TAMBURINI, Fortunato
– Nacque nel 1683 da Simone e da Vincenza dei conti Vigarani. La sua iscrizione sepolcrale, che ne indica la morte il 9 agosto 1761 dopo settantotto anni, sei mesi e otto giorni, consente di fissare la data di nascita al 1° febbraio o, come attesta la maggior parte delle fonti edite quando Tamburini era ancora in vita, al 2 dello stesso mese. Sulle sue origini sono state avanzate diverse ipotesi: secondo alcuni avrebbe visto i natali a Fanano, Sestola, Iola, Montese o Maserno, tutte località della montagna modenese; secondo altri, a Modena, dove sarebbe stato battezzato nella chiesa di S. Lorenzo.
Suo padre, nato a Maserno nel 1640 e trasferitosi prima a Montese, poi a Modena, fu giudice delle appellazioni di Reggio Emilia e consigliere ducale, oltre che fratello del più celebre Michelangelo (v. la voce in questo Dizionario), generale della Compagnia di Gesù dal 1706. Dal matrimonio tra Simone e Vincenza nacquero altri sei figli, avviati alla vita religiosa: Ercole, che divenne prete pur non distinguendosi per costumatezza e lasciando dietro di sé vari debiti; Carlo, entrato nell’Ordine benedettino e morto precocemente; Lucrezia Matilde e Laura Teresa, monache nel convento modenese di S. Geminiano (la prima ne fu anche priora); Alma Teresa, monaca in S. Marco a Modena, e Francesca, suora cappuccina a Fanano.
Ricevuti i primi rudimenti sotto la guida del padre e, secondo alcune ipotesi, dello zio, Fortunato si indirizzò alla vita religiosa. Entrò come probando nel monastero benedettino di S. Pietro di Modena (1695), emettendovi la professione il 21 maggio 1699. La sua ammissione nell’Ordine ricevette il voto favorevole di vari confratelli, tra cui Benedetto Bacchini e Mauro Alessandro Lazarelli che lo introdussero nel rinnovamento culturale di cui il monastero modenese fu vivace promotore in ambito estense. Durante la formazione, ebbe modo di apprendere le lingue classiche, greco, latino ed ebraico; dovette inoltre iniziare a impratichirsi con lo spagnolo e il francese, di cui si sarebbe servito in molti frangenti della sua lunga carriera.
Probabilmente tra il 1706 e il 1707 fu consacrato sacerdote. Sulla base degli insegnamenti di logica e teologia già svolti a Modena, nell’ottobre del 1710 fu insignito del lettorato di filosofia e, a seguire, di quello di teologia (ottobre del 1713) nel monastero di S. Giovanni Evangelista di Parma. Dal 1713 al 1719 insegnò teologia e collaborò con il vescovo Camillo Marazzani che, approfittando della sua presenza nel monastero parmense, se ne avvalse come esaminatore sinodale.
Le lezioni tenute da Tamburini in quegli anni e i materiali di cui si servì sono ancora reperibili in vari volumi custoditi presso l’archivio di S. Paolo fuori le Mura a Roma. Tra i temi che affrontò spiccano la logica, l’aritmetica, la Fisica e la Metafisica di Aristotele, un corso di teologia organizzato in disputationes («de Sacra Scriptura», «de traditione», «de conciliis», «de ecclesia», «de voluntate divina» ecc.). I suoi scritti includono poi vari trattati (su Dio, sulla Trinità, sull’incarnazione e sulle azioni umane), assieme a testi di carattere morale, liturgico, canonico.
In virtù della sua straordinaria preparazione, nel 1715 fu promosso maestro di teologia presso il collegio romano di S. Anselmo. Gli studi sono pressoché concordi nell’assegnargli gli insegnamenti di teologia e diritto canonico: secondo il biografo Pietro Elli (1995, p. 16), avrebbe insegnato teologia dal 1720 al 1726, passando dal 1729 al 1732 al diritto canonico.
Nel 1717 fu eletto decano del monastero di S. Pietro di Modena e, cinque anni dopo, coprocuratore generale. L’ultimo scorcio degli anni Venti confermò la sua ascesa nell’Ordine e nella gerarchia cattolica: nel 1725 fu nominato priore del monastero di S. Spirito a Pavia, e dal 1726 al 1729 priore di S. Paolo fuori le Mura; nel 1729 divenne cancelliere della Congregazione, nel 1731 abate del monastero messinese di S. Placido e, sei anni più tardi, di quello di Fontevivo presso Parma.
Nello stesso periodo, il pontefice Benedetto XIII lo designò teologo al Concilio provinciale romano del 1725 e consultore della congregazione dell’Indice; poco dopo, il nuovo papa Clemente XII lo volle tra i consultori della congregazione dei Riti. Dal 1736 fu scelto come qualificatore del S. Uffizio e venne interpellato su questioni delicatissime, dall’usura alla filosofia di Giambattista Vico, all’Immacolata Concezione e alle opere della mistica Maria de Agreda.
Nel 1738 fu designato abate del monastero modenese di S. Pietro, in cui aveva mosso i primi passi. Al cenobio, che considerò con affetto speciale, donò libri – che impreziosirono la biblioteca monastica – e sussidi economici. Nonostante il breve rientro nella terra natale, la sua vita rimase tuttavia legata a Roma e alle questioni di Curia, tanto che il 30 aprile 1741 il capitolo cassinese lo indicò come abate di S. Paolo fuori le Mura.
Il 9 settembre 1743, Benedetto XIV lo elevò alla porpora: ricevette la berretta cardinalizia il 12 settembre e il titolo di S. Matteo in via Merulana il 23 seguente (il 9 aprile 1753 avrebbe optato per il titolo di S. Callisto). Il suo ingresso nel S. Collegio portò all’incarico come prefetto della congregazione per la correzione dei libri delle Chiese orientali.
In riconoscimento del nuovo status, nell’autunno del 1743 il duca di Modena gli offrì le pingui rendite della badia di Bondeno. Tamburini preferì però rifiutarle per evitare un cumulo di benefici vietato dalle norme canoniche: «So quanto sia detestata dai padri, concili e canoni, la pluralità dei benefici senza necessità [...] la mia coscienza mi darebbe continue inquietudini», scrisse al sovrano estense (Elli, 1972, p. 59).
Alle molte incombenze affidategli si aggiunse, il 21 gennaio 1747, quella di prefetto della congregazione dei Riti e delle cerimonie. Il 15 settembre 1752 fu poi destinato alla congregazione di Propaganda Fide, della cui stamperia assunse la guida il 18 marzo successivo. Appena un giorno più tardi era ascritto tra i protettori del Collegio greco e, il 10 maggio 1753, veniva nominato prefetto degli studi al Collegio Urbano.
Dal 17 febbraio 1755 al 12 gennaio seguente ebbe il titolo di camerlengo; negli stessi mesi, come dimostrano alcune scritture conservate presso l’Archivio segreto Vaticano, si interessò anche all’elaborazione dell’enciclica di Benedetto XIV Ex omnibus Christiani orbis (1756), rivolta al clero gallicano a favore della piena osservanza della bolla Unigenitus contro le dottrine gianseniste.
Il 5 settembre 1756 divenne protettore della Congregazione cassinese e, il 5 dicembre 1757, dei girolamini. Prese parte al conclave del 1758, in cui, pur senza chances di elezione, ottenne alcuni voti, prima che ne uscisse pontefice Clemente XIII Rezzonico. Nel 1757 accettò, su ingiunzione del papa, il ricco beneficio di S. Maria di Pomposa, giuspatronato degli Este, destinando le ingenti rendite all’ospedale di Modena allora in costruzione.
Come testimoniò il procuratore generale Anselmo Bortoletti, morì nella notte tra l’8 e il 9 agosto 1761 a Roma a causa di una «lunga penosissima infermità» (Martelli, 1994, p. 177). Nella sua vita aveva spesso sofferto, in particolare a causa di febbri reumatiche e di disturbi alla vista. La sua salma fu esposta nella basilica dei Ss. Apostoli, dove furono celebrate le esequie alla presenza del papa e del collegio cardinalizio. Fu sepolto nella chiesa di S. Callisto, di cui era titolare.
Una pagina rilevante della sua biografia è costituita dal rapporto intrattenuto con illustri esponenti della repubblica letteraria, tra cui Scipione Maffei, Daniele Concina e Ludovico Antonio Muratori. Il carteggio con quest’ultimo si rivela di particolare interesse per la ricostruzione della posizione assunta da Tamburini, illustre teologo in seno alla Curia romana, nella fase di redazione di un testo tra i più importanti del riformismo cattolico: la Regolata devozione dei cristiani, dato alle stampe da Muratori nel 1747. Dalla corrispondenza affiorano poi le numerose questioni che agitarono la Chiesa cattolica in quei decenni: dal progetto di riforma del breviario alle controversie sui riti cinesi e malabarici, al voto sanguinario, alla liceità del prestito a interesse. Nel complesso, Tamburini svolse una paziente opera di mediazione tra le istanze del riformismo muratoriano e la Curia, spesso invitando l’amico e concittadino a mitigare alcune posizioni ritenute eccessivamente critiche.
Fonti e Bibl.: Per la nascita al 2 febbraio 1683, cfr. per es. Almanacco per l’anno MDCCXLVII colla nascita e morte de’ più distinti principi e sovrani di Europa, del Sacro Collegio..., Firenze 1747, p. 109; Notizie per l’anno 1754, Roma 1754, p. 90. Le attestazioni sulla località di provenienza non sono suffragate dai registri battesimali, quanto meno nel caso di Modena e Montese (per Iola e Maserno i registri sono andati distrutti nel corso degli eventi bellici). Elogio del cardinale d. F. T. morto in Roma a dì 9 d’agosto 1761, in Novelle letterarie, XXII (1761), f. 42, coll. 660-665; f. 43, coll. 677-682; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, V, Modena 1784, pp. 177-179; N. Bernabei, Vita del cardinal Giovanni Moroni vescovo di Modena e biografie di cardinali modenesi, Modena 1885, pp. 206-211; Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, VI, a cura di R. Ritzler - P. Sefrin, Patavii 1958, pp. 14, 43, 47, 56; Lettere inedite del card. Querini al card. F. T. e a Ludovico Antonio Muratori, a cura di G. Castagna, in Miscellanea queriniana a ricordo del II centenario della morte del cardinale Angelo Maria Querini, Brescia 1961, pp. 39-184; M. Rosa, Riformatori e ribelli nel ‘700 religioso italiano, Bari 1969, pp. 78 s.; P. Elli, Il cardinale F. T. (1683-1761), in Benedictina, XIX (1972), pp. 33-64; Edizione nazionale del carteggio di L.A. Muratori, XLII, Carteggio con F. T., a cura di F. Valenti, Firenze 1975; P. Elli, Il cardinale F. T. da Modena e il suo «De conscientia», Roma 1979; Id., Sei lettere inedite del padre Daniello Concina O.P. (1687-1756) al card. F. T. O.S.B. (1683-1761), in Benedictina, XXVI (1979), pp. 161-188; Id., Le controversie teologiche del Settecento attraverso gli scritti del card. F. T. OSB (1683-1761), in Settecento monastico italiano. Atti del I Convegno di studi sull’Italia benedettina..., 1986, a cura di G. Farnedi - G. Spinelli, Cesena 1990, pp. 464-499; L.A. Muratori, Della regolata devozione dei cristiani, introduzione di P. Stella, Cinisello Balsamo 1990, ad ind.; P. Elli, Lettere inedite del procuratore generale (1751-1757) D. Giustino Capece (1703-1722) al card. F. T. (1683-1761) con annotazioni, in Benedictina, XXXVIII (1991), pp. 62-124; F. Martelli, Michelangelo Tamburini XIV generale dei Gesuiti, s.l. 1994, pp. 145-180; P. Elli, Carteggio del card. F. T. O.S.B. con Francesco III di Modena, Roma 1995; P. Vismara, Oltre l’usura. La Chiesa moderna e il prestito a interesse, Soveria Mannelli 2004, ad indicem.