FLORIANI, Bernardina, in religione Giovanna Maria della Croce
Nacque a Rovereto l'8 sett. 1603, da Giuseppe e da Girolama Oliva Tessadri.
La famiglia Floriani veniva soprannominata Maffeotta (dal cognome di una bisnonna della F.) ed era originaria di Nomesino, ma da circa un secolo si era insediata nella ricca cittadina; considerata "di mediocre fortuna", possedeva la casa in cui abitava in Borgo Santa Caterina (poi ampliata nel 1627 grazie a un'eredità). Il padre della F. (morto nel 1624), di professione pittore, aveva sposato nel 1601 Girolama Oliva Tessadri, che gli aveva portato in dote la somma ragguardevole di 700 ragnesi. Dal matrimonio erano nati sette figli, ma soltanto due, la F. e Giovanni, raggiunsero l'età adulta.La formazione intellettuale della F. fu assai rudimentale: la maestra M. Riccardi le insegnò a leggere e scrivere, ma non il latino, che la F. apprese in seguito da sola. Dopo alcuni rovesci di fortuna subiti dal padre (nel 1610 in prigione per debiti), nel 1616 aprì insieme con la madre nella propria casa una scuola per fanciulle, ove queste erano tenute "m custodia e in educazione" e imparavano il cucito, la lettura e un mestiere.
Allo stesso periodo 1616 risale l'incontro con il frate cappuccino Tommaso di Olera, decisivo per la sua vocazione religiosa come per il suo successo personale (vanno sottolineati in tal senso i rapporti del cappuccino con la corte di Vienna). Tuttavia a quell'epoca la F., che pure si distingueva per la vita pia che conduceva, non aveva concepito alcun desiderio per il chiostro. Nella propria Autobiografia, redatta secondo la consuetudine per ordine del confessore padre Marcellino delle Giudicarie, ricordava come ancora nel 1619 la F. sosteneva: "io aborrivo lo stato verginale et vita spirituale".
Superata una fase di "mondanità" fra il 1614 e il 1619, la F. si diede a un forte impegno sociale attivo, dedicandosi a ragazze in pericolo di traviarsi e a serve. Pur soffrendo continue incertezze e ripensamenti circa la propria vocazione al chiostro, per sua stessa ammissione la vita contemplativa le pareva di minore attrattiva e utilità: non si trattava dunque dell'usuale impedimento di costituirsi una dote monastica, che spesso non permetteva alle ragazze di scarsa fortuna l'entrata in convento (nel 1624, infatti, l'arcivescovo di Salisburgo le aveva assegnato una dote di 200 fiorini per monacarsi, devoluta dalla F. in opere pie), bensì della ristrettezza della funzione religiosa femminile, che di fatto in quell'epoca esauriva forzatamente tutte le possibilità nella sola clausura.
Presto, tuttavia, si delineò la sua scelta di vita: il 19 dic. 1623 fece voto solenne di verginità nella chiesa dei cappuccini di S. Caterina, alla presenza di fra' Tommaso, e lo rinnovò l'anno seguente, rendendolo definitivo. Nel 1630, durante la peste, ebbe dal cappuccino l'idea, che avrebbe perseguito negli anni a venire, di fondare un convento femminile, mancante a Rovereto.
In tale direzione rivolse la sua opera di apostolato con l'attività svolta presso un oratono femminile, detto di S. Carlo, fondato su ispirazione di fra' Tommaso, operante da alcuni anni e posto in casa di Veneria ed Elena Gertrude Simoncini. A seguito di questa esperienza, mentre la sua fama cresceva, si recò a Trento, ove riuscì a convincere il generale, M. Galasso, a fondarvi un'istituto femminile (il convento delle Laste).
Secondo la sua Autobiografia, i primi segni esteriori di santità si presentarono mentre la F. era ancora al secolo: nel 1638 ricevette le stimmate, il 17sett. 1642 la trarisverberazione, e nel 1644 si unì in matrimonio mistico con Cristo. A questo periodo risalgono anche le prime manifestazioni di poteri di divinazione e taumaturgia, al cui seguito l'importanza e la considerazione della F. crebbero presso i contemporanei, insieme con la fama di santità che le veniva attribuita ancorché vivente. In questo modo la F. si trovò in contatto, come mostra il suo epistolario, con personaggi di grandissimo rilievo, cui dispensava consigli politici, insistendo spesso sulla necessità di evangelizzazione e difesa del cattolicesimo dalla minaccia protestante. Fra i suoi corrispondenti si annoverano gli imperatori Ferdinando II, Ferdinando III e Leopoldo I e l'arciduchessa del Tirolo Claudia de' Medici.
Nel maggio del 1642, si ritirò nella casa di Veneria ed Elena Gertrude Simoncini, posta nelle vicinanze della chiesa di S. Carlo, dove già sorgeva l'oratorio, prendendo con sé la madre (poi morta nel 1647) e la propria serva. Presto divenne direttrice di una piccola comunità di donne che si era spontaneamente riunita intorno a lei e conduceva una vita improntata all'ideale monastico, senza tuttavia applicare la clausura, quasi a ricordare l'esperienza del bizzoccaggio, non più previsto dopo il concilio di Trento. Nell'agosto dell'anno seguente, la contessa Sibilla Fucher (verosimilmente uno dei tramiti con l'ambiente di corte), damigella dell'arciduchessa Claudia, dal 1635 vedova di Massimiliano di Lodron e nipote dell'arcivescovo di Salisburgo, che faceva parte del gruppo di pie donne, acquistò la casa: attorno a questo primo nucleo di fabbrica si sarebbe sviluppato nel giro di pochi anni il convento di S. Carlo.
Probabilmente anche a causa di questa situazione irregolare, nel 1644 il principe vescovo di Trento C.E. Madruzzo, avverso, insieme con il vicario generale della diocesi L. Maccani, alla F., dispose la revisione dei suoi scritti per controllarne l'ortodossia. Sottoposta all'Inquisizione, la F. inviò le proprie opere. I teologi censori (il gesuita A. Alberti e l'agostiniano A. Taparelli) diedero giudizio favorevole, e il decreto di approvazione degli scritti della F. venne redatto il 9 sett. 1644 da padre F. Alberti (futuro vescovo di Trento). Del resto, tutto il periodo presso l'oratorio di S. Carlo si contraddistinse per le difficoltà che la F. dovette affrontare, incontrando il disfavore dell'autorità religiosa e della cittadinanza: dopo essere stata sospesa dalla comunione insieme con le sue compagne, sospettata di stregoneria, il 26 ag. 1646 venne pubblicamente accusata di essere indemoniata.
Nonostante le traversie, il 7 ag. 1646 era giunto da Roma il breve di Innocenzo X: la F. poteva finalmente fondare il proprio convento. Il vescovo prescrisse l'Ordine di S. Chiara e la direzione spirituale dei frati minori riformati del convento di S. Rocco (fondato nel 1631), afferente alla provincia di S. Vigilio di Trento, creata da Urbano VIII nel 1643, pare anche su pressione della Floriani. Gli aiuti economici per i lavori di costruzione vennero principalmente dall'arciduca Leopoldo, dalla contessa Sibilla e dalla F. stessa, che a quest'opera consacrò tutte le sue sostanze. Il monastero di S. Carlo venne così inaugurato nel 1650.
Nel marzo dello stesso anno giunsero dal convento di S. Elisabetta delle clarisse di Bressanone suor Francesca Carrara e suor Elisabetta dei baroni Spaur, col compito di istruire le future consorelle: si sarebbero fermate fino al 1655, causando non poche difficoltà alla F., che già veniva considerata la guida spirituale della comunità. La F. prese il velo l'8 maggio 1650, all'età di quarantasette anni, vestendo l'abito di clarissa urbanista, insieme con altre quattordici compagne, secondo la seconda regola di s. Francesco, e fece la professione solenne esattamente un anno dopo, l'8 maggio 1651, prendendo il nome di suor Giovanna Maria della Croce. Il 29 ott. 1655 venne eletta badessa per un triennio, nonostante non fossero ancora trascorsi cinque anni dalla professione, come volevano le disposizioni tridentine. Venne poi riconfermata nell'incarico altre quattro volte, nel 1659, 1662, 1665, con speciale dispensa, e infine nel 1671, nonostante i continui travagli di salute.
Nel 1654 scrisse il suo Testamento spirituale e di lì a poco le Costituzioni per le consorelle, redatte nella prima stesura nel 1641 e definitivamente approvate da Alessandro VIII l'8 maggio 1665. In esse la F. introdusse alcune modifiche alla seconda regola di S. Chiara, quali la vita in comune, i mattutini recitati la notte, il velo stesso dell'abito, tutto nero, la cui originalità stava nell'interpretazione più austera e rigorosa dell'ideale monastico. Oltre all'Autobiografia, redatta tra il 1636 e il 1658 e di scarso interesse perché tutta improntata ai modelli agiografici correnti, è di grande utilità, per ricostruire la sua vita, l'epistolario che consta di 514 lettere. La F. compose inoltre, mentre era al secolo, Il cantico dei cantici, i Cinque discorsi sopra gli Evangeli (pubblicati da E. Pross, Notizia storica e cinque discorsi..., Rovereto-Verona 1861) e una Breve istruzione per la Compagnia dell'Oratorio delle donne, dedicata alla contessa Giovanna Badruzzo Bolchestein e pubblicata a Trento nel 1636 insieme con Le cinque piaghe di Nostro Signore e con una Corona di dodici stelle per la Vergine. Fra le altre opere si segnalano gli inediti Evangelici spirituali sentimenti, le Esclamazioni, le 15 meditazioni preparatorie al S. Natale di Gesù Cristo, le 13 meditazioni per visitare il Divino Bambino nel presepio, nonché una Corona misteriosa ovvero Modo di recitare con frutto spirituale 33 Ave Maria pubblicata a Rovereto nel 1688 (altre edizioni: Trento 1706, 1713; ristampa: Trieste 1858, insieme con una Corona di 33 Gloria Patri), cui si aggiungono poesie e sonetti, ugualmente vicini alla spiritualità francescana e carmelitana, ma che non si discostano dalla produzione più classica contemporanea, benché abbiano goduto all'epoca di vasta diffusione, specie nell'area tirolese. Tutti gli scritti della F. si conservano manoscritti a Rovereto presso l'Istituto Giovanna Maria della Croce (Opere autografe e inedite di B. Floriani, in 16 volumi).
Intanto l'attività di fondazione di nuove case proseguiva: il 12 giugno 1668, ricevuto il breve di Clemente IX, la F. diede inizio all'erezione di un secondo monastero a Borgo Valsugana, nella diocesi di Feltre, che avrebbe seguito la sua regola. Aiutata dalla sovvenzione di 6.000 fiorini dell'imperatore Leopoldo I, inviò nell'ottobre del 1672 cinque clarisse dal convento di S. Carlo di Rovereto per la nuova casa. Il monastero di S. Anna venne tuttavia inaugurato dopo la scomparsa della F., che morì a Rovereto il 26 marzo 1673, circondata dalla venerazione dei concittadinì.
In tempi assai brevi, fra l'autunno del 1675 e il 1678, venne avviato dal principe vescovo di Trento, S.A. von Thun, il processo de non cultu, a cui seguirono fra il 1679 e il 1685 i processi informativi de fama sanctitatis. Nel 1733 Clemente XII emanava un decreto sugli scritti e sulla introduzione della causa di beatificazione della F., insignita da quel momento del titolo di venerabile. Presso la S. Sede la causa venne introdotta il 14 marzo 1738. Il decreto sopra gli scritti fu emanato nel 1870. La causa, portata il 12 maggio 1891 davanti alla Congregazione preparatoria del processo sopra le virtù, è ferma da quel momento.
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