FORCIPE
(dal lat. forceps "tenaglia"; ted. Geburtszange).- Strumento ostetrico in forma d'una lunga e robusta pinza, composta di due branche fra di loro articolabili, e destinata ad afferrare ed estrarre la testa fetale dalle vie genitali materne durante il parto.
La sua invenzione spetta, con ogni probabilità, a Pietro Senior Chamberlen verso la fine del sec. XIV; ma rimase un segreto, che si tramandò fra i numerosi medici della stessa famiglia, e fu sfruttato a scopo di lucro fino al principio del sec. XVIII. Tra le numerose modificazioni apportate al forcipe retto originario dei Chamberlen meritano particolare menzione l'aggiunta della curva pelvica, dovuta quasi contemporaneamente ad A. Levret e a M. Smellie (1747 e 1752), il parallelismo delle branche, proposto da J. Thénance (1781), e i tentativi per ottenere la trazione secondo l'asse del bacino, iniziati da E. Hubert (1858).
I tipi fondamentali di forcipe tuttora in uso sono: il forcipe classico a branche incrociate, paragonabile a una tenaglia, e agente come un sistema di leve interfisse (P. Chamberlen, A. Levret, M. Smellie, G. K. Naegele, I. Simpson, C. Schroeder); il forcipe a branche parallele, foggiato a pinza, e agente come un sistema di leve interpotente (J. Thénance, P. Assalini, L. A. Demelin, E. Alfieri, ecc.); e il forcipe traente nell'asse (E. Hubert, S. Tarnier, ecc.). Merita infine d'essere ricordato il forcipe di M. S. Kjelland, di recente proposto, e sperimentato con vantaggio per facilitare la presa e l'estrazione della testa ancora nelle parti alte delle vie genitali.
La branca sinistra del forcipe, che deve essere afferrata con la mano sinistra e introdotta nella metà sinistra del bacino, si chiama anche branca maschio, perché nella maggior parte dei modelli porta un bottone o un perno, che corrisponde a un'intaccatura o a un'apertura della branca destra, detta perciò branca femmina, che deve a sua volta essere afferrata con la mano destra e introdotta nella metà destra della pelvi. L'articolazione dei forcipi inglesi è a doppio incastro.
Ogni branca consta di tre parti: a) la cucchiaia, quasi sempre fenestrata, ricurva sul piatto (curvatura cefalica) per adattarsi alla testa fetale, e costituita dalle gemelle, dal morso e dal colletto; b) il manico, a foggia diversa a seconda dei diversi modelli, che deve essere afferrato dall'operatore; c) la porzione articolare, a bottone, a doppio incastro, o a perno, interposta fra le cucchiaie e il manico nei forcipi a branche incrociate, e spostata all'estremità dei manici nei forcipi a branche parallele. La cucchiaia, oltre alla curvatura cefalica sul piatto, nei forcipi oggi in uso è provvista anche della curvatura pelvica sui margini, con concavità all'innanzi per adattarla alla direzione del bacino. In alcuni modelli è stata aggiunta anche una terza curvatura sui manici (E. Hubert), curvatura perineale; oppure vennero aggiunti speciali sistemi di trazione (S. Tarnier) perché lo sforzo dell'estrazione venga a esercitarsi il più possibile secondo l'asse delle vie pelviche, con minore dispersione della forza traente, e minor pressione sulle parti genitali materne.
Il forcipe esercita una triplice azione meccanica: riducente, ruotante e traente. La prima, a feto vivo, deve essere limitata a quanto è strettamente indispensabile per ottenere una buona presa sulla parte presentata. La seconda solo raramente viene utilizzata dall'ostetrico, che deve limitarsi ad assecondare quel movimento di rotazione interna, che le resistenze delle vie genitali tendono spontaneamente a imprimere alla parte presentata. La terza è più particolarmente utile ai fini pratici, e appunto per questo si sono costruiti i varî modelli di forcipe a trazione secondo l'asse delle vie pelviche. Il forcipe è destinato essenzialmente a essere applicato sulle presentazioni cefaliche; può però essere, in casi particolari, vantaggiosamente impiegato anche sulla testa posteriore al tronco, sulla testa rimasta sola nell'utero, e talora anche sulla presentazione del podice fetale in varietà natiche. In ogni caso, perché il forcipe possa venire usato senza danno, devono esistere alcune condizioni indispensabili (condizioni permittenti) riguardanti il bacino della madre, il grado di dilatazione della bocca uterina, il volume e la consistenza della testa fetale. La presa col forcipe viene notevolmente facilitata, quando la testa è fissa allo stretto superiore, o meglio ancora già impegnata nel bacino.
Nell'uso del forcipe si distinguono indicazioni materne, fetali, e degli annessi. Tra le indicazioni materne ricordiamo: l'inerzia uterina, specialmente secondaria, con prolungata sosta del feto nelle vie genitali, le viziature pelviche di modico grado, l'eccessiva resistenza delle parti molli materne, specie del piano perineale, la minaccia di rottura d'utero a testa fissa, la necessità d'evitare sforzi alla donna perché affetta da aneurisma, ernie, ecc., la febbre in travaglio, gli accessi eclamptici, l'asistolia, gli attacchi dispnoici, la debolezza generale, ecc. Tra le indicazioni fetali: la sofferenza del feto insorgente in travaglio per cause diverse; uno sproporzionato, ma non eccessivo, volume della sua testa (macrosomia) rispetto all'ampiezza del bacino materno; il mancato o ritardato movimento di rotazione interna, specie nelle posizioni posteriori; il rinserrarsi della bocca uterina sul collo del feto durante l'estrazione podalica; la presentazione podalica fissa in varietà natiche, ecc. Tra quelle date dagli annessi fetali: la brevità assoluta o relativa del funicolo; le emorragie da distacco precoce della placenta inserita in sede normale; la putrefazione del liquido amniotico, specie a feto vivo, ecc. L'applicazione del forcipe riesce nella generalità dei casi, quando sia eseguita correttamente, un'operazione innocua per la madre e vantaggiosa per il feto. Per la madre il forcipe ha certamente al suo passivo un certo numero di lacerazioni perineali, non sempre evitabili, specie in donne primipare con rigidità o ristrettezza delle parti genitali esterne, o quando la testa fetale è voluminosa.