FLORICOLTURA
Con questo nome si indica l'arte di coltivare piante da fiori e da fronda per ornamento, per diletto, per reddito.
La floricoltura da ornamento fa parte del giardinaggio, è antica ed ha raggiunto grandi perfezionamenti di tecnica e di risultati secondo i climi e le regioni.
La floricoltura per diletto è generalmente a carattere casalingo e riveste quasi sempre lo scopo dell'ornamento, ma procura, a volte, anche qualche reddito. Di solito si limita ad abbellire balconi, finestre, ballatoi con vasi rustici e piante erbacee, riservando alle aiuole nei giardinetti e nei cortili anche le piante arbustive ed arboree da fiore, da fronda, da ornamento.
La floricoltura da reddito - ossia la floricoltura industriale - si è sviluppata ed affermata nell'ultimo cinquantennio in Europa e da circa trent'anni in alcune regioni d'Italia, sotto diversi aspetti: per produzione di fiori recisi, di fronda verde, per piante, semi, rizomi, bulbi, ecc.; per produzione di fiori e parti di piante da essenza, ecc. La floricoltura industriale da reddito ha assunto così caratteri particolari, emergenti, di perfezionamenti peculiari, specializzandosi nelle singole nazioni e regioni, in conseguenza dei perfezionamenti tecnici indotti mercé applicazioni scientifiche, e in dipendenza delle condizioni ambientali nelle quali si è sviluppata. Ne è conseguito via via un incremento corrispettivo nella diffusione dei fiori recisi e delle piante da appartamento; l'estendersi delle coltivazioni speciali in aziende vere e proprie; la necessità di mercati speciali per la vendita dei prodotti; il sorgere di commercio particolare dei prodotti ottenuti; la creazione di mezzi adeguati e proporzionati per il trasporto a grandi distanze, che dai treni speciali, dai vagoni refrigeranti sono giunti sino ai servizî con aeroplani, che si dislocano giornalmente da una capitale all'altra.
La floricoltura da ornamento è antica, si può dire, quanto la civiltà dell'uomo. Mentre l'uomo andava assicurandosi i mezzi di sussistenza, si dedicò all'abbellimento della casa e della proprietà mercé le piante da fiori e da ornamento, alla ricerca e all'applicazione di ogni motivo che rendesse più attraente e bella la dimora e i dintorni. In seguito, insieme con l'estendersi delle conoscenze geografiche, seguì la ricerca continua di nuove piante e di mezzi riproduttivi da importare in patria e da coltivare in climi anche potenzialmente diversi da quelli originarî, adattandoli poco per volta al nuovo ambiente, e questo ha costituito l'acclimazione di numerosissime piante di altri continenti, che hanno arricchito la flora europea ed italiana. Sull'inizio, tale ricerca stimolata da curiosità innata e dall'istinto del bello, stimolò lo studio botanico delle specie e delle varietà indigene ed esotiche di tutte le piante, inducendone poi il raggruppamento e la elencazione in sistema ragionato e scientifico, basato su caratteri similari, analoghi, identici. In seguito invece l'attività speculativa dell'uomo dedusse dai caratteri emergenti di attrattiva e di suscettibilità che le forme o il fiore o le fronde delle piante presentavano la possibilità di coltivazioni a fini utilitarî; sia da diletto, per ornamento della dimora o del giardino, sia da reddito, per l'industria agraria, nella coltura in pieno campo e in pien'aria oppure riparata, con accorgimenti e mezzi speciali, o addirittura in locali appositamente costruiti e attrezzati. A seconda specialmente del clima, ne sono quindi derivate differenziazioni particolari sia nel giardinaggio sia nelle coltivazioni industriali delle piante da fiori, da ornamento, da profumeria. Così, per es. in Inghilterra, Olanda, Belgio e Germania, dove il clima rigido non consente coltivazioni di pien'aria durante la stagione invernale, si è sfruttata la possibilità di disporre e utilizzare il carbone a buon mercato e si sono costruite in gran numero stufe, serre di vetro e ferro, che sono vere e proprie costruzioni stabili e sistematicamente perfezionate. Entro tali stufe di elevato costo di investimento edilizio si sono coltivate piante di alto pregio alla cui produzione corrisponde un prezzo proporzionato, quali le orchidee, per es., ma anche rose, garofani, e viti per averne uva in inverno, oppure ortaggi da raccogliere in tale stagione. Durante l'estate, invece, si producono anche colà in piena aria e in pieno campo fiori de recidere e particolarmente rose, giacinti, narcisi, gladioli, dalie, ecc., oppure si eseguiscono coltivazioni speciali per averne bulbi e semi, da alimentare commerci veri e proprî.
In Francia, invece, e in Italia, lungo tutto il litorale mediterraneo, ionico e adriatico, oppure sulle sponde dei laghi - ma anche altrove, e cioè ovunque la mitezza del clima consente senza inconvenienti le coltivazioni in pieno campo e in pien'aria anche durante la stagione invernale - si è limitato bensì il numero delle specie, ma si è intensificata e diffusa la coltivazione industriale delle piante da fiori e da ornamento, senza riparo. Tutt'al più, in casi particolari, ma specialmente per averne prodotti più fini e scelti, si proteggono le floricolture semplici con vetrate mobili, per formare piccole stufe temperate nelle quali il sole stesso mantiene elevata la temperatura dell'ambiente, oppure il naturale riparo dei vetri difende le colture dagli sbalzi improvvisi e bruschi di temperatura, proteggendole dalle offese degli agenti esterni.
Raramente si hanno, nella grande coltura, vere e proprie stufe stabili e riscaldate, a meno che si tratti di stabilimenti floreali a ciò appositamente attrezzati e che si dedichino a particolari coltitivazioni di pregio, anche per fiori da recidere, il cui reddito possa compensare l'investimento di capitali per la costruzione di ripari fissi e della loro conduzione economica ed amministrativa. Ciò si riscontra anche in Italia, in Riviera, nei laghi, ecc.
L'incremento della floricoltura industriale per reddito, la possibilità di procurarsi, relativamente a buon mercato, fiori e piante dal commercio, unitamente al dispendio che i giardini in sé e per sé, per personale e materiali necessarî, procuravano al proprietario oltre che la possibilità di spostarsi facilmente da una regione all'altra con i mezzi moderni di turismo, hanno fatto rallentare di molto anche fra noi la tenuta dei giardini, dei parchi, in passato così diffusa e caratteristica e che anzi in Italia ebbe origine, raggiungendo nei secoli scorsi altezze e fasti mai più ripetuti. La R. Scuola di orticoltura e giardinaggio di Firenze raccolse il retaggio delle magnifiche tradizioni italiane e lo trasfuse per un quarantennio nelle generazioni di giardinieri che formò e distribuì in tutta Italia. Ma ormai anche in Italia i giardini e i parchi sono rari e si tende piuttosto - ed è forse più consono ai tempi moderni - ad affidarne la creazione e la manutenzione agli enti pubblici, i quali si possono organizzare in maniera adeguata, se già non lo sono, sia per garantirne l'esistenza, sia perché in tal guisa tutti possono usufruirne, godendo i vantaggi di diletto, di salubrità, di studio, di istruzione che parchi, giardini e coltivazioni floreali offrono naturalmente. Per converso si è determinata la tendenza a stimolare la creazione e la manutenzione di giardinetti casalinghi di aiuole.
La floricoltura da ornamento utilizza gran numero di specie e di varietà di piante da fiore e da fronda erbacee, arbustive ed arboree, cespugli, gruppi e piante rampicanti, sarmentose, scandenti, per prati, massicci, contorni, siepi, disegni e via dicendo. Dalle piante tuberose alle rizomatose, dalle acquatiche alle piante grasse, dalle annuali alle vivaci e alle perenni; dalla coltivazione normale a quella forzata, con accorgimenti o con ripari o con gli uni e gli altri, secondo il clima, l'ambiente nel quale si opera, la destinazione cui si tende e le possibilità conseguenti per l'epoca in cui si vogliono ottenere i prodotti. La floricoltura industriale utilizza minor numero di specie di piante, ma è particolarmente rivolta alla produzione che cerca di accrescere insieme con la perfezione dei prodotti, mirando a finalità utilitarie.
Produzione e commercio. - La floricoltura industriale ha assunto in anni recenti grande sviluppo, in Europa e fuori. Eccelle però sempre, con l'Italia, la Francia che produce la maggior parte dei fiori nei dipartimenti delle Alpi Marittime e del Varo, oltre che nella regione di Tolosa. Nelle Alpi Marittime si coltivano più specialmente il garofano, l'Anthemis gialla e bianca, la violaciocca e alcune rose di serra. Antibes è un vero centro d'industria floreale: vi sono da 700 a 800 stabilimenti con 500 ettari di terreno coltivati a fiori. A Cannes si coltivano particolarmente le mimose. Nel Varo si coltivano le violette, i narcisi, i giacinti, l'iris e i ranuncoli. Nella regione di Tolosa, le cosiddette violette di Parma. L'organizzazione produttiva e commerciale è molto curata. Lo stato aiuta fortemente il progresso della floricoltura per mezzo delle sue istituzioni d'insegnamento e di propaganda: la scuola di Versailles, gli orti botanici, il Museo di storia naturale e le cattedre di agricoltura. Le ferrovie hanno organizzato un servizio di trasporto giornaliero rapidissimo, durante le stagioni dei fiori, da Nizza a Parigi; le spedizioni per l'estero sono effettuate con treni espressi e vagoni speciali. Nel 1930 furono esportati q. 41.928 di fiori per 29 milioni di franchi circa; nel 1929 q. 30.235; nel 1928 q. 43.511. Sbocco principale dei fiori della Francia è l'Inghilterra. La Francia esporta principalmente mimose, Anthemis gialle, narcisi, violette e anemoni. Discreti quantitativi sono anche spediti in Germania, in Svizzera, in Olanda, nel Belgio. Nonostante la forte esportazione, la Francia importa notevoli quantità di fiori freschi. Così nel 1930 ne importò q. 4720, forniti per due terzi dell'Italia, per il resto dall'Olanda e dal Belgio.
La floricoltura industriale è anche largamente praticata in Olanda, specialmente per quanto riguarda le piante bulbose (giacinti e tulipani; narcisi, gigli, ranuncoli, ecc.) che rappresentano una specialità del paese. Si può anzi dire che la coltura delle altre specie di fiori è assai trascurata, tanto che se ne importano notevoli quantità. L'esportazione che nel 1927 era stata soltanto di q. 20.279 ha raggiunto nel 1930 i q. 38.310 per un valore di 6 milioni e mezzo circa di fiorini. L'Inghilterra assorbe più della metà dell'esportazione; la Germania, e a gran distanza la Francia e la Svizzera, il resto. L'importazione (nel 1930 di q. 26.720) ha luogo dalla Francia, dalla Germania e dal Belgio.
Anche in Inghilterra la floricoltura ha grande sviluppo. La passione della popolazione per le piante e per i fiori influisce notevolmente sul commercio rendendolo floridissimo. Esistono in tutto il paese circa 2500 stabilimenti di coltivazione; alcuni, nei dintorni di Londra, occupano da 40 a 50 ettari di terreno e non coltivano che una o due specie di fiori o piante. Lo stato ha dato un impulso notevole a questo genere di coltivazione creando una diecina di orti botanici, fra cui quello grandioso di Kew che occupa circa 200 ettari di terreno, e numerosissimi orti sperimentali nelle colonie. Ciò nonostante, il paese importa notevoli quantità di fiori freschi: nel 1930 lire sterline 765.599, di cui 358.319 dall'Olanda, 247.180 dalla Francia e 148.634 dalle isole del Canale.
In Germania la produzione del paese fornisce il 20% del consumo. Nel 1930 l'importazione è stata di 25.003 quintali per un valore di 11 milioni di marchi: principale provenienza l'Italia e poi l'Olanda e la Francia. La Svizzera si serve dell'Italia e della Francia. L'Austria, la Cecoslovacchia, la Iugoslavia e l'Ungheria dipendono per l'importazione di fiori freschi quasi totalmente dall'Italia; mentre i paesi del nord, Danimarca, Norvegia, Svezia, importano quasi esclusivamente dalla Francia. La Bulgaria ha una notevolissima produzione di rose, che impiega però soltanto per profumeria; la Russia, la Spagna, la Grecia ecc. hanno un commercio d'importazione e d'esportazione presso che nullo.
Fra i paesi extraeuropei, gli Stati Uniti sono riusciti a emanciparsi dall'importazione europea di piante ornamentali e da fiore. Possiedono oggi circa 30.000 stabilimenti orticoli ove sono impiegati ingenti capitali e ove sono occupate centinaia di migliaia di persone. Anche la Repubblica Argentina e il Dominio del Canada si vanno emancipando dall'importazione europea grazie ad una produzione in continuo aumento. Eno mi progressi in questo campo ha fatto il Giappone, in virtù della ricchezza del suolo, della dolcezza del clima e delle pazienti cure degli abitanti che hanno sempre curato la coltivazione dei fiori e delle piante ornamentali. La Nuova Zelanda si presta mirabilmente alla produzione floreale e specialmente a quella delle piante ornamentali più belle, più rare e più delicate, quali le Conifere australi, le Cicadee, le Felci arborescenti, ecc., che giungono a ornare anche le serre europee.
Produzione e commercio in Italia. - Si è già detto come in Italia la floricoltura industriale si svolga per la massima parte sulla Riviera ligure, zona che, benché abbia dei terreni sfavorevoli a queste colture, tuttavia gode di speciali privilegi climatici: temperatura mitissima d'invemo e non eccessivamente calda d'estate; mancanza di venti e luminosità splendente di cielo. Dei 3685 ettari coltivati a fiori in Italia, di cui 3042 a coltura specializzata e gli altri 643 a coltura promiscua, l'85% spetta alla Liguria. Seguono il Piemonte nella zona del lago Maggiore e del lago d'Orta (provincia di Novara), la Toscana nelle provincie di Firenze, Livorno, Pistoia e Lucca; il Lazio nei dintorni di Terracina; la Campania, la Sicilia ecc.
In totale il valore della produzione durante la campagna 1928-29, calcolato in base ai prezzi di mercato del 1928, è stato di 304 milioni e mezzo di lire di cui 287 milioni e mezzo per i fiori recisi e 17 milioni per le piante ornamentali, con un valore medio per ogni ettaro di 100 mila lire circa. Le specie e le varietà di fiori coltivate sono assai numerose adattandosi facilmente al clima mite della Liguria anche se originarie da zone assai diverse. Più diffusi i garofani che occupano circa 1800 ettari di terreno; seguono le rose con 700 ettari; le violette, margherite, violaciocche, resede centauree ed altre piante ornamentali con 300 ettari; le mimose con 70 ettari. L'esportazione, che nel 1927 era stata di q. 26.140 per un valore complessivo di 30 milioni e mezzo di lire e che nel 1928 e nel 1929 era sensibilmente diminuita, è risalita nel 1930 a q. 33.679 per 30 milioni e mezzo di lire. La maggiore esportazione è fatta in Germania (nel 1930 q. 13.075), seguono la Svizzera con q. 7788, la Francia con q. 3839, l'Inghilterra con q. 3198, l'Austria con q. 1769, la Cecoslovacchia con q. 1550, la Iugoslavia con q. 751.
V. tavv. CXVII e CXVIII.