FIESCHI, Flavio
Nacque a Cosenza alla fine del Cinquecento ("nacqui suddito del Re cattolico" affermò), probabilmente da un discendente dell'illustre famiglia genovese trasferitosi in Calabria.
Sicuramente dimorò a Napoli e a Roma, dove fu membro e partecipe delle sedute dell'Accademia degli Umoristi, sorta nel 1603 e di indirizzo letterario come risulta da un lungo elenco manoscritto dei suoi membri, datato 27 marzo 1608, (Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. Ital., classe IX, 61).
Dal F. stesso si sa che fu in stretti rapporti con il cardinale Gaspar de Boria y Velasco, allora viceré spagnolo per il Regno di Napoli, che nel giugno 1620 sostituì P. Tellez Giron duca d'Osuna. Il 16 agosto dello stesso anno, quando una flotta turca comparve nel golfo di Manfredonia e nel giro di tre giorni mise a sacco la cittadina occupando la fortezza, il F., secondo quanto afferma ne Il perfetto ministro, fu inviato dal cardinale stesso con carica di "auditore generale", in pratica supervisore, presso il capitano A. Macedonio, vicario generale del viceré incaricato della controffensiva.
Intorno ai primi anni del 1630 sappiamo che il F. divenne governatore di Osimo e tale era sicuramente nel 1634, anno in cui fu eletto principe dell'Accademia degli Avvalorati. Successivamente, nel 1636, fu governatore di Città della Pieve (cfr. Legati e governatori dello Stato pontificio, a cura di Chr. Weber, Roma 1994, pp. 204, 667). Tuttavia non c'è traccia né del suo operato politico, né delle congiunture che lo portarono al governo della cittadina. Probabilmente in seguito fece ritorno a Napoli, dove, nel dicembre del 1644, diede alle stampe la sua opera più nota: Il Perfetto ministro con l'uso della politica ... con le risposte a quanto il ministro di Stato con l'uso della politica moderna ha detto contra le Corone di Spagna e nazione spagnola.
Il testo s'inserisce nel contesto della diffusa pubblicistica e riflessione politica che contraddistinse in quell'epoca l'Italia: riflessione al centro di attenta analisi da parte sia laica sia ecclesiastica. Divisa in tre libri, l'opera nasce come occasione polemica di moralistica apologia della Corona spagnola contro le opinioni espresse da J. de Silhon, che nel suo Le ministre d'Estat, avec le véritable usage de la politique moderne (Paris 1631) esaltava le capacità del cardinale Richelieu e denigrava il governo di Spagna. Il F. aveva avuto occasione di leggerne una traduzione italiana nel novembre del 1639 prima che l'edizione francese fosse messa all'indice. In opposizione alla politica francese, secondo il F. fondata sull'ambizione, l'inganno e la violenza, viene esaltata la politica spagnola che sarebbe basata sul disinteresse, la giustizia e la osservanza della religione.
Sul ruolo del primo ministro traccia un'immagine opposta a quella di un accentratore di poteri come Richelieu. Egli deve porre le sue doti di prudenza, cultura e vigilanza al servizio del sovrano, obbedendo agli ordini anche qualora la trasgressione fosse utile. Impone loro di schivare in tutti i modi l'apparenza di aver preso ascendente sull'animo del sovrano; non vuole accentrati tutti i poteri in un ministro e, contro l'opinione di chi ne vuole limitato il numero, perché è più facile in pochi di mantenere il segreto, desidera che i consigli della Corona siano numerosi; approva che i consiglieri del principe siano per consuetudine ereditari, costituendo così una specie di casta burocratica. Si potrebbe anche rintracciare nel F. l'embrione di una teoria sui rapporti dei pubblici poteri, giacché vuole i ministri responsabili soltanto nei confronti del principe, a sua volta unico responsabile di fronte al popolo. Popolo a cui il F. tuttavia impone il dovere dell'obbedienza passiva al principe i cui atti risultano pertanto insindacabili e la cui responsabilità appare di fatto vincolata solo a un cauto uso discrezionale del suo volere.
Sempre a Napoli nel febbraio del 1652 il F. diede alle stampe un'altra sua opera politica: Il principe affascinato. Dove si vede il fascino di quel principe, che all'intutto si è buttato in braccio di un favorito, e le cadute di un favorito malvagio, e i premi del buono, dedicato a I. Velez de Guevara, conte di Ofiate, viceré del Regno di Napoli.
L'opera, divisa in dieci discorsi, ripete i temi di astratta precettistica morale e politica a guarentigia del principe, che solo infelice tra i felici per le incombenze del regno, è retoricamente presentato come "sole che vivifica e padre di famiglia che di tutti ha cura".
Tra i manoscritti della Biblioteca Casanatense di Roma è conservata (Mss. 340 [E V 30]) una sua Canzone di centoundici versi dedicata al duca G. A. d'Altemps. Il F. fu infatti amico e frequentatore di ambienti marinisti. F. Della Valle gli dedicò un suo sonetto.
Non si hanno notizie del F. dopo il 1652, né si conoscono la data e il luogo di morte.
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