Il fondo patrimoniale (artt. 167-171 c.c.) è un istituto introdotto nell’ordinamento italiano con la riforma del diritto di famiglia (l. 19 maggio 1975, n. 151) in sostituzione del patrimonio familiare, che aveva avuto in pratica limitate applicazioni. Il fondo patrimoniale può essere costituito sia prima che durante il matrimonio da uno o da entrambi i coniugi per atto pubblico, o da un terzo, anche per testamento; con la costituzione del fondo si vincolano determinati beni (immobili, mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito) che vengono destinati a far fronte ai bisogni della famiglia. In particolare, salvo che non sia diversamente stabilito nell’atto costitutivo, i beni del fondo non possono essere alienati, ipotecati, dati in pegno o comunque vincolati se non con il consenso di entrambi i coniugi o, se vi sono figli minori, con l’autorizzazione del giudice, che può essere concessa nei soli casi di necessità o utilità evidente. In conformità al principio della sostanziale parità dei coniugi nell’ambito della famiglia, che ha informato la riforma del 1975, la proprietà dei beni che costituiscono il fondo spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto costitutivo, e l’amministrazione è regolata dalle norme relative all’amministrazione della comunione legale; anche i frutti del fondo sono impiegati per i bisogni della famiglia. L’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Il fondo cessa a seguito dell’annullamento o dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, ma se vi sono figli minori dura fino al compimento della maggiore età dell’ultimo figlio. Se non vi sono figli si applicano le disposizioni sullo scioglimento della comunione legale.
Responsabilità patrimoniale del debitore