Fondazione
Nell'ordinamento di diritto civile la f. è un ente di carattere privato da inserire tra le "formazioni sociali" in cui ogni uomo - secondo quanto stabilisce la Costituzione (art. 2) - esplica la propria personalità. L'origine dell'istituto è stata fatta risalire al diritto romano del principato o dell'epoca imperiale, ma per lo più si nega che alle diverse costruzioni, che vennero utilizzate dai romani per destinare una pluralità di beni a obiettivi che trascendono la vita del singolo, corrisponda la f. così come viene intesa dagli ordinamenti contemporanei.
L'autonomia concettuale di un complesso di beni distinti dal soggetto che ne è titolare e che li destina a una specifica finalità è una conquista da ascrivere ai giuristi del diritto intermedio, in particolare ai decretalisti. Ciò ha consentito alla successiva dottrina, civilistica e canonistica, di impostare le "teorie della finzione" mediante le quali è stata a lungo giustificata la capacità giuridica di soggetti diversi dagli uomini, fin lì considerati gli unici portatori di interessi giuridicamente apprezzabili e, di conseguenza, i soli titolari delle relative situazioni. Con l'obiettivo, allora, di poter soddisfare ulteriori, concrete esigenze dell'uomo, l'ordinamento gli equiparerebbe, appunto per pura e semplice finzione, entità diverse dalle persone fisiche, inesistenti nel mondo naturale.
La prospettiva suggerita dal positivismo giuridico ha invece sottolineato l'intrinseca realtà anche della f. per il fatto oggettivo che, in un determinato momento storico, valide norme dell'ordinamento attribuiscono la soggettività a queste entità ideali. Proprio la relatività delle scelte del legislatore, inoltre, spiega come l'istituto sia stato progressivamente piegato, in particolare nell'ultimo scorcio del 20° sec., a finalità non del tutto in linea con quelle per le quali era stato disciplinato - per la prima volta nel sistema di diritto italiano - nel c.c. del 1942 (Libro i, Titolo ii). La conferma è nelle numerose leggi speciali che regolano un fenomeno sempre più diffuso.
Introducendo la disciplina delle persone giuridiche (pubbliche e private) il codice civile ha configurato la f. quale ente dotato di autonoma personalità giuridica, organizzato per la stabile destinazione del patrimonio di un privato a uno scopo, non economico, socialmente utile. L'individualità del fondatore si manifesta nell'atto di autonomia dal quale l'ente trae origine (atto di fondazione); per tradizione se ne distingue, almeno sul piano logico, l'accessorio atto di dotazione, con cui egli elargisce l'iniziale attribuzione patrimoniale. Il più delle volte, peraltro, si tratta di un'unitaria dichiarazione unilaterale, affidata ad atto pubblico tra vivi o a testamento, in cui il fondatore indica lo scopo solidaristico che l'ente dovrà perseguire: la beneficenza, l'elevazione culturale, l'assistenza, la tutela di bisognosi o altro. L'attività e, anzi, l'intera esistenza della f. sono profondamente segnate da questa scelta programmatica della quale, non a caso, è prevista la revocabilità finché l'attività dell'ente non sia stata, in concreto, avviata.
La revoca è, al pari, inefficace se interviene dopo che alla f. è stato concesso il riconoscimento con cui l'autorità governativa (prefettura, regione o provincia autonoma) valuta la meritorietà dello scopo e la congruità dei mezzi per perseguirlo. Ciò costituisce un primo controllo dell'apparato amministrativo, testimonianza di una visione pubblicistica e della sfiducia che il legislatore di epoca fascista nutriva nei confronti delle formazioni sociali intermedie istituite dall'iniziativa privata. Non si può inoltre tralasciare lo sfavore con cui l'ordinamento è solito considerare un vincolo tendenzialmente perpetuo sui beni, a causa delle limitazioni che ne derivano alla circolazione.
Si comprende, allora, la ragione per la quale soltanto nel 2000 - all'esito di un generale processo di rivalutazione del fenomeno associativo di cui è momento significativo la Costituzione del 1948 - siano state semplificate le modalità del riconoscimento. Concesso fino ad allora con decreto del presidente della Repubblica, consegue poi all'iscrizione nel registro delle persone giuridiche (d.p.r. 10 febbr. 2000, nr. 361). Come avveniva in passato determina l'acquisto della personalità giuridica, che segna, in via definitiva, la separazione del patrimonio e la completa autonomia dell'ente dalla persona del fondatore. L'attuazione delle finalità e la cura dei beni, infatti, sono assicurate da un'organizzazione cui egli rimane estraneo: la gestione è affidata ad amministratori che, nel rispetto delle sue iniziali indicazioni, agiscono nei limiti segnati da atto costitutivo e statuto; e di ciò sono responsabili nei confronti della f. stessa. Una seconda forma di vigilanza, sempre a opera dell'autorità governativa, interessa il possibile annullamento delle deliberazioni dell'organo gestorio se contrarie a norme imperative, all'atto di f., all'ordine pubblico o al buon costume, e può giungere sino alla nomina degli amministratori o alla loro sostituzione, per le violazioni più gravi, con un commissario straordinario. Questa ingerenza può, altresì, manifestarsi con l'iniziativa volta al coordinamento delle attività di più f. o all'unificazione delle loro amministrazioni, ma in tal caso è imposto, per quanto possibile, il rispetto della volontà del fondatore.
A criteri analoghi si ispirano le norme sull'estinzione dell'ente, determinata - oltre che dalle cause previste dall'atto costitutivo e dallo statuto - dal raggiungimento dello scopo e, all'opposto, dalla sua irrealizzabilità. In ossequio alle scelte del fondatore è consentito all'autorità governativa di provvedere, anziché alla dichiarazione di estinzione, alla trasformazione della f.; ancora le indicazioni iniziali devono orientare le decisioni sulla devoluzione finale dei beni quando atto costitutivo e statuto non vi provvedano.
Il modello del codice civile, dunque, è quello della fondazione erogatrice che, per soddisfare le finalità culturali o assistenziali additate da un privato, utilizza il patrimonio per stanziamenti in favore di beneficiari indeterminati che rivestano certe caratteristiche, ovvero anche di una o più specifiche famiglie (fondazione familiare).
I mutamenti della società civile alla fine del 20° sec., tuttavia, con la penetrazione dell'economia in spazi sempre più ampi, hanno suggerito, non soltanto al legislatore, di adattare l'istituto a realtà diverse da quelle per le quali era stato, originariamente, disciplinato. Si è così assistito alla progressiva evoluzione - che non può dirsi ancora conclusa - verso un significativo ampliamento degli scopi perseguibili, sbiadendo, talvolta, il ruolo del fondatore (spesso soggetti politici o società di lucro) e dei beneficiari. In questa prospettiva, rifacendosi alle finalità culturali del modello tradizionale, il d. legisl. 29 giugno 1996 nr. 367 ha disposto la trasformazione degli "enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale" in f. che, qualificate espressamente "di diritto privato", sono regolate dal c.c., in via soltanto suppletiva.È stata, inoltre, portata all'estremo la conclusione - poi pacificamente accolta dopo ampio dibattito - secondo la quale la f. può svolgere anche direttamente attività economica, purché strumentale allo scopo, con la conseguente applicazione dello statuto normativo dell'imprenditore commerciale (fondazione d'impresa). Sulla medesima linea è stata riconosciuta la liceità della fondazione finanziaria (o holding) che, avendo il compito istituzionale di sovvenzionare o di dirigere altre f., persegue soltanto in via mediata le finalità solidaristiche che vengono curate dalle collegate.
Una serie di interventi normativi (in particolare la l. 30 luglio 1990 nr. 218, la l. 23 dic. 1998 nr. 461 e il d. legisl. 17 maggio 1999 nr. 153) ha infine consentito che, una volta trasformati gli istituti pubblici di credito in società private per azioni, le relative partecipazioni (prima di controllo, poi minoritarie) fossero attribuite a fondazioni bancarie aventi carattere privato. La disciplina speciale, assai articolata e lontana da quella del codice civile, prevede comunque che almeno metà del reddito sia riservato a scopi di utilità sociale e di sviluppo economico.
bibliografia
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