Mogherini, Flavio
Scenografo, arredatore e regista cinematografico, nato ad Arezzo il 25 marzo 1922 e morto a Roma il 21 aprile 1994. Colto e versatile disegnatore d'interni dalla vena di bozzettista, durante gli anni Cinquanta fu uno dei migliori interpreti della parabola discendente del Neorealismo, grazie alla sua capacità di raccontare i personaggi attraverso la minuziosa descrizione degli ambienti. All'inizio degli anni Sessanta collaborò ai primi film di Pier Paolo Pasolini e ottenne un Nastro d'argento per La viaccia (1961) diretto da Mauro Bolognini. Negli anni Settanta tentò la strada della regia, realizzando essenzialmente oneste commedie basate sulla centralità di attori comici, senza tuttavia raggiungere risultati di rilievo.
Laureato in architettura, si diplomò in scenografia al Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Nel cinema iniziò la pratica professionale con Eleonora Duse (1948) di Filippo Walter Ratti, cui seguirono altre opere in costume. Il film che lo rivelò fu la commedia realista di Mario Monicelli e Steno Vita da cani (1950), nella quale M. fece rivivere i teatrini di provincia dell'Italia appena uscita dalla guerra con un gusto che si potrebbe definire tardo-neorealista. Analogo spirito anima le scelte di scenografia di Guardie e ladri (1951), ancora per la regia di Monicelli e Steno, in cui esterni girati dal vero si alternano alla ripresa di androni e appartamenti ricostruiti in studio; sebbene ideologicamente lontani dai capolavori di Vittorio De Sica e Roberto Rossellini, entrambi questi film ne recuperano però il gusto delle ambientazioni. Insieme a Mario Chiari, Gianni Polidori e Carlo Egidi, M. fu infatti uno dei più prolifici artefici di questa opera di trasferimento dell'immaginario neorealista nella produzione dell'epoca, come appare in Dov'è la libertà…? di Rossellini e in La romana di Luigi Zampa, entrambi del 1954. Egli contribuì in tal modo ad avvicinare alla realtà le scenografie dei film italiani del periodo: con il suo approccio 'pittorico' all'arredamento degli interni, si occupò infatti personalmente della verità dei dettagli, proponendo scrostature negli intonaci, ombreggiamenti sui muri, tubi arrugginiti, fili della luce fuori traccia. Questa ricerca dell'autenticità trovò i suoi esiti migliori in La viaccia e nelle ambientazioni fiorentine di Cronaca familiare (1962) di Valerio Zurlini, cromaticamente ispirato alla tavolozza del pittore O. Rosai, ma anche nella periferia romana che M. mise in scena per Pasolini in Accattone (1961) e Mamma Roma (1962). Nella seconda metà degli anni Sessanta si allontanò definitivamente dai film d'impostazione realista, dedicandosi soprattutto alla messa in scena di commedie borghesi. Esordì come regista nel 1972 con Anche se volessi lavorare, che faccio?, commedia sui tombaroli della Maremma toscana. Il successo ‒ anche di critica ‒ di questo esordio lo incoraggiò ad abbandonare la scenografia per dedicarsi alla carriera di regista, nel corso della quale oscillò tra la commedia vagamente 'sofisticata' e quella d'ispirazione cabarettistica. Tra le sue regie migliori Per amare Ofelia (1974) e Paolo Barca, maestro elementare, praticamente nudista (1975), entrambe con Renato Pozzetto, la commedia grottesca Culastrisce nobile veneziano (1976), con Marcello Mastroianni, e il giallo all'italiana La ragazza dal pigiama giallo (1977), con Dalila Di Lazzaro, dopo il quale la sua carriera si avviò verso un progressivo declino. Tra gli altri registi con i quali ebbe modo di collaborare in qualità di scenografo e arredatore sono da ricordare Gianni Franciolini, Luigi Comencini, Mario Soldati, Dino Risi, Mario Camerini, Nanni Loy, Carlo Lizzani, Mario Bava e De Sica.
S. Masi, Costumisti e scenografi del cinema italiano, 1° vol., L'Aquila 1989, pp. 123-30.