FLUIDI (dal lat. fluidus) - Moto dei fluidi nei condotti
Per rendersi conto dell'importanza dello studio del moto dei fluidi nei condotti, basta pensare alle svariate applicazioni di tale studio: alle condotte d'acqua, sia per uso industriale sia per uso domestico; agfi impianti di riscaldamento con acqua calda o vapore; alla distribuzione del gas illuminante nelle città; agli impianti di ventilazione, alla distribuzione d'aria compressa come forza motrice in varî tipi di cantieri, e via dicendo. Si potrebbe pensare di compiere lo studio del moto dei fluidi nei condotti partendo dalle equazioni fondamentali dell'idrodinamica per i fluidi perfetti: ma il problema si troverebbe ad essere assolutamente indeterminato, perché tali equazioni dicono solo che il moto dei fluidi avviene per filetti e che ciascuno di quei filetti fluidi si muove indipendentemente dagli altri filetti che gli sono accanto. Invece i fluidi reali, come è noto, sono sempre dotati di un certo grado di viscosità.
L'esperienza prova, infatti, che, se si tenta di variare la forma di un fluido mantenendone costante il volume, il fluido, durante la deformazione, oppone una reazione; ma, dopo che il cambiamento di forma è avvenuto, la reazione cessa completamente. Si possono enunciare queste proprietà dicendo che i fluidi sono, a differenza dei solidi, privi di rigiditȧ (donde l'assenza di reazione, a deformazione avvenuta); ma che sono dotati invece di viscosità (da cui deriva la resistenza durante la deformazione). La viscosità può essere interpretata come un attrito fra le singole molecole del fluido che scorrono le une sulle altre. È opportuno ricordare che si dice coefficiente dinamico di viscosità lo sforzo che si deve compiere, per unità di superficie, per mantenere la differenza unitaria di velocità tra le due superficie limitanti uno strato fluido di spessore costante unitario: e che si dice coefficiente cinematico di viscosità il rapporto fra il coefficiente dinamico e la densità del fluido. I fluidi reali differiscono dai fluidi ideali o perfetti anche perché tra un fluido reale e una superficie solida in contatto con esso e in movimento relativo, per tutta la durata del movimento si manifesta una resistenza di attrito, detta aderenza. Essa dipende, oltre che dalla natura dei corpi e dalla condizione della superficie a contatto, anche dalla temperatura così pure il coefficiente di viscosità.
Il moto dei fluidi che interessa, in generale, praticamente è il moto permanente, quello cioè in cui, in ogni punto, le grandezze che intervengono nello studio non variano col tempo. Il moto permanente dei fluidi può essere studiato servendosi dell'equazione di Bernoulli; essa esprime la condizione che una falda fluida, durante il suo movimento, deve soddisfare al principio della conservazione dell'energia, e può essere scritta sotto la forma seguente:
u1 e u2 sono le velocità medie del fluido nelle due sezioni estreme del condotto in cui si considera il movimento, g è l'accelerazione di gravità; v è il volume specifico del fluido; p è la pressione, H è il dislivello fra i baricentri della sezione terminale e della sezione iniziale del condotto; R un termine generico nel quale è compresa tutta l'energia dissipata per vincere le resistenze che il fluido incontra nel suo movimento. A questa equazione si deve aggiungere l'equazione di continuità, che esprime la costanza della portata in peso G attraverso qualunque sezione del condotto. Applicandola a due sezioni di area S1 ed S2 della condotta, essendo u1 e u2 le velocità, v1 e v2 i volumi specifici del fluido in esse, può essere scritta:
Già molto prima che le moderne teorie, sorte in seguito alle sempre crescenti applicazioni tecniche, rendessero conto, in modo abbastanza preciso, dei varî fenomeni che intervengono nel moto dei fluidi, era stato notato che sono possibili due specie diverse di movimento dei fluidi nei condotti: e ai casi estremi di queste due specie era stato dato il nome di regime di Poiseuille e di regime idraulico. Nel primo il moto del fluido è un moto laminare, cioè avviene per strati, in modo regolare; nel secondo il moto è turbolento. Nel caso ordinario di moto di fluidi nei condotti si stabilisce sempre il regime idraulico; si può invece stabilire il regime di Poiseuille in casi speciali, quando si tratti, p. es., di un liquido molto viscoso, come olio, in condotti di piccolo diametro. Il diagramma riportato rappresenta l'andamento delle velocità nei due casi, in relazione con le distanze y dalle pareti del tubo. Nel regime laminare la velocità va crescendo, nel modo indicato dal diagramma I, dalle pareti, ove ha valore nullo, verso l'asse del tubo, ove ha il massimo: nel regime turbolento (diagr. II), invece, la velocità, nulla nei punti in immediato contatto con la parete, a brevissima distanza da essa ha già un valore che ben poco differisce da quello massimo che acquista lungo l'asse del tubo. Il passaggio dal regime di Poiseuille a quello idraulico avviene, per un dato fluido, quando il numero di Reynold raggiunge il valore critico per quel fluido. Il numero di Reynold ha l'espressione U D/ν, essendo U la velocità media (dedotta, p. es., in base alla portata) D il diametro, ν il coefficiente di viscosità cinematica. Per l'acqua, se U è misurato in cm./sec., D in cm., essendo ν = 0,01, a 20°, il valore critico del numero di Reynold è circa 2000.
Per l'applicazione dell'equazione (1), occorre calcolare l'integrale che vi figura: e per tale calcolo è necessaria la conoscenza dell'equazione caratteristica del fluido e dell'equazione della trasformazione che il fluido subisce durante il movimento. Per i liquidi, l'equazione caratteristica è:
v = cost.;
ma anche per i gas spesso, quando p. es. il moto avvenga per effetto di piccole differenze di pressione, è possibile dividere la condotta in tronchi, in ciascuno dei quali il volume specifico varii tanto poco da potersi, con sufficiente approssimazione, ritenere costante. Per ciascuno di questi tronchi l'equazione di Bernoulli diventa allora:
essendo indicati con gli indici 1 e 2 i valori delle varie grandezze relative alle sezioni terminali del tronco considerato. I termini v p1 e v p2 rappresentano le pressioni statiche nelle sezioni 1 e 2, misurate in metri di colonna fluida avente la densità del fluido considerato: i termini u12 g e u22 g le pressioni dinamiche. Nel caso v = cost. la (2) diventa u1 S1 = u2 S2 od anche u1/u2 = S2/S1; le velocità medie del fluido sono inversamente proporzionali alle aree delle sezioni. Se l'asse del condotto è orizzontale e se la sezione è costante, si ha H = 0; u1 = u2 e quindi la (3) diventa:
la differenza di pressione applicata tra le sezioni estreme del condotto è dunque totalmente impiegata a vincere le resistenze passive. Il termine R, per questa ragione, prende il nome di perdita di carico. Se l è la lunghezza del tronco, il rapporto R/l è la perdita di carico media per unità di lunghezza di condotto.
Occorre ora venire a esaminare quali siano le resistenze che, nel loro insieme, dànno origine al termine R. Dato che il moto dei fluidi, nei condotti ordinarî, avviene sempre secondo il regime idraulico, possiamo riferirci unicamente a questo caso. L'esperienza dimostra che nel regime idraulico, al variare della velocità, le resistenze variano secondo il quadrato della velocità stessa; cioè il termine R potrà essere posto sotto la forma R = Σr u2/2 g, essendo i singoli r dei coefficienti da determinarsi in base a dati sperimentali, caso per caso, secondo il tipo di resistenza che il fluido incontra.
Esaminiamo ora alcune delle più importanti di queste resistenze.
a) Resistenza d'attrito: per un tronco di diametro d (se la condotta non è a sezione circolare si sostituisce a d il rapporto fra il quadruplo della sezione e il perimetro), lunghezza l, nella resistenza di attrito Rα = rα u2/2 g, il coefficiente rα ha il valore ra = λ/d ove λ è il coefficiente d'attrito, determinato a mezzo di formule empiriche, l e d devono essere misurati in m., u in m./sec. Per tubi metallici nuovi, internamente lisci, percorsi da acqua, si usa la formula di Weisbach: λ = 0,0144 + 0,0095/√u. Per piccoli tubi si usa anche la formula di Darcy: λ = 0,02 + 0,00051/d. Se i tubi sono ricoperti internamente d'incrostazioni, tali valori si raddoppiano. Per aria, gas, fumo in condotti di muratura, se c è il perimetro (che dev'essere, per l'uso di questa formula, > 0,60 m.), λ = 0,026 + 0,0024/ (c − 0,48). Per gli stessi gas in tubi metallici v'è la tabella:
b) Resistenza per cambiamenti bruschi di sezione R.: nella formula della resistenza Rs = rs u2/2 g, rs acquista diversi valori secondo che la sezione si allarga o si restringe nel senso del moto del fluido. Se la sezione aumenta essendo u la velocità prima del cambiamento di sezione, rs = (1 − S1/S2)2. Se la sezione si restringe i valori di rs si possono avere, a seconda del rapporto fra i diametri d1 e d2, dalla seguente tabella:
c) Resistenza per cambiamenti di direzione: posto Rl = rd u2/2 g, se si ha un raccordo circolare di raggio ρ vale la seguente tabella, per tutti i fluidi; i valori di rd si trovano in base al rapporto fra il diametro del condotto e il raggio del raccordo:
Per una deviazione brusca, essendo δ l'angolo in gradi fra la direzione dell'asse del condotto prima della deviazione e dopo, i valori di rd, in base al valore di δ, si possono ricavare dalla tabella seguente:
È da tenersi ben presente che le R, che si determinano con queste formule empiriche e con queste tabelle, sono espresse in metri di colonna fluida avente la densità del fluido che si considera: per avere le R (perdite di carico) in kg./mq. basta dividere i valori trovati delle R per il volume specifico del fluido. Spesso, specie nelle formule pratiche, di uso corrente per i calcoli che interessano la tecnica, conviene far apparire direttamente le portate in luogo della velocità media. Per le condotte d'acqua v. condotta.
Per il calcolo delle tubazioni di distribuzione del gas illuminante riportiamo qui una formula molto usata nella pratica. Detta Q la portata in mc. all'ora, d il diametro in cm., l la lunghezza in m., p1 − p2 la differenza di pressione fra gli estremi di un tronco in kg./mq., la formula è:
Per avere già calcolati i valori dei diametri o delle perdite di carico, che si troverebbero tanto mediante la formula di Darcy per i condotti d'acqua, quanto mediante la (5) per le tubazioni del gas, si può ricorrere o a dei semplici diagrammi o a degli abachi appositamente costruiti. Di uso frequentissimo per il calcolo delle tubazioni del gas è il diagramma di Monnier, che dà le perdite di carico in funzione delle portate corrispondenti ai diametri dei tubi commerciali.
Il moto del fluido può essere mantenuto mediante una differenza di temperatura del fluido fra le sezioni estreme del condotto, essendo tali sezioni a un livello differente. È questo il caso, fra l'altro, delle canne di ventilazione e dei camini. Altro caso è quello del moto dell'acqua nelle tubazioni dei termosifoni a circolazione naturale: la tubazione è chiusa; in una prima parte della tubazione, dalla caldaia alla stufa, l'acqua sale a causa del riscaldamento subito nella caldaia e quindi della minore densità che possiede: nella seconda parte, dalla stufa alla caldaia, l'acqua scende a causa del raffreddamento subito nella stufa e quindi della maggior densità che possiede.
Per la misura della velocità dei fluidi nei condotti, alcuni sistemi valgono tanto nel caso dei liquidi quanto nel caso dei gas. La velocità media può essere facilmente dedotta dalla portata: ma la velocità nei singoli punti di una sezione non può essere dedotta che con misure dirette: e tali misure sono complicate dal fatto che in genere la stessa introduzione dell'apparecchio misuratore in seno alla corrente fluida vi provoca perturbazioni generalmente di notevole entità. Tra i tipi di strumenti il cui principio può essere applicato tanto al caso dei liquidi quanto a quello dei gas, possono essere ricordati i mulinelli, appositamente costruiti e tarati; il numero dei giri compiuti nell'unità di tempo può venire registrato mediante apposito contagiri e da esso può essere dedotta la velocità del fluido. Per i liquidi viene molto usato il tubo di Pitot, apparecchio che, mediante la misura della pressione dovuta alla velocità di un filetto fluido, permette di determinare la velocità del filetto stesso. Per i gas viene usato il pneumometro di Krell, basato sullo stesso principio. Si ha la misura della velocità dei liquidi mediante il tubo di Venturi, il quale viene applicato, con opportune modificazioni, anche al caso dei gas. Per misurare le velocità dei gas, specialmente quando esse siano molto piccole, si presta molto bene un dispositivo ideato da U. Bordoni, basato sul fatto che le correnti riscaldano i fili che percorrono e che la temperatura di regime, oltre che dalle dimensioni e natura del filo e dalla intensità della corrente, dipende dall'essere l'apparecchio immerso in aria stagnante o in movimento; e la temperatura di regime, in quest'ultimo caso, è tanto minore, quanto più grande è la velocità del gas. La temperatura del filo può essere dedotta sollecitamente dalla misura della sua resistenza elettrica, misura che si può compiere mediante un ponte di Wheatstone. Le cose possono essere disposte in modo che dal valore dell'intensità della corrente che passa nel filo si possa dedurre immediatamente, per lettura diretta, la velocità cercata.
Bibl.: Lamb, Hydrodynamics, 3ª ed., Cambridge 1906; L. von Mises, Elemente d. techn. Hydromechanik, Lipsia e Berlino 1914; R. Grammel, Mechanik der flüss. u. gfasförmigen Körper, in Handbuch d. Physik di H. Geiger e K. Schee, VII, Berlino 1927; U. Masoni, Idraulica, Napoli 1922; U. Bordoni, Lez. di fisica tecnica, Roma 1928.