FORTEGUERRA, Forteguerra
Nacque a Lucca nella prima metà del sec. XIV, da Pagano di ser Lando. Trascorse parte della giovinezza nelle Fiandre, a Bruges, ove, insieme col cugino Bartolomeo, diresse un fondaco commerciale, mantenendo intensi rapporti con la Francia. Fu tra i fornitori di Filippo l'Ardito, duca di Borgogna, nei cui confronti risulta creditore per notevoli somme e per gioielli e drappi d'oro. Sono noti i suoi traffici con mercanti fiorentini, milanesi e astigiani ma in particolare sono conosciuti quelli con altri lucchesi presenti in Francia e nelle Fiandre, come gli Spiafame, i Rapondi e i Totti. A Parigi possedeva alcuni immobili e fu in strette relazioni commerciali con un cugino, Giovanni, ivi residente.
Sposato con una Maulini, ebbe da lei due figli, Giannino e Maddalena. A Lucca abitò nel borgo di San Frediano, nella seconda "ruga".
All'indomani della "libertà", che Lucca ottenne l'8 apr. 1369 dall'imperatore Carlo IV di Boemia, ricomparve nella città natale inserendosi attivamente nella vita politica della Repubblica. Anziano per la prima volta nel bimestre novembre-dicembre 1372, il 23 maggio 1373 fu nominato vicario di Pietrasanta, in luogo di Bartolomeo Ronghi, assente. Regolarmente presente nel Consiglio generale e in quello dei trentasei, ricoprì in seguito svariati incarichi e balie e fu di frequente "invitato" alle riunioni dei Consigli, quando, per le vacazioni previste dagli statuti, non poteva intervenirvi di diritto.
Il 28 ott. 1373 il F. fu eletto fra i quindici cittadini "super nova moneta cudenda" e il 17 dicembre fece parte della Balia dei sei cittadini che doveva occuparsi della presenza sul territorio della Repubblica della compagnia di ventura di C. Wettinger. Il 3 marzo 1374 era nuovamente inserito nella Balia che provvedeva alla coniazione della nuova moneta: questo è il suo ultimo incarico pubblico, documentato, fino al maggio 1378.
Evidentemente, in questi quattro anni il F. fu lontano da Lucca, probabilmente per seguire i suoi interessi mercantili a Bruges, Parigi, Londra e Colonia. Sappiamo con certezza che nel 1376 il duca di Borgogna gli commissionò il pagamento di 13.848 franchi per recuperare alcuni gioielli, precedentemente impegnati. Nel 1374-75 la compagnia mercantile del F. fu impegnata nel finanziamento del riscatto chiesto da Bertrand du Guesclin nei confronti di John Hastings, conte di Pembroke, catturato il 23 giugno 1372 a La Rochelle.
La compagnia mercantile del F., con sede a Bruges, ebbe in questi anni un ruolo non secondario nelle operazioni di finanziamento fatte dai mercanti italiani al papa Gregorio XI ad Avignone: il 17 apr. 1377 il F. e i suoi soci di Bruges, Dino Rapondi e Betto Schietta (secondo il Renouard, "les plus grands brasseurs d'affaires de l'Europe occidentale"), provvidero a trasferire alla Camera apostolica la somma di 6.341 fiorini.
Notizie frammentarie della attività di mercante svolta dal F. negli anni successivi al suo ritorno in patria si ricavano anche dal carteggio ufficiale degli Anziani di Lucca.
Rientrato in città, il 19 maggio 1378 il F. fu nominato vicario di Montecarlo per il secondo semestre del 1382 e il 9 novembre fu eletto nella Balia dei sei incaricata di provvedere al rifornimento e alla manutenzione dei fortilizi dello Stato. Fu anziano nel bimestre maggio-giugno del 1380 e nel settembre-ottobre del 1381. Il 27 dicembre fu poi eletto a far parte del Consiglio sulla Dogana del sale per il periodo gennaio-marzo 1382. Gonfaloniere di Giustizia, per la prima volta, nel bimestre maggio-giugno di quello stesso anno, venne di lì a poco inviato a Genova, quale ambasciatore del Comune, per dirimere una questione insorta fra mercanti lucchesi e genovesi. Nel giugno 1383 fu inviato dal Consiglio generale a Firenze per avviare trattative in vista di una alleanza con Milano: l'episodio è certamente da mettere in rapporto con la discesa in Italia del duca Luigi d'Angiò, erede della regina Giovanna I di Napoli.
Dal luglio del 1383 all'agosto del 1385 il F. si dovette trattenere lontano da Lucca. Tale sua assenza fu con ogni probabilità dovuta sia alla terribile pestilenza, che infierì allora a Lucca e costrinse moltissimi cittadini a rifugiarsi nelle loro residenze di campagna, sia alla necessità di curare i suoi interessi e i suoi impegni commerciali all'estero. Presente nel Consiglio dei trentasei l'8 luglio 1386, il 23 ottobre fu nuovamente eletto gonfaloniere - la massima carica della Repubblica - per il bimestre novembre-dicembre. Ricopriva dunque tale magistratura quando, la notte del 24 dicembre, servì come diacono nella messa natalizia celebrata dal papa Urbano VI, allora a Lucca.
In questa occasione il F., in quanto rappresentante del Comune, ricevette dal papa - secondo il racconto del Sercambi - "un cappello di bievora, foderato di vaio, co una aquila di perle in quello rachamata, e una spada col polso et elsa dorato, con la guaina di vegliuto vermiglio, con una cintura grande d'una fecta di seta coperta tucta d'aguile d'argento dorate" che egli, scaduta la sua carica, si portò a casa provocando le proteste dei suoi concittadini.
Dopo la partenza del papa da Lucca nel settembre 1387, rinsaldata l'indipendenza del Comune e affrontati i gravi problemi finanziari che avevano portato la città sull'orlo del collasso economico e politico, si rafforzarono le fazioni avverse, capeggiate dai Guinigi da una parte e dai Forteguerra dall'altra. Questi ultimi, grazie al F. e a suo cugino Bartolomeo, tentarono di opporsi all'influenza sempre crescente della fazione avversa e ai tentativi per strumentalizzare le istituzioni comunali per il predominio politico. In questa lotta furono appoggiati dalle consorterie dei Burlamacchi, dei Maurini, dei Moriconi, degli Schiatta e dei Rapondi.
In questi anni il peso politico del F. si fece sempre più rilevante. Elettore del maggior sindaco di Comune nel febbraio del 1387, nuovamente incaricato di provvedere alla riforma della moneta, nel giugno si occupò attivamente della lotta contro i "banditi" e del sequestro dei loro beni. Il 26 novembre fu dei dodici cittadini incaricati di provvedere alla elezione dei "commissarii palatii super bono statu Civitatis Lucane", la giunta voluta dal cugino Bartolomeo in sostituzione di quella sulla libertà che costituì il primo successo politico dei Forteguerra nei confronti dei Guinigi.
Il 9 febbr. 1389 presentò al Consiglio dei trentasei una supplica con cui chiedeva di poter abbattere una delle torri appartenenti alla sua casata: sull'area avrebbe edificato un'ala della sua nuova abitazione. È un segno evidente, questo, dell'importanza non solo economica da lui allora raggiunta. La nuova abitazione da lui fatta costruire fece mormorare e provocò l'invidia di una parte almeno della cittadinanza. Il F. fu poi accusato di ostentazione di ricchezza e di lusso; su di lui si appuntarono, dopo di allora, l'odio e il livore di molti.
Nel giugno 1390 fu nuovamente eletto anziano, questa volta per il bimestre luglio-agosto. Nella seconda metà dell'anno la situazione interna si aggravò e la lotta per il potere si fece più dura, sfociando in tumulti e in violenze in seguito all'approvazione di una nuova "Tasca degli anziani", che doveva rimanere in vigore per due anni, a partire dal mese di settembre, e dalla quale i Guinigi erano riusciti a far escludere la maggior parte dei loro avversari e lo stesso loro principale antagonista, Bartolomeo Forteguerra, il cugino del F.; quest'ultimo, allora, si fece parte attiva sia nelle dimostrazioni promosse dalla sua fazione per contestare il provvedimento, sia nei maneggi subito avviati tra i gruppi di pressione dal cugino per giungere a una riforma o a un annullamento della "Tasca".
Il 9 dicembre il F. fu eletto nella Balia dei dodici per la custodia della città e dei castelli. Il 16 di quello stesso mese fu chiamato a far parte della commissione di settanta "assortitori" incaricata dell'imborsamento di una nuova "Tasca degli anziani", che il Consiglio generale si era finalmente acconciato a decretare in seguito alle pressioni esercitate dai Forteguerra e dai loro aderenti. Nella nuova "Tasca" dovevano essere inseriti i nominativi di un maggior numero di cittadini per meglio rappresentare le diverse forze politiche di Lucca. Essa sarebbe stata valida per tre anni, a partire dalla scadenza di quella contestata.
La commissione terminò i suoi lavori nei primi mesi del 1391. La nuova "Tasca" triennale fu approvata nel marzo ma non bastò a far diminuire la tensione nella città, perché non rispondeva alle attese degli avversari dei Guinigi. La parte avuta dal F. negli avvenimenti successivi non fu secondaria. Egli sostenne duramente l'azione del cugino Bartolomeo, il quale continuava a esigere l'abrogazione della "Tasca" biennale, affermando di non essere stato risarcito a sufficienza dell'affronto che con essa gli era stato recato. Quando la situazione si fece critica, in seguito alla conferma della "Tasca" biennale decisa dal Consiglio generale, il F. fu chiamato a far parte, insieme con Pietro Gentili e con Bartolomeo Nutini, di una commissione, cui era stato delegato il compito di risolvere in modo definitivo la vertenza. La delibera sarebbe stata esecutiva, però, solo se decisa all'unanimità. Il F. non riuscì a far prevalere le richieste agitate dalla sua parte e dovette piegarsi ad accogliere il punto di vista propugnato dal Gentili. La commissione confermò infatti la validità della "Tasca" biennale e ribadì che solo al suo esaurimento, nel settembre dell'anno successivo, sarebbe entrata in vigore quella triennale. Tale risultato scontentò Bartolomeo Forteguerra e i suoi partigiani, i quali minacciarono di passare a vie di fatto per imporre le loro ragioni. La tensione a Lucca raggiunse il limite di rottura.
Il 21 dic. 1391 il F. fu eletto fra i sei "pacificatori". Nel gennaio dell'anno successivo il suo nome fu inserito, insieme con quello di altri ventitré cittadini, nella "Tasca" da cui sarebbero stati estratti, ogni bimestre, i nominativi dei quattro "condottieri". Il 22 aprile, mentre continuavano i tumulti e le agitazioni di piazza, fu eletto gonfaloniere di Giustizia per il bimestre maggio-giugno. Fu l'evento che fece precipitare la situazione.
Entrato in carica, il F. avanzò una serie di richieste, tutte tese a realizzare e a sostenere i programmi del cugino, che furono considerate da Lazzaro Guinigi e dai suoi consorti una minaccia intollerabile per la loro sicurezza. La crisi scoppiò la mattina del 12 maggio 1392, quando i sostenitori delle due fazioni si affrontarono in armi nei pressi della torre del Veglio. Nello scontro i fautori dei Forteguerra ebbero la peggio e furono messi in fuga. Rimasto padrone del campo, Lazzaro Guinigi "si mosse", come riferisce il Sercambi, "con alquanti ciptadini… et contadini armati": raggiunta la piazza e unite le sue forze a quelle del podestà, investì il palazzo pubblico, in cui si erano asserragliati gli Anziani e le alte cariche della Repubblica. Appiccato il fuoco alla porta del palazzo sul lato del cortile, riuscì facilmente a penetrare con i suoi nell'interno, dove si scatenò una vera e propria caccia all'uomo: il F., che si trovava nell'appartamento del gonfaloniere, fu preso e trucidato. Il suo corpo venne gettato da una finestra. La condanna a morte e l'esecuzione capitale di Bartolomeo Forteguerra e dei suoi fautori, avvenute il giorno seguente, sancirono la definitiva vittoria dei Guinigi.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca, Consiglio generale, nn. 1-12; Ibid., Biblioteca, Manoscritti, 51, p. 69; Ibid., Diplomatico, Archivio di Stato sec. XIV, 1392 ag. 20; 1392 ag. 31; Lucca, Biblioteca statale, Manoscritti, 1112: G.V. Baroni, Notizie geneal. delle famiglie lucchesi, s.v. Forteguerra, cc. 344-385v; G. Sercambi, Le croniche, a cura di S. Bongi, in Fonti per la storia d'Italia…, XIX-XXI, Roma 1892, pp. 260, 275-279; L. Fumi, Regesti, II, Carteggio degli Anziani, Lucca 1903, pp. 38, 165, 192, 466; G. Tommasi, Sommario della storia di Lucca, Firenze 1847, pp. 265, 268 ss.; S. Bongi, Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, II, Lucca 1876, p. 114; L. Mirot, Études lucquoises, F. F. et sa succession, in Bibliothèque de l'École des chartes, XCVI (1935), pp. 301, 303 ss., 307, 310-315, 319-326, 329-337; A. Mancini, Storia di Lucca, Firenze s.d., pp. 181 s.; V. Renouard, Les relations des papes d'Avignon et des compagnies commerciales et bancaires de 1316 à 1378, Paris 1941, pp. 110, 286, 294, 363; C. Meek, Lucca 1369-1400, Oxford 1978, pp. 44, 192, 217, 220 ss. n. 107, 236, 248, 258, 262, 266 s., 288 n. 89, 292 n. 100, 374; G. Tori, Gli "Ordines trahendi ad incendium ignis" nella Lucca del 1392, in Studi in onore di L. Sandri, III, Roma 1983, p. 944.