FOGLIA (lat. folium; fr. feuille; sp. hoja; ted. Blatt; ingl. leaf)
La foglia è uno dei tre membri fondamentali del corpo delle piante Cormofite, e forma, in unione col fusto, quella parte che va sotto il nome di cormo o germoglio. Essa si distingue per i seguenti caratteri: 1. è un'appendice laterale del fusto di natura morfologica diversa da esso; 2. ha origine in serie acropeta sui lati dell'apice vegetativo e mai da altre parti adulte; 3. si forma a spese dello strato superficiale del fusto generatore, onde la sua origine è esogena; 4. ha accrescimento definito, ossia quando ha raggiunto la forma e le dimensioni che le competono generalmente, non cresce più in modo sensibile. In una medesima pianta coesistono diverse categorie di foglie distribuite in diverse regioni del fusto. Esse, indicate nell'ordine stesso in cui sogliono succedersi, sono:1. Embriofilli, o foglie embrionali o cotiledoni; 2. Protofilli, o foglie primordiali; 3. Nomofilli, o foglie normali, ordinarie; 4. Catafilli, o squame o scaglie; 5. Ipsofilli, o brattee; 6. Antofilli, o foglie involucranti del fiore; 7. Sporofilli, o foglie che portano le spore nel fiore. Qui si parla dei soli nomofilli cioè delle ordinarie foglie vegetative; per le altre categorie di foglie si rimanda alle rispettive voci e a fiore.
Nomofilli. - Una foglia completa è costituita da quattro parti: il lembo o lamina, il picciolo, la guaina e le stipole, ma raramente queste parti sono tutte presenti (ad es., in Aralia papyrifera); or l'una or l'altra può mancare, ma quella che, per la sua maggiore importanza funzionale, non manca quasi mai è il lembo o lamina, che si presenta quasi sempre in forma di lamina sottile, colorata più o meno intensamente in verde.
Picciolo. - È un peduncolo assottigliato più o meno lungo, che ricorda per la sua forma il fusto e serve ad allontanare il lembo dal fusto stesso per metterlo nelle condizioni di luce più favorevoli. La foglia si dice picciolata se è provvista di picciolo, sessile se ne è sprovvista. Il picciolo è di sviluppo più tardivo del lembo; le foglie giovanili dentro la gemma non ne sono mai fornite. Può presentare forma cilindrica o più spesso semicilindrica con la parte piana rivolta in alto, sovente percorsa in tutta la sua lunghezza da una scanalatura allo scopo d'incanalare e asportare rapidamente l'acqua da cui sia bagnato il sovrastante lembo In certe piante, a es. in molte Leguminose, alla base o all'apice o in entrambi i punti del picciolo si trova un rigonfiamento sul quale esso è articolato, detto cuscinetto o pulvinulo, che è la sede di movimenti lenti o rapidi per i quali la foglia può cambiar di posizione. Talvolta la forma del picciolo si modifica per scopi particolari, sia appiattendosi dai lati come nel Populus tremula, le cui foglie perciò continuamente oscillanti gli han valso il nome di pioppo tremolante o tremolino; sia gonfiandosi a botte piena d'aria e funzionando da galleggiante, come nella Trapa natans (la comune castagna d'acqua) e nell'Eichhornia crassipes che, anche sommersa con violenza nell'acqua ove galleggia, torna subito a galla.
Guaina. - È un'espansione della base della foglia picciolata o sessile, che in forma di astuccio abbraccia e riveste più o meno l'internodio sovrastante a essa. Si distingue una guaina parziale (es. Ombrellifere) che abbraccia soltanto una parte del nodo; una guaina totale (es. Graminacee) che invece lo circonda interamente; una guaina aperta, i cui margini, anche sovrapponendosi, rimangono liberi (Graminacee); una guaina chiusa, i cui margini si saldano insieme (Ciperacee).
Stipole. - Sono due appendici in forma di piccoli lembi o di squamette membranose simmetricamente inserite ai lati della base di molte foglie. Poiché uno dei loro uffici consiste nella protezione delle giovani foglie nella gemma, quando questa si apre possono cadere (stipole caduche) oppure possono persistere anche nella foglia adulta (stipole persistenti) che coadiuvano o sostituiscono persino nella sua funzione diventando ampie e verdi (Pisum, Lathyrus aphaca). Per speciali funzioni a cui possono essere adibite si trasformano anche profondamente, a es. in viticci (Smilax), in spine (Acacia, Robinia). Le stipole persistenti possono poi essere libere ovvero contrarre aderenze con il picciolo o tra loro stesse. Quando si saldano col loro margine interno per un tratto più o meno lungo con la base del picciolo, che diventa perciò allargata e da cui divergono poi con le loro punte, si dicono stipole adnate (Rosa); quando invece questi stessi margini anziché col picciolo si saldano direttamente tra loro formando una stipola unica che si erge nell'ascella tra il picciolo e il fusto, allora si parla di stipole connate (Melianthus), e così pure quando concrescono coi loro margini esterni producendo un'unica stipola dal lato opposto alla foglia (alcuni Astragalus). Se poi la saldatura si effettua d'ambo i lati, dà origine a un astuccio tubolare, come una guaina chiusa, che prende il nome di ocrea (Poligonacee, Ficus elastica).
Lembo fogliare o lamina. - È estremamente vario per forma, dimensioni, stato della superficie, integrità o frastagliatura del margine e altri caratteri, e questo polimorfismo delle sue fattezze è di grande sussidio nella botanica descrittiva. Tipicamente piatto, laminare, può in alcuni casi assumere forma cilindrica o prismatica, piena o fistolosa (Asphodelus, Pinus, cipolla e altri Allium), o diventare tumido, carnoso (Crassula, Sedum). Quando è laminare è per solito sottile ed erbaceo; talora, per adattarsi a speciali condizioni d'ambiente, può assumere notevole spessore e consistenza coriacea. Anche le dimensioni variano da pochi millimetri (Ericacee) fino a qualche metro quadrato di superficie (certe Palme, Musa, Victoria regia). Fatta astrazione dai lembi cilindrici o prismatici che hanno simmetria raggiata e sono quindi plurisimmetrici o actinomorfi e dai pochi casi di completa asimmetria (Tilia, Begonia, Ulmus), i lembi laminari sono in generale unisimmetrici perché alla loro bilateralità si accompagna la dorsoventralità o bifaccialità, in quanto le due facce o pagine - la superiore o dorso e l'inferiore o ventre - sono d'aspetto visibilmente diverso, sia per essere l'inferiore di un verde più sbiadito o di altro colore (rosso, giallo, viola: es. Begonia), sia per presentare essa sola, mentre la superiore è glabra, un rivestimento di peli di vario aspetto (cotonoso, lanoso, sericeo, tomentoso, villoso, ecc.), sia infine per la maggiore visibilità della nervatura che appare in essa come un'intelaiatura in rilievo. La dorsoventralità si ripercuote anche nell'interna struttura dei lembi ed è un effetto della diversa intensità luminosa di cui fruiscono le due pagine per la loro posizione orizzontale o quasi, tanto è vero che alcuni lembi piatti ma verticali hanno le due pagine eguali anche per interna struttura e si dicono allora equifacciali o isolaterali (es. Acacia salina).
La nervatura risulta di una o, più spesso, di molte sbarre di varia grossezza che percorrono il lembo in varia direzione e hanno ricevuto il nome di nervi per quanto non abbiano nulla di comune con quelli animali. Il loro compito è duplice: formare un'impalcatura, uno scheletro di sostegno al lembo molle erbaceo e distribuirgli l'acqua che, assorbita dalle radici, giunge attraverso il corpo della pianta sino alle foglie. Prescindendo da pochi casi di foglie semplicissime anervie, cioè prive di nervi, tutte le altre (anche quelle pur assai semplici di molti Muschi) ne sono fornite, cioè sono nervate e si distinguono, secondo il numero che ne presentano, in uninervie e plurinervie. Le prime son quelle a lembo aghiforme o comunque ristretto, in cni basta per la duplice funzione meccanica e acquifera un nervo solo che ne percorre la linea mediana dalla base all'apice; le altre invece necessitano di parecchi nervi opportunamente distribuiti in tutta l'estensione del lembo. Questo appunto dai nervi prende nomi diversi, indicanti: il percorso di essi, l'essere liberi o anastomosati, semplici o ramificati, ecc., come risulta dal riassunto dei tipi principali contenuto nello schema alla seguente colonna.
Le nervature, che sono i fasci conduttori fibrovasali della pianta, irradianti nel lembo, essendo fatte di materiale più tenace e resistente, persistono in forma di scheletri fogliari anche dopo la scomparsa per marcescenza del tessuto erbaceo dei lembi, come si può vedere nelle foglie che, cadute al suolo, vi hanno trascorso l'inverno o come si può ottenere assai più rapidamente lisciviandole a caldo e soffregandole cautamente con un pennello o spazzolino.
La configurazione generale del lembo, conferitagli dal suo margine, è ancor più varia e la si esprime paragonandola o a figure geometriche (lembo ellittico, triangolare, romboidale, ecc.), o a parti del corpo animale (lembo cuoriforme, reniforme, orecchiuto, ecc.), o a noti oggetti (lembo ovato, lanceolato, nastriforme, spatolato, ecc.). Nel definire la forma del lembo si tien conto anche dello stato dell'apice e della base di esso, secondo che quello è ottuso o persino smarginato ovvero variamente appuntito (acuto, acuminato, mucronato, cuspidato, ecc.), e questa arrotondata, troncata, cuneiforme, abbracciante parzialmente o totalmente il nodo (forma semiamplessicaule, amplessicaule, perfogliata, connata), scorrente lungo il picciolo o, in sua assenza, lungo l'internodio sottostante formandovi come due ali (forma decorrente). Il margine inoltre può essere intero o frastagliato in segmenti varî per numero, forma, direzione e lunghezza, e tali segmenti vanno ascritti alla ramificazione del lembo giusta le leggi generali che regolano la ramificazione dei membri della pianta. Fin tanto che la ramificazione interessa solo il lembo, per modo che tutti i segmenti o rami sono portati dall'unico picciolo in comune, si parla di foglia semplice; si ha invece una foglia composta quando si ramifica anche il picciolo dando origine a piccioli secondarî o piccioletti, ognuno dei quali porta un segmento del lembo, formando con esso una delle foglioline della foglia composta.
I varî gradi di frastagliatura ricevettero dei nomi prima che si sapesse che andavano ascritti alla ramificazione, e tali nomi sono stati conservati nella nomenclatura odierna (foglie dentate, seghettate, crenate, lobate, fesse, partite), e poiché la frastagliatura avviene in accordo col tipo di nervatura in modo che ogni segmento possiede almeno un nervo, così si parla di foglie pennatolobate o palmatofesse o peltatopartite, ecc. Lo stesso vale anche per la ramificazione del picciolo, onde si hanno foglie pennato-, palmato- e peltato-composte, le cui foglioline possono a lor volta presentare la ramificazione di vario grado sino a dar origine a foglie bi-, tri-, pluri-composte. Esse variano poi ancora per altri caratteri, soprattutto per il numero delle foglioline, onde si hanno foglie pari- e impari-pennate, trifogliolate, quadrifogliolate, bifogliolate e persino unifogliolate come nei Citrus nei quali è rimasta soltanto la fogliolina impari terminale. Per altri casi speciali, v. ramificazione.
L'accrescimento dei lembi fogliari, acropeto nelle sole Pteridofite che hanno perciò l'apice di essi avvolto a pastorale sino a sviluppo ultimato, è in generale basipeto e costantemente definito, ossia limitato, tranne che nella Welwitschia mirabilis in cui le due sole foglie di cui è fornita continuano ad allungarsi alla base per tutta la vita della pianta assai longeva, mentre seccano e si distruggono all'apice.
Quanto alla durata, le foglie si distinguono in caduche e persistenti; le prime durano un solo periodo vegetativo e si staccano dal fusto che le portava lasciandolo nudo per tutto l'inverno o marciscono rimanendovi attaccate per un certo tempo; le seconde invece durano parecchi anni (in alcune Conifere anche 12-15) e non cadono se non quando si sono sviluppate le nuove foglie che devono sostituirle, il che giustifica il nome di sempreverdi dato a quelle piante che non rimangono mai nude di foglie. La caduta delle foglie è preceduta da fatti preparatorî: la migrazione dentro il fusto di sostanze utili contenute nelle foglie, compreso il pigmento verde o clorofilla, per cui le foglie ingialliscono, e la chiusura preventiva della ferita che il distacco delle foglie lascerebbe sul fusto.
Per l'assetto sul fusto e per le diverse forme di nomofilli che una stessa pianta può presentare, v. fillotassi; eterofillia.
Anatomia. - Bisogna distinguere il picciolo dal lembo. La struttura del picciolo ricorda quella del caule: presenta soprattutto al disotto dell'epidermide un notevole sviluppo del tessuto collenchimatico che conferisce flessibilità ed elasticità al picciolo stesso: a seconda della sua forma la sezione del picciolo può essere circolare o più o meno semilunare, e in relazione a questa i fasci cribrovascolari sono disposti a cerchio o a semicerchio, e sono spesso accompagnati da fibre meccaniche.
La struttura del lembo è in diretto rapporto con la forma del lembo stesso e con la sua posizione. In ogni modo in tutte le foglie troviamo all'esterno l'epidermide accompagnata spesso da formazioni pilifere di varia natura o ghiandolari o da rivestimenti cerosi e nell'interno il mesofillo, nel quale sono immersi i fasci cribrovascolari che hanno la stessa struttura di quelli del caule e costituiscono le nervature. Il mesofillo può essere fatto da un solo tessuto e allora è omogeneo o da due tessuti e si dice eterogeneo: uno di essi è il tessuto a palizzata con cellule tavolari a perfetto contatto fra loro, ricche di cloroplasti, ed è il tessuto assimilatore per eccellenza; l'altro è il tessuto spugnoso con spazî intercellulari più o meno ampî e cellule meno ricche di cloroplasti: in esso si compie anche il processo fotosintetico o assimilatore, ma in grado minore del precedente; e soprattutto si compiono tutti gli scambî gassosi: traspirazione, respirazione, assorbimento di CO2 ed eliminazione di O.
Nelle foglie a lembo prismatico vi è una struttura centrica: l'epidermide ha gli stomi disposti uniformemente e il mesofillo può essere omogeneo o eterogeneo; in quest'ultimo caso il tessuto a palizzata è alla periferia sotto l'epidermide e lo spugnoso in mezzo, e in esso si trovano i fasci cribrovascolari.
Nelle foglie a lembo laminare la struttura dipende dalla posizione a seconda che la lamina sia più o meno orizzontale oppure verticale. Nel primo caso la struttura è dorsoventrale: si osserva un'epidermide superiore generalmente priva di stomi, alcune serie di tessuto a palizzata, il tessuto spugnoso (e fra questo e il precedente sono disposti i fasci cribrovascolari) e infine l'epidermide inferiore munita di stomi. Gli stomi si trovano invece nell'epidermide superiore, nelle piante acquatiche a foglie galleggianti, e mancano completamente in quelle a foglie sommerse.
Quando la lamina è verticale la struttura è isolaterale: sotto le due epidermidi munite di stomi troviamo tessuto a palizzata e in mezzo vi è il tessuto spugnoso con i fasci cribrovascolari.
In talune foglie, come in quelle aghiformi dei pini, troviamo elementi meccanici che conferiscono rigidità alle foglie stesse: in altre vi sono idioblasti meccanici fatti a T o a doppio T, che hanno funzioni di resistenza analoghe a quelle delle travi di ferro adoperate nelle costruzioni.
Nelle foglie vi sono spesso idioblasti o lacune oleifere (es. Agrumi) o, alla superficie, speciali cellule ghiandolifere che secernono olî essenziali (es. Labiate); in esse sono talora anche cellule ossalifere (es. Belladonna).
Alcune foglie vengono usate in farmacia: la Farmacopea Italiana (5ª ed.) registra quelle di: arancio amaro, belladonna, boldo, coca, hamamelis, malva, melissa, menta, salvia, rosmarino, senna.
Bibl.: T. L. Berta, Iconografia di scheletri di diverse foglie indigene ed esotiche, preparati ed impressi, Parma 1828 (con 50 tavv. e alcuni scheletri annessi); id., Iconografia del sistema vascolare delle foglie messo a nudo ed impresso, Parma 1830 (con 60 tavv.); G. Arcangeli, Su l'influenza della luce su l'accrescimento delle foglie, in Nuovo giorn. bot. it., 1888; L. Gabelli, Considerazioni su la nervatura fogliare, in Malpighia, IX (1895); F. Lanzoni, Tommaso Luigi Berta, fitotomo parmigiano, in Ann. di bot., XVI (1924).