foibe
Profonde cavità naturali (lat. fovea) tipiche delle aree carsiche. Nella Venezia Giulia (ex province di Trieste, Gorizia, Pola e Fiume) le f. vennero largamente utilizzate durante la Seconda guerra mondiale e nel dopoguerra, per liberarsi dei corpi di coloro che erano caduti negli scontri tra nazifascisti e partigiani, e soprattutto per occultare le vittime delle ondate di violenza scatenate a due riprese – dapprima dopo l’8 settembre del 1943 e successivamente nella primavera del 1945 – da parte del movimento di liberazione sloveno e croato. Molto note sono la «f. dei colombi» di Vines, in Istria, dalla quale vennero recuperati, nel 1943, 84 corpi, e il pozzo di Basovizza, nei pressi di Trieste, rispetto a cui nel 1945 fonti britanniche parlarono di alcune centinaia di vittime, mentre da parte italiana vennero diffuse cifre assai superiori; le esplorazioni di tale cavità non hanno tuttavia prodotto significativi risultati. Quanto alle dimensioni del fenomeno, le ipotesi più attendibili parlano di circa 600-700 vittime per il 1943, quando a essere coinvolta fu soprattutto l’Istria, e di più di 10.000 arrestati – in massima parte, ma non tutti, di nazionalità italiana –, alcune migliaia dei quali non fecero ritorno nel 1945, quando l’epicentro delle violenze fu costituito da Trieste, Gorizia e Fiume. Nel complesso, un ordine di grandezza tra le 4000 e le 5000 vittime sembra attendibile. Nella prima ondata (autunno 1943), accanto a squadristi e gerarchi locali vennero prelevati podestà, segretari e messi comunali, carabinieri, guardie campestri ecc.: un segno questo della diffusa volontà di spazzare via chiunque potesse far ricordare l’amministrazione italiana, che con la sua politica di italianizzazione forzata aveva creato non pochi problemi. Nell’insurrezione, però, i connotati etnici e politici si saldavano con quelli sociali; in tal modo bersaglio delle retate divennero anche i possidenti italiani, vittime dell'antagonismo di classe che coloni e mezzadri croati avevano accumulato nei confronti dei proprietari italiani. La seconda ondata di violenze ebbe inizio nel maggio 1945, quando le truppe iugoslave giunsero nella Venezia Giulia, colpendo in primo luogo i militi repubblichini, ma coinvolgendo anche unità della Guardia di finanza e parte della Guardia civica di Trieste. Le autorità iugoslave diedero quindi il via a un’ondata di arresti, i cui obiettivi furono i membri dell’apparato repressivo nazifascista, i quadri del fascismo giuliano ed elementi collaborazionisti, ma anche alcuni partigiani italiani i quali non accettavano l’egemonia iugoslava.