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FOTOCHIMICA

di Vittorio Carassiti - Franco Scandola - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)
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FOTOCHIMICA (XV, p. 776; App. II, 1, p. 962)

Vittorio Carassiti
Franco Scandola

La f. è quella branca della chimica che studia le reazioni indotte dalle radiazioni elettromagnetiche nel campo del visibile e dell'ultravioletto. Negli ultimi trent'anni la f. ha subito una profonda evoluzione, assumendo ormai lo status di disciplina autonoma con proprie problematiche, tecniche sperimentali, e strutture teoriche.

L'assorbimento di un quanto di radiazione visibile o ultravioletta promuove la molecola assorbente dal proprio stato elettronico fondamentale a uno stato elettronico eccitato. Le molecole eccitate hanno struttura elettronica (configurazione orbitale e/o repulsioni interelettroniche) diversa da quella delle molecole nello stato fondamentale e sono pertanto da considerarsi specie chimiche distinte da quelle, con proprie caratteristiche chimiche e fisiche.

Da un punto di vista generale, una molecola elettronicamente eccitata può dare luogo a vari processi unimolecolari in competizione fra loro: a) reazione chimica; b) disattivazione allo stato fondamentale con emissione di un quanto di radiazione (fenomeno della luminescenza, che si distingue generalmente in fluorescenza e fosforescenza a seconda della molteplicità di spin dello stato emettente); c) disattivazione a stati elettronici più bassi senza emissione di luce (disattivazioni non radiative, che si distinguono in conversione interna e intersystem crossing a seconda della molteplicità di spin degli stati fra cui avvengono). In aggiunta, le molecole eccitate possono anche dare luogo a vari processi bimolecolari, i più importanti dei quali sono: a) reazione chimica; b) trasferimento intermolecolare di energia, con disattivazione della molecola inizialmente eccitata e simultanea eccitazione di un'altra molecola (in questo caso la prima molecola si chiama donatore e la seconda accettore).

Il "rendimento quantico" di un processo chimico o fisico è definito come il rapporto fra il numero di molecole che dànno quel processo e il numero di fotoni assorbiti dal reagente, e corrisponde, da un punto di vista meccanicistico, al prodotto fra la costante di velocità del primo ordine (o di pseudo-primo ordine) di quel processo e il tempo di vita dello stato eccitato in cui il processo ha luogo.

Per quanto, in senso stretto, la f. s'interessi principalmente dei processi chimici indotti dalla luce, essa in realtà comprende lo studio di tutti i processi chimici e fisici degli stati eccitati, la cui conoscenza è di evidente importanza per chiarire il percorso del sistema fra l'assorbimento della radiazione e la formazione dei prodotti fotochimici primari. Una parte spesso rilevante di ogni studio fotochimico riguarda inoltre l'elucidazione dei processi termici secondari, spesso molto veloci, che generano i prodotti stabili osservati a partire dai prodotti primari di fotoreazione. È evidente che lo studio del meccanismo completo di una fotoreazione è un problema complesso, che può essere affrontato con l'uso complementare di diverse tecniche e metodologie sperimentali.

La tecnica fotochimica più classica comporta la determinazione del rendimento quantico di fotoreazione. Tale determinazione richiede generalmente l'uso di una sorgente di radiazioni monocromatica, condizioni controllate di assorbimento della luce da parte dei reagenti, metodologie analitiche adatte a seguire la cinetica del processo fotochimico, e un mezzo per la misurazione del numero di quanti di radiazione assorbiti dai reagenti nell'unità di tempo (intensità della radiazione assorbita). Per quanto misure assolute possano essere condotte con termopile o altri strumenti fisici, la misura dell'intensità di luce viene generalmente compiuta in modo relativo con l'uso di attinometri chimici, cioè usando reazioni fotochimiche di riferimento a rendimento quantico noto.

Tecniche più moderne di studio delle reazioni fotochimiche sono quelle di sensibilizzazione o spegnimento (ingl., quenching) delle fotoreazioni. Queste tecniche si basano sull'uso dei processi bimolecolari di trasferimento di energia per indurre (sensibilizzare) una reazione fotochimica nell'accettore in seguito ad assorbimento della luce da parte del donatore, o per spegnere una reazione del donatore per aggiunta dell'accettore. Studi di questo tipo, permettendo di popolare, o popolare selettivamente, particolari stati eccitati, possono spesso contribuire in modo determinante all'identificazione degli stati eccitati reattivi. Per es., con queste tecniche è stato possibile stabilire la grande importanza dal punto di vista della f., che ha spesso, nelle molecole organiche, il più basso stato eccitato di tripletto.

In anni relativamente recenti, si sono aggiunti a queste tecniche stazionarie metodi d'indagine a impulsi, basati cioè sull'irradiazione della sostanza in esame con lampi di luce di durata assai breve, seguita dall'osservazione dei processi fotofisici o fotochimici a vita breve che l'irradiazione provoca. Tali tecniche, che vanno generalmente sotto il nome di flash-fotolisi, sono state dapprima messe a punto con tempi di risoluzione dell'ordine del microsecondo (10-6 sec) usando sorgenti convenzionali a scarica gassosa, e quindi portate nel campo dei nanosecondi (10-9 sec) e più recentemente dei picosecondi (10-12 sec) con l'uso di sorgenti a laser. Paralleli progressi hanno fatto anche in questi anni le tecniche di misurazione di tempi di vita brevi di luminescenza.

L'uso di questi strumenti d'indagine nel corso degli ultimi trent'anni ha portato a sostanziali progressi nella definizione sperimentale, nell'interpretazione meccanicistica e nella sistematizzazione teorica della f. di larghe classi di composti chimici. Dapprima la f. di molecole semplici in fase gassosa, poi la f. di sostanze organiche in fase condensata, e più recentemente la f. di composti inorganici, in particolare di complessi di metalli di transizione, si sono sviluppate e continuano a evolversi a un ritmo crescente. È notevole in questi ultimi tempi l'interesse che si sta concentrando anche sugli aspetti applicativi della fotochimica.

Fra le applicazioni pratiche della f. si possono citare numerose applicazioni tecniche e industriali già in atto su larga scala, quali per es., oltre alla fotografia e ai suoi ampi sviluppi, la fotopolimerizzazione, la preparazione di composti nuovi o difficilmente preparabili con altri metodi, la sintesi del nailon 6, i candeggianti ottici, gli stabilizzanti per materie plastiche come scudo contro i danni delle radiazioni ultraviolette, materiali non convenzionali per la produzione di immagini, materiali fotocromici usati come dosimetri di radiazioni in diversi campi, elementi di memoria in calcolatori digitali a logica binaria, filtri solari, nell'industria dei cosmetici, degli alimentari, dei tessili, separazione isotopica per via fotochimica. Quest'ultima applicazione, già in avanzato stato in alcuni paesi anche per quanto riguarda l'uranio, si basa sull'uso di laser per ottenere eccitazioni selettive di specie isotopiche.

La f. ha anche aspetti di rilevante interesse ecologico, con i risultati pratici sull'inquinamento fotochimico atmosferico (fotosmog), sulla fotodegradazione di materiali di rifiuto come le plastiche, gl'insetticidi e altri composti attivi biologicamente, sulla conversione dell'energia solare. Gli studi nel campo dell'utilizzazione fotochimica dell'energia solare sfruttano la possibilità di far avvenire reazioni fotochimiche fortemente endotermiche, che producono cioè prodotti di reazione ad alto contenuto energetico, capaci di ricedere l'energia così accumulata, in un secondo tempo in condizioni controllate. Nel campo dell'inquinamento atmosferico la f. studia i meccanismi di reazione con cui le radiazioni solari agiscono sugl'inquinanti di origine primaria per dar luogo agl'inquinanti secondari.

Bibl.: N. J. Turro, Molecular photochemistry, New York 1965; J. G. Calvert, J. N. Pitts, Photochemistry, ivi 1966; A. A. Lamola, N. J. Turro, Energy transfer and organic photochemistry, ivi 1969; V. Balzani, V. Carassiti, Photochemistry of coordination compounds, ivi 1970; J. M. Mellor, D. Phillips, K. Salisbury, in Chemistry in Britain, X (1974).

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