FLORIAN, Jean-Pierre Claris, chevalier de
Scrittore francese, nato nel castello di Florian presso Sauve (Gard) nel 1755, morto a Sceaux nel 1794. Un suo zio aveva sposato una nipote di Voltaire, ed egli passava così per pronipote del grand'uomo. Ufficiale dei dragoni, lasciò la carriera delle armi per darsi alla letteratura. Protetto dal duca di Penthièvre di cui era stato paggio, visse presso di lui nei castelli di Anet e di Sceaux. Durante il Terrore fu arrestato come sospetto, ma la caduta di Robespierre lo salvò. Nel 1788 era stato eletto membro dell'Académie française. Come scrittore appartiene a quel gruppo che trasse ispirazione da S. Gessner e da quanto v'è di idillico, tenero e vagamente religioso nell'opera di J. J. Rousseau.
Piacquero ai contemporanei i suoi romanzi pastorali in prosa: Galatée (1783), che è una libera imitazione della pastorale omonima di Cervantes, ma stilizzata alla maniera del Gessner, come in una lettera a questo si compiaceva di riconoscere lo stesso F.; Estelle et Némorin (1788), più originale, dove descrive con bei colori poetici certi aspetti del suo paese natio. Ispirati allo stesso gusto idillico sono i due brevi poemetti biblici Ruth e Tobie. Il candore arcadico che abbonda in tutti questi componimenti non mancò di suggerire a più di un contemporaneo motti maliziosi; e Lebrun-Pindare dettò un famoso epigramma sopra i belati morali di F. dolcemente sonniferi. Il F. ha composto anche due romanzi a fondo storico, Numa Pompilius (1786) e Gonzalve de Cordoue (1791), nei quali è palese il ricordo del Télémaque di Fénelon e degli Incas di Marmontel. E di lui si hanno pure alcune commedie scritte per il Théâtre-Italien, ispirate anch'esse alla "morale del sentimento" allora di moda: Les deux billets; Le bon ménage; Le bon père; La bonne mère; Le bon fils; Jeannot et Colin; Le baiser; Les jumeaux de Bergame. Ma il nome del F. sopravvive oggi quasi soltanto per le Fables, che egli pubblicò in numero di ottantanove nel 1792, raggruppandole in cinque libri. L'apologo, a cui sembrava che nessuno più potesse riaccostarsi con successo dopo La Fontaine, è trattato dal F. sempre con garbo e finezza d'arte e spesso con felice arguzia. Anche qui egli porta quel suo idealismo umanitario che dà alla raccolta il colore del tempo e fa di lui il favolista "rousseauiano" quale doveva piacere alla sensibilità dei contemporanei. Il F. ha lasciato anche dei Mémoires d'un jeune Espagnol, che sono una narrazione un po' accomodata dei suoi anni di gioventù.
Bibl.: Sainte-Beuve, Causeries du lundi, III; L. Claretie, F., Parigi 1892; W. Schwenke, Florians Beziehungen zur deutschen Literatur, Lipsia 1909; G. Saillard, F., sa vie, son øuvre, Tolosa 1912.