FOSSILIZZAZIONE
Sotto questo nome si comprendono tutti quei fenomeni che assicurano la conservazione parziale o totale, negli strati della terra, dei resti o delle impronte di vegetali e di animali che sono vissuti nel passato sulla superficie del globo. Generalmente la fossilizzazione non lascia sussistere che lo scheletro, la cui conservazione nelle rocce richiede condizioni speciali, molto di frequente realizzate. La prima condizione per la quale i resti organici hanno lasciato qualche traccia, è che gli esseri, ai quali queste tracce appartengono, non siano stati esposti molto tempo all'aria libera nel periodo che seguì alla loro morte. Infatti le ossa, la cellulosa, le conchiglie si disgregano dopo la morte dell'organismo, più o meno rapidamente, secondo le condizioni in cui si trovano. Così nelle praterie dell'America Settentrionale gli scheletri dei bisonti resistono sulla superficie del suolo non oltre un ventennio; nel Sahara e nelle steppe che circondano il deserto le carcasse dei cammelli scompaiono rapidamente. La condizione essenziale perché resti organici si trovino allo stato fossile è che questi siano rapidamente sepolti sotterra o conservati sott'acqua. Quest'ultima condizione non è sulficiente da sola: così la cellulosa è attaccata nell'acqua dai batterî e gli avanzi vegetali possono, a lungo andare, scomparire senza lasciar traccia; così è pure delle sostanze chitinose e cornee degli animali; per quanto riguarda le parti calcaree, essendo il carbonato di calcio solubile nell'acqua carica di acido carbonico, le conchiglie scompaiono sia nell'acqua dolce sia in quella marina. Così attualmente può succedere che nei grandi fondi oceanici non si trovino gusci provenienti da molluschi o da foraminiferi che vivono numerosi alla superficie, perché essi sono disciolti prima di raggiungere il fondo. Occorre quindi che gli avanzi che si trovano nell'acqua siano ricoperti dai sedimenti dopo un tempo relativamente breve. Oltre a queste cause dipendenti dalle condizioni fisiche contemporanee alla formazione della roccia incassante, i fenomeni geologici posteriori hanno una notevole azione nella distruzione o conservazione dei resti fossili.
Le deformazioni subite dalla litosfera in seguito ai fenomeni di corrugamento o di rassettamento, come le modificazioni profonde determinate nella struttura delle rocce dagli agenti di origine interna, possono rendere irriconoscibili gli avanzi organici conservati per mezzo della fossilizzazione o anche farne scomparire completamente le tracce nei sedimenti. Specie i fenomeni di origine chimica modificano profondamente gli scheletri sepolti negli strati geologici; essi sono stati la causa delle lacune che nascondono oggi, nel dominio accessibile alle nostre investigazioni, la continuità dell'evoluzione della vita sul globo. Per ciò che concerne gli animali precambrici, i fenomeni termici hanno così alterato la natura della roccia, che le tracce di esseri viventi sono rarità. Infine, quando i depositi si sono sollevati e sono emersi tornano ad essere esposti all'azione delle acque di pioggia, il cui potere dissolvente è considerevole.
Processi di fossilizzazione. - Le cinque sostanze chimiche principali che partecipano alla costituzione degli scheletri degli esseri viventi possono essere così classificate in ordine alla loro crescente importanza: carbonato di magnesio, parte integrante del guscio di molte alghe calcaree, briozoi, ecc.; silice, che forma gli organi di sostegno delle diatomee, radiolari e spugne silicee; fosfato di calcio, che costituisce la parte essenziale dello scheletro dei vertebrati ed è diffuso in quello dei brachiopodi; carbonato di calcio, che è secreto da un certo numero di alghe e da molti invertebrati: foraminiferi, polipai, echinodermi, briozoi, molluschi, ecc.; materie organiche, che costituiscono lo scheletro dei vegetali terrestri formando la cellulosa, che è analoga alla spongina delle spicole di spugne, alla conchiolina dei molluschi, alla chitina degli artropodi. Il carbonato di calcio si presenta sotto due forme: calcite e aragonite, che sono associate nel guscio dello stesso animale sia in strati distinti, sia in uno solo. Durante la fossilizzazione l'aragonite tende a trasformarsi in calcite, che è la forma stabile del carbonato di calcio (CaCO3): il cambiamento, quando avviene, produce importanti modificazioni nella struttura del guscio. In altri casi, le conchiglie di aragonite possono disciogliersi e lasciare dei vuoti, in cui le acque circolanti possono depositare il carbonato calcico e ricostituire il guscio; le pseudomorfosi, che così si originano, sono formate di cristalli di calcite e non offrono alcuna traccia della primitiva struttura. In altri casi, la scomparsa della materia organica, dopo la morte, può essere sufficiente a modificare l'equilibrio dell'aragonite e a provocare la sua paramorfosi in calcite. Altre volte avviene un' epigenia del carbonato di calcio, più o meno completa, per mezzo della silice, glauconia, composti ferruginosi, ed è questa epigenia che assicura la conservazione degli elementi trasformati: questo è il caso, p. es., dei modelli di Ammoniti trasformati in pirite, di cui solo i giri interni sono stati epigenizzati, mentre gli esterni sono scomparsi. Mancando l'epigenia, le ammoniti possono completamente scomparire in certi strati, mentre persistono gli aptici, che sono di calcite. Le ammoniti piritizzate possono subire una serie di trasformazioni: quelle che sono a contatto con l'aria umida si trasformano prima in solfato ferroso e acido solforico; poi il solfato ferroso con l'umidità e l'ossigeno si trasforma in ferrico, e ulteriormente avviene, per idrolisi, la separazione in idrossido di ferro (limonite) e acido solforico e ne risulta lo sfacelo delle conchiglie. Talora acque cariche di carbonato di calcio sciolto decomporranno la pirite in solfato di calcio e carbonato di ferro, che, trascinato per dissoluzione, verrà depositato sotto forma di rognoni.
Fossilizzazione dello scheletro degli animali. - I sali di calcio che entrano nella composizione dell'apparecchio di sostegno di numerosi gruppi animali sono intimamente associati a materie organiche, che scompaiono subito dopo la morte: la fossilizzazione ha generalmente per effetto di sostituirle con depositi di carbonato e di fosfato calcico, che contribuiscono al consolidamento dello scheletro, assicurandogli una maggiore omogeneità. Il consolidamento spesso è necessario, perché gli apparecchi di sostegno potrebbero conservarsi solo se sepolti nel termine di un tempo assai breve. In moltissimi animali le differenti parti scheletriche sono mantenute nelle loro posizioni solo dai tessuti e quindi destinate ad una dissociazione; così gli articoli dei Crinoidi, i varî pezzi dei Cirripedi, le ossa dei Vertebrati, ecc. si presentano sovente allo stato fossile in pezzi separati. Frequentemente, mentre gli avanzi di organismi si accumulano, il fango penetra nei vuoti che separano le differenti parti dello scheletro; così pure la cavità viscerale dei ricci di mare, lo spazio compreso fra le valve dei molluschi sono ripieni di una sostanza minerale, che è identica alla roccia incassante. Se il guscio viene a scomparire, perché sciolto, il fossile si troverà allo stato di modello interno e, se il guscio è sottile, l'esame del modello sarà sufficiente per dare un'idea di esso: ciò avviene per le Ammoniti, che si trovano allo stato di modelli interni. Un fossile qualunque lascia naturalmente un'impronta nella roccia ove è contenuto, che ne dà il modello esterno. I modelli esterno e interno sono spesso associati e allora è possibile riprodurre artificialmente la forma del fossile, colando della cera o del gesso nel vuoto lasciato e sciogliendo poi la roccia con acido. Tali modelli si producono talora in natura, per deposito di materie contenute in soluzione; il fossile allora è restaurato in selce o in ossido di ferro. In questi casi, facendo disciogliere la roccia che racchiude il fossile, si ottengono magnifiche preparazioni, come quelle degli apparecchi dei brachiopodi silicizzati. Un caso interessante è quello dell'inclusione di fossili nell'ambra, resina fossile che, in uno stato di fluidità, ha inglobato insetti, aracnidi, miriapodi, foglioline, conservati con i particolari più minuti. Impronte fisiologiche sono le tracce dei passi che lasciano gli animali, sotto forma di vuoti, nella sabbia o nel fango, vuoti che in un tempo successivo sono stati riempiti, dando modelli in rilievo. Talora nei fossili si conserva anche il colore: questo caso è relativamente comune nei fossili terziari, ma è stato osservato, sebbene raramente, anche in quelli cambrici.
Fossilizzazione delle parti molli degli animali. - Rare volte favorevoli condizioni assicurano la conservazione di parti molli: occorre infatti, perché ciò avvenga, che un organismo sia rimasto poco tempo esposto all'aria dopo la morte, altrimenti i materiali protoplasmatici rapidamente vanno in decomposizione. Non si conoscono che rarissimi casi di animali che si siano conservati intatti con le parti molli. È il caso dei mammut (Elephas primigenius) e dei rinoceronti lanosi, trovati, con tutta la carne, sepolti nei ghiacci siberiani; onde, non solo si sono potuti studiare tutti i particolari della loro anatomia, istologia, contenuto gastrico, ecc., ma si è giunti perfino a realizzare su di un'emulsione di tessuti di mammut le reazioni sierologiche: un siero di coniglio, che era stato iniettato con questa emulsione, ha dato un precipitato con un siero di elefante indiano e non ne ha dato con quello di elefante africano; così con una reazione di chimica fisiologica è stata confermata la parentela dedotta dalla comparazione anatomica del mammut e dell'elefante asiatico; nello stesso tempo l'attribuzione dell'elefante africano a un particolare sottogenere ha potuto essere appoggiata su nuovi argomenti. Gli stessi mammiferi quaternarî, mammut e rinoceronte, con le parti molli egualmente conservate, sono stati trovati 20 anni fa, in una miniera di ozocherite (cera fossile) a Starunia (Galizia): il loro bolo alimentare ha potuto essere paragonato con quello degli ungulati siberiani. Una differenza esiste fra i due giacimenti: mentre quelli protetti dal ghiaccio sono coperti di abbondanti peli, quelli della ozocherite ne sono privi. Un altro grande quadrupede terrestre, un rettile dinosauro, Trachodon annectens, è stato trovato nel Cretacico superiore di Kansas (America Settentrionale): su questo soggetto, ottimamente fossilizzato, i particolari superficiali dell'epidermide erano perfettamente visibili sotto la forma di tubercoli arrotondati. Lo stesso disegno è stato riconosciuto sulla pelle di un altro dinosauro, l'Iguanodon bernissartensis, del Cretacico inferiore continentale dell'isola di Wight (Inghilterra). Al contrario è stata osservata una disposizione a forma di placche esagonali sulla pelle di due esemplari di Dinosauri di diversi gruppi, cioè Mosasaurus Becklesii dello Yealdiano e Monoclonius nasicornus del Cretacico superiore dell'Alberta (America Settentrionale): le particolarità istologiche dell'epidermide, in questi grandi rettili terrestri, confermano dunque le affinità dedotte dall'istologia comparata. Una precisa documentazione si è così acquistata sulla fisionomia di questi animali appartenenti a un ordine interamente estinto e molto lontano dai Rettili attuali. Si posseggono inoltre interessanti dati sulla monologia esterna di certi rettili marini secondarî, come gli Ittiosauri; varî musei d'Europa posseggono oggi delle lastre di calcare liassico su cui gli scheletri di questi animali sono circondati dall'impronta del corpo intero, comprese le natatoie dorsali e caudale, le membrane cutanee che circondano le dita degli arti; si conoscono anche i coproliti di questi esseri, che portano la traccia lasciata dal loro passaggio attraverso la valvola spirale dell'intestino. Al posto dello stomaco si vedono gli avanzi di organismi di cui si nutrivano (Pesci, Crostacei, Ammoniti) e infine, nell'interno dell'addome, la presenza di scheletri d'embrioni (da 1-10) ci dice della viviparità di tali esseri. Il giacimento fossilifero più celebre per conservazione di fossili è quello dei calcari litografici di Solenhofen (Baviera): ricordiamo l'Archaeopteryx (v.) con le impronte delle piume conservate; i Cefalopodi Dibranchiati, con le braccia e le borse dell'inchiostro, che ha potuto anche essere utilizzato i Crostacei decapodi, le Meduse, ecc. A un rapido rivestimento di fango si deve la mummificazione della muscolatura dei pesci dell'Oligocenico di Aix in Provenza e dell'Eocenico del M. Bolca (Verona). Un giacimento, celebre come quello di Solenhofen, fu scoperto 20 anni fa nel M. Stephen (Columbia Britannica); esso ha permesso al Walcott di ricostituire con precisione meravigliosa la fauna del Cambrico. In argille scistose gli organismi si presentano sotto forma di modelli silicizzati, che riproducono fedelmente i caratteri delle appendici delle Trilobiti, i particolari delle branchie dei Fillopodi; il percorso del tubo digerente, il numero degli anelli, la faringe degli Anellidi, la morfologia delle Oloturie, ecc. Le sostanze organiche (chitina, conchiolina, ecc.) si possono trasformare in materie carboniose, riproducenti la loro forma. Impronte da sostanze chitinose sono quelle dei Graptoliti che abbondano negli strati silurici della Sardegna, Alpi Carniche, Boemia, Inghilterra, Svezia, ecc.
La fossilizzazione dei vegetali. - I fossili vegetali si trovano generalmente allo stato di modelli. Le piante quando cadono su di un suolo sufficientemente plastico determinano un'impronta; se il tessuto vegetale scompare, e se un nuovo apporto di sedimenti di natura un po' differente lo sostituisce, si produce un modello in rilievo. Più spesso la pianta sussiste un po' di tempo, mentre il deposito si continua; si formerà allora una doppia impronta in cavo e in rilievo: modellando con cura, mediante gesso finissimo, delle cavità nei travertini di Lezaune, si sono potuti ricostruire i fiori e le frutta che vivevano al principio dell'era terziaria nella regione parigina. In natura, se la roccia ambiente è porosa, il vuoto lasciato dalla distruzione delle materie organiche è riempito di sostanze minerali, generalmente carbonato di calcio, silicato di magnesio, bisolfuro di ferro, carbonato di rame, ecc., oppure di particelle argillose o sabbiose. La conservazione è portata a un grado altissimo, se l'acqua che contiene disciolte materie minerali ha potuto penetrare nell'interno dei tessuti. La silice, il carbonato di calcio, il fosfato di calcio riempiono tutti i vuoti costituiti dalla cavità degli elementi anatomici. Questa pietrificazione si è potuta produrre tanto nei vegetali ancora in posto, quanto negli avanzi trasportati e accumulati nelle acque lacustri fortemente cariche di materie minerali. In questi esemplari la cellulosa e i suoi derivati hanno conservato tutti i loro ornamenti, e le sezioni sottili eseguite hanno gli stessi particolari delle sezioni fatte sui tessuti viventi; se la fermentazione ha più o meno distrutto la materia organica e non si ha che il modello fortemente poroso dell'insieme delle cavità del tessuto, allora, prima di fare le sezioni sottili, si riempiono queste cavità con sostanza fluida capace di indurire e rendere compatto l'oggetto. I vegetali sono spesso conservati in masse considerevoli, senza l'intervento di materie minerali, allo stato di torba, lignite, carbon fossile (vedi carbone, VIII, pag. 953 segg.). La struttura microscopica allora spesso conservata in modo notevole e per studiarla bisogna eseguire sezioni sottili, che si schiariscopo con processi chimici, e che poi si studiano per trasparenza al microscopio.