Fortuna
Se per il Trecento la fortuna di D. in E. coincide quasi completamente con la fortuna di D. a Bologna (v.), l'età umanistica vede emergere piuttosto Ferrara, dove i poeti estensi, a cominciare dal Boiardo, in vario modo echeggiano la poesia del Fiorentino; dove fervono discussioni sul latino e sul volgare in cui D. appare necessario termine di paragone, come nella Politia litteraria di Angelo Decembrio, specchio dell'ambiente guariniano. Così, più tardi, il poema dantesco entra nelle questioni di lingua, di poetica e di rettorica che si pongono, in pieno Cinquecento, F. Alunno, G.B. Giraldi Cintio, G.B. Pigna e lo stesso Tasso dei Discorsi del poema eroico. Il prolungarsi dell'interesse e dell'ammirazione per il poema nella città estense anche nel secolo meno favorevole a D., il Seicento, è testimoniato da uno scritto singolare come il Farnetico savio (1610) di A. Guarini, dove il Tasso stesso è introdotto a difendere il poeta. Non mancano anche altrove in E. prove di perdurante interesse per la poesia dantesca, dal goffo tentativo d'imitazione del bolognese Giovanni Filoteo Achillini, Il Fedele (1523), alla greve impresa apologetica La difesa di D. (1587) del cesenate Iacopo Mazzoni: ma si tratta di fatti isolati. La linea ferrarese, invece, si allaccia naturalmente a quella modenese: nella nuova capitale del ducato estense la curiosità filologica del Castelvetro e del Tassoni e l'interesse storico del Muratori e del Tiraboschi si richiamano consapevolmente. Lo stesso Muratori, cui molto deve l'esegesi dantesca, non tanto per l'attenzione alla lirica che il buon prevosto riteneva una sua riscoperta (Fubini), quanto per la pubblicazione e la dichiarazione della Cronaca del Compagni, delle chiose di Benvenuto e di altri testi nei Rerum e nelle Antiquitates, non manca di riferirsi espressamente all'acume dei due suoi estrosi cittadini. Meno significativo dell'attività erudita è, nella zona, il dantismo d'arte, che pur sfocia nella seconda metà del secolo XVIII nelle Visioni del ferrarese Varano e nelle cantiche di Vincenzo Monti. Nulla di paragonabile, comunque, a Bologna, dove l'eclettismo classicheggiante dei cosiddetti " Riformatori della Bella Letteratura ", nel suo richiamo all'ordine dopo le concessioni marinistiche dei Preti e degli Achillini, s'ispira stancamente al Petrarca, eccetto qualche sbiadito tentativo di P.I. Martello. Assai più vitale l'antidantismo esploso a Parma con le Lettere virgiliane del Bettinelli, educato nella Bologna dei Riformatori, espressione di un impaziente razionalismo illuministico venato di gusto francese nella città del Du Tillot e del Condillac, che doveva poi placarsi, nello stesso ambiente, nell'estetica neoclassica del " bello ideale ", anch'essa ostile al " goticismo " di Dante. Lo Studio è incapace di segnare una sua traccia: le Orazioni di G. Biamonti, professore di eloquenza all'aprirsi del secolo XlX, parlano del poeta con vacua enfasi; il commento al poema di P. Costa e lo studio di G. Marchetti Della prima e principale allegoria del poema di D. (1819) avviano a quell'accordo tra classici e romantici nel nome di D. (G. Mazzoni) che significherà piuttosto lo spegnersi che il destarsi delle energie. Verranno, poi, il Carducci e il Pascoli; ma allora la fortuna emiliana di D. si sarà risolta nella sua fortuna italiana.
Bibl. - Manca a tutt'oggi un'opera di storia generale sull'E. nei tempi medievali e moderni, perciò sarà necessario rifarsi alle opere citate nelle singole voci di città emiliane (Bologna; Ferrara; Ravenna, ecc.) e di studiosi di D.; per un più generale sguardo sulla fortuna del poeta in E., si veda: G. Carducci, Della varia fortuna di D. (limitato al sec. XIV), in Opere, X, Bologna 1942; V. Rossi, D. nel Trecento e nel Quattrocento, in Scritti di critica letteraria, Firenze 1930, I 293-332; C. Dionisotti, D. nel Quattrocento, in Atti del Congr. Internaz. di studi danteschi, ibid 1965, 333-378; M. Barbi, La fortuna di D. nel sec. XVI, Pisa 1890; G. Ferrero, D. e i grammatici della prima metà del Cinquecento, in " Giorn. stor. " CIV (1934) 1-59; U. Cosmo, Con D. attraverso II Seicento, Bari 1946; U. Limentani, La fortuna di D. nel Seicento, in " Studi Secenteschi " V (1964)1-36; M. Barbi, La fama di D. nel Settecento, in Problemi I 455-473; M. Fubini, Dal Muratori al Baretti, Bari 1954, 18-19; C. Calcaterra, Alma mater studiorum, Bologna 1948, passim; C. Ricci, L'ultimo rifugio di D.A., Milano 19212; G. Fatini, D. presso gli Estensi, in " Giorn. d. " XVII (1909) 127 ss.; G. Foffano, Echi danteschi nel Boiardo, in " Giorn. stor. " XCIX, (1932) 271-274; G. Cavazzuti, Il culto di D. a Modena, in " Atti e Mem. Accad. Scienze Lett. Arti Modena " X (1952) 189-230; G. Rossi, Studi e ricerche tassoniane, Bologna 1904, 367-406; B. Croce, A. Guarino storico e critico, in Nuovi saggi sulla letter. del Seicento, Bari 1931, 106-114; G. Mazzoni, D. nell'inizio e nel vigore del Risorgimento, in Almae luces malae cruces, Bologna 1941, 53-89; A. Vallone, La critica dantesca nell'Ottocento, Firenze 1958, passim. Sulla tradizione manoscritta della Commedia in E.: G. Petrocchi, La tradizione emiliano-romagnola del testo della Commedia, in D. e Bologna nei tempi di D., Bologna 1967 (rist. in Itinerari danteschi, Bari 1969, 204-215).