FORNACE
Costruzione destinata alla cottura dei manufatti ceramici il cui funzionamento è ottenuto mediante l'uso di combustibili solidi naturali. Oggi come ieri, tale cottura può avvenire a diretto contatto con il combustibile oppure in un vano nettamente separato. Nel primo caso, si ha il «focolare all'aperto», nel secondo caso la f. vera e propria.
«Focolare all'aperto» è un termine adottato convenzionalmente in ambito archeologico per indicare un'area circoscritta, a cielo aperto e senza strutture fìsse, dove i manufatti modellati in argilla vengono cotti a contatto diretto e immediato con il combustibile, subendo una cottura non uniforme e a bassa temperatura. Su un tratto piano di terreno oppure dentro una fossa poco profonda, più o meno adattata all'uso, i manufatti da cuocere sono impilati sopra un letto di rami secchi, legna, carbone o altro materiale da bruciare facilmente reperibile sul posto, in modo da formare un cumulo di forma approssimativamente emisferica, poi coperto con altro combustibile e con cocciame, zolle di terra, sterco bovino e materiale simile, lasciando in questa rudimentale copertura dei fori per il tiraggio.
La bassa temperatura e il calore non uniforme, dovuto alle irregolarità del tiraggio, producono terrecotte di scarsa qualità e provocano una notevole percentuale di scarti. Chiamato anche «a catasta», questo sistema di cottura è usato tuttora in alcuni paesi in via di sviluppo per cuocere ceramica grezza, embrici e laterizi in genere, e trova analogie nel funzionamento delle carbonaie e delle f. da calce.
Rispetto al «focolare all'aperto», la f. consente la cottura dei manufatti senza contatto diretto col combustibile, e rappresenta un netto miglioramento tecnico permettendo minore dispersione di calore, temperatura più elevata, migliore controllo sia del tiraggio sia dell'atmosfera di cottura (ossidante e riducente), e uso più razionale del combustibile. Requisito fondamentale della f. è la capacità di raggiungere la temperatura necessaria per una cottura ottimale dei manufatti, e di mantenerla uniformemente all'interno della camera di cottura.
Il funzionamento (o «fuoco») della f. è intermittente onde permettere carico e scarico dei manufatti, e avviene a fiamma diretta: i prodotti della combustione (gas caldi, fiamme, fumi, ceneri, ecc.) circolano liberamente tra i manufatti da cuocere, che restano però sempre nettamente separati dal combustibile. Si distinguono f. verticali e f. orizzontali a seconda dell'andamento del tiraggio, ossia del percorso seguito dalla corrente d'aria che si forma all'interno della f. all'elevarsi della temperatura a causa del diminuire del peso specifico dell'aria quando è riscaldata.
Nella f. verticale, la camera ove sono impilati i manufatti da cuocere («camera di cottura») è munita di una copertura provvista di fori comunicanti con l'esterno, attraverso i quali avviene il tiraggio, con fiamma diritta e in senso verticale rispetto ai manufatti. Al contrario, nella f. orizzontale la camera di cottura ha la volta chiusa, senza aperture, cosicché i gas caldi l'attraversano con un andamento grosso modo orizzontale poiché l'attivazione della circolazione d'aria avviene tramite un camino, costruito in fondo alla camera stessa e simile nell'aspetto a una piccola ciminiera.
Ne consegue che nella f. verticale la propagazione dell'energia termica avviene per conduzione e per convezione, mentre nella f. orizzontale si sfrutta anche la propagazione termica per irraggiamento, il che ne migliora il rendimento, permettendo di raggiungere temperature oltre i 1000°C e quindi di cuocere manufatti modellati con caolino e argilla caolínica. Largamente sfruttata in Oriente, la f. orizzontale è rimasta pressoché sconosciuta in Occidente sino ai tempi moderni, nonostante la sua superiorità tecnica.
In Occidente,, la f. tradizionalmente usata è quella di tipo verticale, presumibilmente perché nell'area mediterranea scarseggiano le argille caoliniche, mentre abbondano le argille secondarie che, a differenza di quelle, non richiedono temperature di cottura molto elevate. Il vasaio occidentale si è quindi accontentato della f. verticale, meno complicata nella costruzione e meno esigente dal punto di vista della conduzione del fuoco, egualmente in grado di dare buoni risultati utilizzando l'argilla disponibile in loco.
La f. di tipo verticale è una costruzione solitamente orientata in modo da sfruttare al meglio le correnti del vento, composta da una parte inferiore ove avviene il processo di combustione e da una parte superiore ove sono impilati i manufatti da cuocere, separate tra loro da un divisorio orizzontale munito di fori («piano forato»). La parte inferiore della f. comprende la bocca di accesso («prefurnio») e la camera di combustione; di regola è interrata, o quantomeno circondata da un ammasso argilloso al fine di dare maggiore stabilità alla struttura, conferirle maggiore resistenza ai ripetuti sbalzi termici e isolarla termicamente. All'inizio del riscaldamento il combustibile viene acceso nel prefurnio, la cui lunghezza può variare sensibilmente in funzione dell'afflusso dell'aria necessaria alla combustione, e che serve anche per assorbire le esplosioni di fiamma provocate dall'immissione del combustibile. La camera di combustione è il vano dove il processo termico si sviluppa appieno e da cui il calore si propaga verso la soprastante camera di cottura attraverso il piano forato che, dovendo reggere il peso dei manufatti crudi, deve essere sorretto da robusti sostegni per evitare crolli rovinosi. In Italia, gli scavi archeologici hanno riportato alla luce f. dotate di diversi tipi di sostegno, il che ha permesso di proporre una classificazione preliminare e aperta, basata sulla forma della camera di cottura e/o della camera di combustione e sul tipo di sostegno del piano forato.
La parte superiore della f. è costituita dalla camera di cottura che di regola ha forma analoga alla sottostante camera di combustione, avendo il piano forato come pavimento e una copertura che può essere temporanea oppure stabile. Nel primo caso la copertura è costituita da strati di cocciame e argilla poggiati sopra i manufatti crudi impilati sul piano forato; il cocciame è intervallato da piccole aperture per il tiraggio. Rudimentale e di basso rendimento termico in quanto assorbe molto calore e allo stesso tempo ne disperde una grande quantità verso l'esterno, essa è chiamata «temporanea» poiché deve essere demolita alla fine di ogni cottura per poter estrarre i manufatti ormai cotti. Nel secondo caso, la copertura stabile («volta») è un elemento strutturale della f. di cui costituisce il completamento verso l'alto, e rappresenta un notevole miglioramento tecnico agli effetti del tiraggio e della dispersione del calore. Nelle f. di piccole dimensioni essa può essere costruita con mattoni posti scalarmente e aggettanti sino a congiungersi nella chiave di volta, mentre nelle f. di grandi dimensioni può essere formata da tubuli fìttili cavi, oppure da vasi di forma approssimativamente cilindrica, inseriti uno dentro l'altro e attraversati da fori per il tiraggio. Per la sua stessa posizione sopraelevata, la volta stabile è facilmente esposta ai danni arrecati dal tempo, e sono rari i ritrovamenti di f. che ne conservano almeno una parte (Pompei). Carico e scarico dei manufatti avvengono attraverso una porta che può essere in asse col prefurnio (Pompei, Morgantina) oppure laterale o sul retro (Lonato).
Rari sono i ritrovamenti di f. adatte alla cottura in atmosfera ossidante continua quale era necessaria per ottenere ceramica a vernice rossa, dall'aretina alla sigillata africana. I pochi ritrovamenti sinora pubblicati in Gran Bretagna e in Francia testimoniano il ricorso ad adattamenti tecnici che consistevano in tubuli fittili innestati nel piano forato. Questi conducevano i gas caldi dalla camera di combustione alla volta della camera di cottura e quindi all'esterno, trasformando la f. in quella che oggi, in linguaggio moderno, è chiamata «muffola», ossia una f. a fiamma indiretta dove i gas di combustione non hanno contatto diretto con i manufatti in cottura, e dove la propagazione del calore avviene prevalentemente per irraggiamento. Nessun ritrovamento di questo tipo di f. è stato sinora segnalato in Italia.
Dimensioni e capacità portante della f. condizionano tipo e quantità dei manufatti da cuocere, fermo restando che una f. può essere utilizzata per la cottura di specifiche classi di materiali, o di materiali differenti in carichi alternati, oppure essere multiuso. In quest'ultimo caso . si richiede un carico di manufatti dalle caratteristiche analoghe, in modo che temperatura, durata del ciclo termico e atmosfera di cottura siano adatti per tutti, a parte la difficoltà dell'impilaggio di forme diverse ai fini della stabilità del carico.
Nelle f. sinora ritrovate si nota una forte mancanza di sistematicità nelle tecniche di costruzione, cui si aggiunge l'azione di degrado del tempo, facilitata dall'indebolimento subito dalle strutture a causa delle alte temperature e delle dilatazioni e contrazioni provocate dai ripetuti riscaldamenti/raffreddamenti nel periodo di attività.
La prevalenza di ritrovamenti di f. fortemente degradate e la scarsità di studi approfonditi non consentono per il momento di attribuire un determinato tipo di f. a una specifica area geografica e di inquadrarlo in una precisa cronologia; non è inoltre possibile individuare chiaramente quale sia stata l'evoluzione tecnologica, poiché f. dalla struttura semplice e f. dalla struttura più complessa continuano a essere utilizzate lungo i secoli, e talvolta coesistono vicine (Locri, Naxos). Qualunque sia la sua forma, la f. costituisce la struttura principale dell'officina da vasaio e ne rappresenta il simbolo.
Sulla base dei ritrovamenti più significativi è possibile individuare i seguenti tipi (Cuomo di Caprio, 1971-72):
F. rotonde e ovali. - la - a pilastro centrale: Canne (Cuomo di Caprio, 1971-72), Arezzo (ibid.), Policoro (ibid.), Metaponto (D'Andria, 1975), Apani (Cuomo di Caprio, 1978), Lavinio (Fenelli, 1984), Locri (Barra Bagnasco, 1985, 1989), Naxos (Cuomo di Caprio, 1992). - Ib.1 - a muretti radiali: Policoro (Cuomo di Caprio, 1971-72), Metaponto (D'Andria, 1975). - Ib.2 - a muro assiale: Mozia (Cuomo di Caprio, 1992), Naxos (ibid.). - Ib.3 - a muro assiale e muretti radiali: Scornavacche (Cuomo di Caprio, 1992). - le - ad archi: Metaponto (Carter, 1977), Morgantina (Cuomo di Caprio, 1992). - Id - a corridoio centrale: Velia (Mingazzini, 1954), Massinigo (Pace, 1961), Locri (Barra Bagnasco, 1985, 1989), Naxos (Cuomo di Caprio, 1992).
F. quadrangolari. - Ila - a muro assiale: Orvieto (Cuomo di Caprio, 1971-72), Lavinio (Fenelli, 1984), Locri (Barra Bagnasco, 1985, 1989). - IIb - a corridoio centrale: Casola Canina (Bermond Montanari, 1962), Roncolo (Cuomo di Caprio, 1971-72), Pompei (Cernili Irelli, 1977), Roma (Petracca e Vigna, 1985), Naxos (Cuomo di Caprio, 1992). - Ilc - a doppio corridoio: Mevaniola (Bermond Montanari, 1962), Serie (Cuomo di Caprio, 1971-72), Lonato (Rossi, 1987), Crotone (Cuomo di Caprio, 1992). - Ild - a doppio corridoio e doppio prefurnio: Locri (Cuomo di Caprio, 1971-72), Naxos (Cuomo di Caprio, 1992).
Bibl.: P. Mingazzini, Velia. Scavi 192J. Fornace di mattoni e antichità varie, in AttiMGrecia, n.s. I, 1954, pp. 21-38; D. Pace, Fornace romana a Massinigo nella valle della Staffora (Pavia), in Sibrium, VI, 1961, pp. 93-215; G. Bermond Montanari, Fornaci romane rinvenute in Emilia, in ArchCl, XIV, 1962, pp. 162-207; Ν. Cuomo di Caprio, Proposta di classificazione delle fornaci per ceramica e laterizi nell'area italiana, in Sibrium, XI, 1971-72, pp. 371-461; G. Cernili Irelli, Officina di lucerne fittili a Pompei, in L'instrumentum domesticum di Ercolano e Pompei (Quaderni di Cultura Materiale, 1), Roma 1977, pp. 53-72; Ν. Cuomo di Caprio, Apani (Brindisi). Una fornace, in NSc, XXXII, 1978, pp. 423-428; F. D'Andria, Scavi nella zona del Kerameikòs, in Metaponto, I (NSc, XXIX, Suppl.), Roma 1980, pp. 355-452; J. C. Carter, Preliminary Report on the Excavation at Pizzica Pantanello, 1974-1976, in Metaponto, II (NSc, XXXI, Suppl.), Roma 1983, pp. 407-447; M. Fenelli, Lavinium, in Archeologia Laziale VI (QuadAEI, 8), Roma 1984, pp. 325-344; L. Petracca, L. M. Vigna, Le fornaci di Roma e suburbio, in AA.VV., Misurare la terra: centuriazione e coloni nel mondo romano. Città, agricoltura, commercio: materiali da Roma e dal suburbio (cat.), Modena 1985, pp. 131-137; M. Barra Bagnasco, Indagine archeologica su Locri Epizefiri, 1976-1979, in Scavi e ricerche archeologiche degli anni 1976-1979 (Quaderni della Ricerca Scientifica, 112), II, Roma 1985, pp. 181-216; F. Rossi, Lonato (Brescia). Complesso di fornaci di età romana, in NotALomb, 1987, pp. 59-65; M. Barra Bagnasco, Lo scavo, in Locri Epizefiri, II, Gli isolati 12 e 13 dell'area di Centocamere, Firenze 1989, pp. 30-46; ead., Aspetti di vita quotidiana a Locri Epizefiri, in Locri Epizefiri, III, Cultura materiale e vita quotidiana, Firenze 1989, pp. 27-29 (con bibl. prec. sul Kerameikòs di Locri-Centocamere); N. Cuomo di Caprio, Fornaci e officine da vasaio tardo-ellenistiche. Morgantina Studies III, Princeton 1992, con bibl. (un elenco di f. in Sicilia è alle pp. 69-78).
Per la rassegna delle f. pubblicate nel triennio 1975-77: N. Cuomo di Caprio, E. Lissi Caronna, Italia. Rassegna di fornaci per ceramica e laterizi, in RdA, VI, 1982, pp. 90-97.
Per i ritrovamenti in Britannia: V. G. Swan, The Pottery Kilns of Romain Britain (Royal Commission on Historical Monuments, Suppl. Series 5), Londra 1984. - Per la Gallia: F. Le Ny, Les fours de tuiliers gallo-romains (Documents d'archéologie française, 12), Parigi 1988.
Per la cottura della terra sigillata: M. R. Hull, The Roman Potters' Kilns of Colchester, Oxford 1963; A. Vernhet, Un four de la Graufesenque: la cuisson des vases sigillées, in Gallia, XXXIX, 1981, pp. 25-43. ~~ Cfr. anche: AA.VV., Brenntechniken von Keramik und ihre Wiedergewinnung durch experimentelle Archäologie, in ActaPrHistA, IX-X, 1978-1979, pp. 1-165.
Per le raffigurazioni di fornaci su pìnakes: N. Cuomo di Caprio, Pottery Kilns on Pìnakes from Corinth, in H. A. G. Brijder (ed.), Ancient Greek and Related Pottery. Proceedings of the International Vase Symposium, Amsterdam 1984, Amsterdam 1984, pp. 72-82.