazione accidentale prodotti dalle tensioni create in un corpo elastico delle distorsioni di Volterra, in Rend. Acc. Lincei, 1909; E. Volterra, La fotoel. e le sue applicazioni allo studio delle tensioni interne dei corpi elastici, in L'ingegnere, 1930; id., Metodi ed applicazioni della fotoel., ibid., 1930.