BENIGNI, Fortunato
Nato il 6 giugno 1756 a Montecchio, oggi Treia (Macerata), da famiglia benestante e colta (i fratelli Giovan Callisto e Telesforo furono letterati di una certa fama), seguì
gli studi in patria, dedicandosi particolarmente alla filosofia, teologia e giurisprudenza. Poeta, ascritto all'Accademia locale detta dei Sollevati, maturata in lui una nuova coscienza, il B. intraprese un'opera di svecchiamento delle condizioni civili ed economiche del piccolo centro natio, dedicandosi a rimuovere, dalla cinquecentesca istituzione accademica, le stantie compiacenze retoriche e a rimettervi vitalità e fini in migliore accordo coi tempi.
Nasceva così ufficialmente l'11 luglio 1778 la rinnovata Società Georgica dei Sollevati di Treia, che comunicava al piccolo centro marchigiano quell'entusiasmo innovatore e quella aspirazione ai miglioramenti agrari legati a tutto un movimento europeo ed italiano, che scendeva dalla grande Accademia di Berna e passava dalle Società venete ai Georgofili sparsi per la Toscana leopoldina. Il B. fu il fondatore e il legislatore della nuova società, e continuò per anni ad esserne animatore infaticabile, censore per due anni, storiografo perpetuo, e incaricato delle esperienze agrarie. I suoi meriti vennero riconosciuti con l'aggregazione da parte di altre Accademie, tra le quali i Georgofili di Foligno e la Società agraria di Torino.
Abate dotto ed erudito, poeta tenue e letterato elegante, il B. alternò e affiancò, simile in questo a molti suoi contemporanei, le piccole futilità eleganti alle cose serie e alle pagine coraggiose. Autore di due poemetti per nozze, la Visione amorosa (Macerata 1782) e La Rosa (Roma 1782; questo riprodotto anche nel n. 16 dell'Antologia romana dell'anno), pubblicava ancora, sul n. 9 dei Giornale delle Belle Arti di Roma del 1785, un altro poemetto, sulla Strage degli innocenti. Main seguito l'attività della Società agraria e la esperienza politica locale lo occuparono quasi totalmente.
Il B. aveva inaugurato la Società con una Memoria sulla necessità ed utilità di un'Accademia agraria, o di agricoltura, significativa ripresa di alcuni temi diffusi dalla pubblicistica veneta, e continuò negli anni seguenti a stampare e a diffondere dissertazioni e opuscoli pratici sulla torba, sulla maniera di seminare il frumento, sugli insetti dannosi, sulla coltivazione delle patate, e simili. A fiancheggiare e diffondere l'attività della Società di Treia nacque il Giornale delle arti e commercio, che uscì a Macerata dal 1780 al 1781, in 4 t01ni, con il B. quale redattore principale.
Era, nell'ambito degli stati italiani più chiusi e più legati al vecchio regime, l'unica via alla discussione e al rinnovamento politico. L'appassionato interesse per quest'opera di miglioramento agrario portò il B. a lottare contro le opprimenti bardature oligarchiche, principale ostacolo alle nuove aspirazioni. Pubblicò così nel 1789 un efficace opuscolo, l'Estemporanea rimostrariza fatta dal parlamentare B. il di 26 marzo 1789 al Parlamento di Montecchio sulla necessità di riformare le vecchie costituzioni montecchiesi del 1739, violento attacco ai privilegi della piccola e superba nobiltà locale; in parecchie pagine egli usava con incisività i terniini della battaglia politica e sociale allora al suo culmine in Francia e parlava a più riprese di terzo stato e di diritti dell'uomo. Alla sensazione e alle critiche sollevate dall'operetta reagì coraggiosamente, ripubblicando l'anno stesso il suo scritto, accresciuto in appendice di un Carteggio vivacissimo, che raccoglieva obiezioni e repliche della polemica.
Il B. fu così in prima fila quando la ventata giacobina portò con sé la speranza di realizzare i sogni e le aspirazioni politiche di mezzo secolo: partecipò all'insurrezione marchigiana del 1799, e venne arrestato e deportato a Civitella, su denuncia di un fratello sanfedista, quale capo e fautore di giacobini. Fu probabilmente iscritto alla massoneria, e già nel 1789 si era parlato di lui come d'uno dei misteriosi affiliati della loggia romana degli "Amici Sinceri", quando questa fu scoperta e dispersa nel celebre episodio che portò alla cattura di Cagliostro. A Roma egli era solito recarsi con notevole frequenza, ma non è dato sapere con esattezza gli ambienti e le amicizie.
Poco conosciamo del B. per gli anni seguenti alla sfortunata esperienza politica. Scoraggiato e amareggiato, si richiuse in se stesso e nel suo mondo provinciale, riprendendo soprattutto la sua attività di erudito e studioso locale, nella quale lasciò traccia non indegna con opere di buona dottrina. Ricordiamo fra queste una Lettera sugli scavifatti nel circondario dell'antica Treja (Macerata 1812) e una dissertazione epistolare Sulla vera patria dello abate D. Luigi Antonio Lanzi (Foligno 1824), l'opera più importante da lui compiuta in questi anni, dedicata a una minuziosa indagine erudita.
Il B. morì nella cittadina natale il 28 ottobre 1831
Fonti e Bibl.: L'archivio dell'Accademia Georgica di Treia, ancor oggi conservato nella vecchia sede dell'Accademia. contiene tutta una ricca e del tutto vergine messe di carte, il cui studio sarebbe di Primaria importanza per ricostruire l'attività e gli intenti dell'Accademia e meglio chiarire la personalità del B. in particolare: oltre alla b. 41, contenente il vasto e significativo carteggio a lui diretto, vi sono conservate molte altre carte personali riguardanti tutta la sua instancabile attività accademica; cfr. per un cenno generale Atti dell'Accademia georgica di Treja. Relazione storica statistica della biblioteca e dell'Archivio municipale letta dal segretario D. Augusto Grassi-Coluzi, Cingoli 1899.
La relazione sulla istituzione dell'Accademia, stesa dal B. e conservata nell'Archivio di cui sopra, è stata pubblicata a cura di G. Meloni, L'Accademia georgica di Treja nella relazione del dott. F. B., nelle Fonti per la storia delle Marche, della R. Deputazione di storia patria per le Marche, Ancona 1939, pp. 171-192; di essa abbiamo reperito una copia manoscritta, recante leggere varianti, a Roma, nella Biblioteca Vaticana, Vat. lat. 10304. Le relazioni del B. con l'Amaduzzi sono testimoniate nelle Carte Amaduzzi della Biblioteca Comunale di Savignano sul Rubicone, vol. 19, Piceni, ff. 1 ss.; e nella Miscellanea di vari giornali, vol. I, B. IV. 79, per quanto riguarda il Giornale delle arti e commercio, che l'Amaduzzi assegna soprattutto, Per l'aspetto redazionale, a Callisto Benigni; cfr. anche G. Gasperoni, Settecento italiano. I. L'Ab. Giovanni Cristoforo Amaduzzi, Padova 1941, pp. 73, 134.
Sull'eco dell'apparizione dell'Estemporanea rimostranza si legga il dispaccio dell'ambasciatore piemontese a Roma del 9 genn. 1790, in Arch. di Stato di Torino, Lettere Ministri, Roma, filza 301, ff. 4 ss., già sottolineato da D. Perrero, Del Cagliostro e dei liberi muratori in Roma secondo i documenti diplomatici sardi (1790), in Curiosità e ricerche di storia subalpina, V, Torino 1883, pp. 231-241.
Cfr. inoltre: G. Colucci, Treja antica città picena, oggi Montecchio, illustrata, Macerata 1780, pp. 236 ss.; Effemeridi letterarie,Roma, 13 genn. 1781, pp. 12 s.; F. Vecchietti-T. Moro, Biblioteca picena, II, Osimo 1791, pp. 192-196; G. M. Baudana, Delle lodi del dott. F. Chiumenti Benigni da Treja (6 giugno 1756-27 ott. 1831), Fermo 1860; D. Spadoni, Prima dell'invasione francese. (Un'accademia e un giacobino di Montecchio), in un numero di saggio di un Raccoglitore marchigiano non più uscito, Macerata s.d.; G. Natali, IlSettecento, Milano 1950, pp. 295 s., 346; E. Piscitelli, La riforma di Pio VI e gli scrittori economici romani, Milano 1958, pp. 123-126; F. Venturi, Elementi e tentativi di riforme nello stato pontificio del Settecento, in Riv. stor. ital., LXXXV(1963), pp. 803 ss.; Dizionario del Risorgimento nazionale, II, pp. 235 s.