FLEBOTOMIA (dal gr. ϕλέψ "vena" e τέμνω "taglio"; latino sc. venaesectio)
La flebotomia, o salasso, usata fin dai tempi più antichi e caduta in discredito per l'abuso inverosimile che se ne fece, ora ritorna a essere utilizzata con moderazione, sia a scopo depletivo, sia a scopo svelenante. Non s'è ancora d'accordo sull'intimo meccanismo d'azione con cui giova il salasso in alcune forme patologiche, come le nevralgie, talune nefriti, ecc.; ma la sua utilità in certi casi è così chiara e preziosa che sarebbe dannoso non attuarlo. Per l'innanzi veniva praticato su svariate vene del corpo, mentre ai nostri giorni si pratica quasi esclusivamente al gomito (a preferenza sulla vena mediana basilica) e più di rado sulla vena pedidia. Le altre forme più blande di salasso, rappresentate dal sanguisugio (con sanguisughe animali o artificiali) e dalle coppette scarificate, si possono praticare in qualunque regione del corpo.
La tecnica della flebotomia varia a seconda che questa voglia essere praticata col metodo classico o a vena previamente scoperta e isolata. In entrambi i casi bisogna prima congestionare la vena da aprire, sia per metterla bene in evidenza, sia per favorire la fuoruscita del sangue. Ciò s'ottiene applicando un laccio, preferibilmente elastico, centralmente al punto prescelto per la flebotomia (a metà del braccio per il salasso al gomito, a metà della gamba per quello della pedidia) e stringendolo tanto da intercettare la corrente venosa, ma non l'arteriosa (assicurarsi che l'arteria radiale, o rispettivamente pedidia, continuino a battere). Nei casi in cui ciò non basta, si fanno eseguire movimenti con le dita, o s'immerge la parte distale dell'arto (mano o piede) in acqua ben calda. Ciò fatto, se si vuole eseguire il "salasso allo scoperto", si procede a scoprire e isolare la vena e a inciderne la parete superficiale longitudinalmente per mezzo centimetro; zampilla allora un getto di sangue scuro che viene raccolto in un vaso graduato, sino a raggiungere la quantità di centimetri cubici 100-200, a seconda del bisogno; poi si rimuove il laccio comprimente l'arto e il sanguinamento cessa. Di solito s'applica un laccio laterale o circolare distale sulla vena (di rado uno sotto e uno sopra la ferita) e si sutura la pelle. L'allacciatura circolare è d'obbligo se, per avere facile deflusso da una piccola vena, la si recide trasversalmente.
Quando si vuol praticare il "salasso classico", dopo congestionata la vena la si immobilizza col pollice sinistro applicato centralmente per impedire che la pelle si sposti e faccia perdere il parallelismo, e subito sotto il pollice, con un colpo secco di lancetta bitagliente o d'un piccolo bisturi, s'apre nello stesso tempo, da basso in alto, una piccola asola nella pelle e nella vena sottostante: il bisturi dev'essete immerso a giusta profondità per non ferire anche la parete profonda della vena o, peggio ancora, un'arteria o un nervo sottostanti. Per non ferire l'omerale, nel salasso del gomito si preferisce aprire la mediana cefalica anziché la basilica. Per favorire il getto del sangue, che subito zampilla, la lama flebotomica si ritira a piatto. Se un grumo sanguigno interrompe il getto, lo si asporta con una pinza. Per evitare deliquî da spavento è bene praticare il salasso a individuo coricato. Quando è venuta fuori la quantità di sangue voluta, si rimuove il laccio congestionante e s'esercita una piccola pressione col dito sulla ferita. Inutile aggiungere che non occorre per il salasso rapido classico alcuna anestesia, ma è necessaria in entrambi i casi la più accurata asepsi.